Alla base di tutta la nostra vita c’è il mondo vegetale, i boschi. Per questo l’uomo ha «inventato» i parchi ma poi se ne è dimenticato. Ora i segnali di allarme cominciano ad essere molti e non basta un post sui social, bisogna ripassare la lezione e, soprattutto, bisogna agire
L’analfabetismo di ritorno non riguarda solo il saper leggere e scrivere ma il complesso delle conoscenze. Come spiegare il dilagare della perdita di conoscenze da parte degli amministratori locali dei comportamenti da tenere verso i beni ambientali del proprio territorio? Non sfugge che «stranamente» si stanno moltiplicando i casi di concessione di taglio di alberi nei boschi, nelle piazze, per le vie… Ditte che lavorano con il legno sono letteralmente affamate di legname e dove possono lo prendono. Il pellet è un’altra opportunità di guadagno, soprattutto ora che è anche cresciuto di valore economico. Per tagliare senza problemi basta inventarsi piani forestali di miglioramento del suolo, paventare rischi per gli automobilisti, alberi malati a rischio caduta…
E alcune novità hanno anche la «benedizione» del decreto legislativo sulla semplificazione che oltre a rivedere il concetto di bosco ha semplificato le norme per intervenire per realizzare strade e tagli anche in assenza di un piano regionale e i comuni possono stabilire come e dove fare legna da vendere sul mercato. E tutto sta subendo una recrudescenza anche in questo momento di passaggio della Forestale fra i Carabinieri.
Può sembrare una sensibilità eccessiva visti alcuni problemi prioritari… ma chi ha determinato le priorità? Loro, gli affaristi determinano volta per volte le priorità sulla base dei flussi economici e degli interessi industriali. Ma siamo sicuri che questi siano anche gli interessi del nostro corpo? Basta fare qualche ricerca in internet per vedere lo stato di allergie, tumori, intolleranze… quello che si è perso è la conoscenza di base dei meccanismi del funzionamento dell’ambiente. Si vuol far saltare definitivamente il rapporto uomo-ambiente.
Alla base di tutto c’è il mondo vegetale e i boschi. Per questo l’uomo ha «inventato» i parchi ma poi se ne è dimenticato. Ora i segnali di allarme cominciano ad essere molti e non basta un post sui social, bisogna ripassare la lezione e, soprattutto, bisogna agire.
Per questo Renzo Moschini scriveva su «Gaianews»: «Qualche anno fa quando fu proposta da Federparchi ma anche altri soggetti la Terza Conferenza nazionale le ragioni erano estremamente chiare e riguardavano l’evidente caduta di ruolo dei parchi al punto che si era cominciato a parlare addirittura di privatizzazione. Il rifiuto ministeriale assunse immediatamente un preciso significato politico-istituzionale; non si voleva assolutamente discutere di panni sporchi in pubblico e tanto meno mettere in piazza le ragioni vere di una situazione sempre più insostenibile per i nostri parchi che si preferì scaricare sull’invecchiamento di una legge ormai ignorata e ripetutamente violata».
Come eravamo, non è un amarcord ma contiene le ragioni profonde della creazione dei parchi ed è l’abc del rapporto uomo-natura. Ma ora, di fronte all’uso della natura per scopi diversi e alla messa in pericolo per quelle stesse aree, si rimane sbigottiti per la leggerezza (per non dire ignoranza) di certi interventi. Anche confrontando la ricchezza di articoli e programmi ambientali a fronte della povertà di oggi c’è da restare sbigottiti.
Che fare?
Abbiamo pensato di invitare studiosi che hanno a cuore la sopravvivenza dell’ambiente in Italia ad intervenire. Si tratta di esperti che hanno lavorato o che tuttora lavorano per comprendere e per diffondere le meraviglie del nostro territorio da vari approcci diversi… Vorremmo favorire una coralità di contributi sia per coloro che hanno «dimenticato», sia per coloro che non sanno…