24 milioni di italiani vivono in aree ad elevato rischio sismico

667
Una frana in atto a S. Marco in Lamis sul Gargano
Tempo di lettura: 3 minuti

Edifici strategici come scuole ed ospedali devono essere messi in sicurezza verificandone lo stato di salute delle strutture e controllando la positiva interazione della struttura con la geologica del sito che non riguarda esclusivamente la natura del terreno, ma le possibili evoluzioni di esso, connesso ai rischi derivanti dalle situazioni locali che rendono ogni sito diverso dall’altro

«Sul nostro Pianeta, si verificano, in media, ogni anno, almeno un paio di terremoti distruttivi ed in Italia un sisma di magnitudo superiore a 6,3 ogni 15 anni in media». Questo quanto ha dichiarato Fabio Tortorici, Presidente della Fondazione centro studi del Consiglio nazionale dei geologi, commentando quanto sta accadendo in questi giorni nel Centro Italia.
Terremoti di una certa importanza che però potrebbero creare molti meno danni se venissero adottate misure di prevenzione tali da ridurre il rischio.
Misure che si muovano dalla necessità di aggiornamenti continui delle mappe di pericolosità sismica del territorio nazionale alla presenza del Fascicolo del Fabbricato sugli edifici, dalla cultura della prevenzione da insegnare a tutti i livelli partendo dalla scuola primaria al monitoraggio del costruito e di come lo stesso reagisce alla geologia esistente in loco.
E quando si agisce secondo i criteri antisismici i risultati ci sono…
Gli studi di microzonazione sismica, infatti, cioè di suddivisione di un dato territorio in zone omogenee sotto il profilo della risposta a un terremoto di riferimento atteso, tenendo conto delle interazioni tra onde sismiche e condizioni geologiche, topografiche e geotecniche locali, hanno dato i loro risultati in quei fabbricati realizzati dopo l’entrata in vigore delle nuove Norme tecniche sulle costruzioni (Ntc) del 2008 che hanno meglio resistito alle scosse e questo facendo sì che la microzonazione sismica abbia una importante dimensione «sociale» di conoscenza delle risposte dei vari siti quale condizione imprescindibile per prendere decisioni di governo del territorio.
Francesco Peduto, Presidente del Consiglio nazionale dei geologi, ha affermato: «Almeno 24 milioni di italiani vivono in aree ad elevato rischio sismico, ma l’Italia intera lo è».
Forse pochi sanno che l’Italia è una nazione giovane sotto il profilo geologico che registra un alto rischio sismico maggiore lungo la catena appenninica e che diventa meno eclatante man mano che ci si allontana da essa.
Una faglia appenninica di tipo distensivo è quella che ha provocato il sisma di magnitudo 6,0 ad una profondità di 4 km, avvertito distintamente in tre regioni del Centro Italia.
E in Italia si stima che siano almeno 24.000 le scuole presenti in aree a rischio sismico. E quando si parla di scuole non si può non pensare alla scuola di Amatrice che è crollata se pur ristrutturata nel 2012 con tecnologie antisismiche. Strutture sensibili quali scuole e ospedali che per legge non possono venir giù dopo un sisma ma che invece subiscono danni ingenti alle strutture che compromesse vengono evacuate.
Edifici strategici come scuole ed ospedali devono essere messi in sicurezza verificandone lo stato di salute delle strutture e controllando la positiva interazione della struttura con la geologica del sito che non riguarda esclusivamente la natura del terreno, ma le possibili evoluzioni di esso, connesso ai rischi derivanti dalle situazioni locali che rendono ogni sito diverso dall’altro.
E oltre al numero delle scuole presenti in aree a rischio sismico altro dato preoccupante è la percentuale del patrimonio edilizio realizzato prima della Legge 64/1974, che ha introdotto le norme tecniche per la costruzione in aree sismiche; ben il 60% del patrimonio edilizio italiano è stato realizzato prima di questa legge. Un dato che evidenzia la vastità del costruito non sicuro e l’enorme impegno economico, pubblico e privato, che deve essere messo in campo per dare sufficiente sicurezza al costruito.
E di sicurezza si parla quando si vedono le immagini delle costruzioni rase al suolo dopo il sisma.
Un senso di rabbia nell’assistere agli effetti del terremoto in superficie fortemente influenzati dalla natura del sottosuolo, dalla qualità del costruito e degli interventi di ristrutturazione eseguiti negli anni, interventi attuati con evidenti criteri non antisismici.
Ma mentre si afferma che una classificazione sismica del territorio nazionale, una pianificazione urbanistica che segua i criteri antisismici non basta ma una delle condizioni fondamentali per la sicurezza del territorio è una cultura diffusa della prevenzione sismica si registra la chiusura dei dipartimenti universitari che formano i geologi. Si assiste impotenti all’estinzione della geologia dal mondo accademico con le sedi di Scienze della Terra che in Italia si sono dimezzate e questo per effetto della riforma Gelmini.
Conoscenza del rischio legato a calamità naturali insistenti in ogni singola area, consapevolezza della qualità della costruzione nella quale viviamo, presenza di una normativa più confacente alla situazione del territorio italiano, coerenza politica tra ciò che si dice e quello che si fa, da qui bisogna partire per garantire una vita sicura agli italiani.