Non accenna a diminuire o rallentare il trend di crescita delle temperature globali facendo segnare a luglio il 14° mese consecutivo di temperature medie mensili globali all’insù. Perché prendere coscienza e preoccuparsi
Continua la serie calda del clima con una costanza prevista da meteorologi e studiosi del clima ma ignorata dai politici.
Infatti, anche il mese di luglio 2016 è stato, a livello globale, il più caldo mese di luglio mai verificatosi nella serie storica dei dati globali che inizia dal 1880.
Luglio 2016 sarebbe, quindi, il 14° mese consecutivo di temperature medie mensili globali record.
La costanza di questi dati viene sottolineata dalla Nasa, mentre la Noaa, che a breve rilascerà il suo bollettino, preoccupa il trend in crescita che non accenna a diminuire.
In Italia, secondo il Cnr-Isac, il mese di luglio 2016 è stato il 14° mese di luglio più caldo nella serie storica dei dati italiani, serie storica che però inizia dal 1800, cioè 80 anni prima di quella globale.
Il direttore del Giss, Gavin Schmidt, sottolinea il peso che ha avuto in questa crescita anche El Niño: «Mentre l’evento di El Niño nel Pacifico tropicale questo inverno ha dato una spinta a temperature globali a partire da ottobre, è la tendenza di fondo che sta producendo questi numeri da record», mostrando una certa preoccupazione sul trend in crescita.
La politica se ne sta tranquilla, incapace di riflettere sulle conseguenze per il bene delle comunità. Se riflettesse gli incontri internazionali prenderebbero ben altra piega.
Ma è necessario che noi, l’opinione pubblica, prendiamo coscienza di quello che sta accadendo intorno a noi e facciamo la giusta pressione senza lasciarci distrarre dagli argomenti trasversali, che interessano la politica ma non il paese.
I disastri climatici sono la più diretta conseguenza. Quei fenomeni estremi che distruggono città, beni e causando tante vittime.
Recentemente la prestigiosa rivista «Nature» ha pubblicato uno studio che prevede per il futuro prossimo una profonda rivisitazione dei valori distruttivi indotti da manifestazioni meteorologiche estreme come i cicloni tropicali. Al momento la scala «Saffir – Simpson» si ferma a 5 (Uragano Katrina). Per gli scienziati che hanno elaborato questo studio invece si prospetta a breve una revisione a questa scala aggiungendo il 6. Ciò in virtù di vari elementi come: l’aumento dei gas serra nell’atmosfera, il riscaldamento degli oceani, la riduzione delle foreste ed altri fattori. Questi scienziati hanno dimostrato che l’energia termodinamica presente nell’atmosfera, che attiva sia gli uragani sia i tifoni, negli ultimi anni è considerevolmente aumentata al punto da creare un «volano climatico» che va sempre di più autoalimentandosi. Nell’articolo sono stati anche evidenziate le aree del pianeta dove tale forza distruttiva potrebbe manifestarsi per prima: La regione del Golfo Persico, Cairns in Australia e il Golfo del Messico negli Usa. Un uragano di forza 6 vorrebbe dire venti vicini ai 380 chilometri orari e onde marine capaci di superare i 6 metri di altezza. A rischio le coste della Florida, quelle orientali dell’Australia e in particolare le isole artificiali con gli insediamenti urbani di Dubai. Tra 30 o 50 anni, pertanto i cicloni tropicali di classe 4 o 5 potrebbero essere normale routine… e non è detto che tali forze distruttive possano manifestarsi anche nel Mediterraneo.