L’inquinamento atmosferico, che continua ad essere una preoccupazione per la salute pubblica, è stato riconosciuto come un importante fattore di rischio per tutti, ma soprattutto per i bambini e le popolazioni vulnerabili
Si è svolta, presso il Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio – Asl Roma 1, la Conferenza della Società internazionale di Epidemiologia ambientale, Isee 2016, giunta alla sua ventottesima edizione.
L’incontro, che ha avuto come tema principale i «vecchi e i nuovi rischi: sfide per l’epidemiologia ambientale», ha riunito ricercatori, accademici e professionisti del settore sanitario per promuovere la condivisione dei risultati della ricerca, esperienze e nuove idee nel campo della epidemiologia ambientale.
La conferenza ha affrontato le sfide di valutazione dell’esposizione, i disegni di studio e l’analisi dei dati nei prossimi decenni con un format che ha voluto promuovere la discussione e la comunicazione scientifica.
Molti gli argomenti di discussione trattati durante la conferenza, temi che si sono mossi dalla qualità dell’aria (effetti neurologici e respiratori su adulti e bambini) agli effetti sulla riproduzione, dalla minaccia Arsenico alla combustione della biomassa, dalla salute dei bambini ai cambiamenti climatici, dalla gestione dei rifiuti pericolosi alla comunicazione del rischio, ecc.
Degno di nota è lo studio che vede protagonisti l’inquinamento e i bambini e come si può proteggere la loro salute e prevenire le disuguaglianze sociali.
L’inquinamento atmosferico, che continua ad essere una preoccupazione per la salute pubblica, è stato riconosciuto come un importante fattore di rischio per tutti, ma soprattutto per i bambini e le popolazioni vulnerabili.
L’esposizione all’inquinamento atmosferico nella prima infanzia, infatti, ostacola lo sviluppo della capacità respiratoria con conseguenze negative per la salute dei futuri adulti e la qualità della loro vita.
Alcuni bambini sono più esposti di altri e questo dipende molto dalle condizioni in cui si vive con danni maggiori per quelli residenti nei pressi di strade trafficate o in prossimità di aree industriali in cui le popolazioni già devono affrontare altri fattori di rischio con conseguente disuguaglianza sociale.
I più alti livelli di inquinamento atmosferico prevalgono in quelle parti del mondo dove la crescita economica sta esplodendo ma, anche nei paesi occidentali con una crescita più lenta, proteggere le popolazioni da inquinamento atmosferico non è sempre una priorità assoluta, anche per la protezione dei bambini.
Insomma la qualità dell’aria che respiriamo da bambini, ma anche in età adulta, definisce la qualità di persone che diventiamo e quindi risultano necessari interventi tali da permettere che questa risorsa sia in buone condizioni.
E in tal senso ci sono buone notizie visto il numero crescente di interventi volti a ridurre i livelli di inquinamento atmosferico pur essendoci, come cattiva notizia, il fatto che gli effetti indiretti negativi di questi interventi non sempre sono presi in considerazione.
Ad esempio, la creazione di una zona a traffico limitato può ridurre i livelli di inquinamento atmosferico nel centro della città aumentandoli però in periferia; o, la chiusura di una fabbrica può ridurre le emissioni ma causare la disoccupazione con un impatto, sulla salute della famiglia e della vita, notevole.
Per proteggere i bambini e le popolazioni più vulnerabili, in primis, e comunque tutta la popolazione mondiale contro l’esposizione all’inquinamento atmosferico sono necessarie politiche ambiziose a lungo termine.
Proteggere la salute e l’ambiente in cui le popolazioni vivono deve essere il primo punto nelle agende politiche e questo per produrre un cambiamento che metta al centro di tutto la qualità della vita di tutto il creato.