La revisione della legge di riforma della 394/91 è passata ad ampia maggioranza. La posizione di Federparchi. Cambia il Piano del Parco, gestione della caccia nelle aree attigue, vincolante il parere dell’Ispra, norme per convivere con le attività estrattive. Verso il traguardo il Parco del Delta del Po, il Parco nazionale del Matese e il Parco nazionale di Portofino
La Commissione ambiente del Senato ha approvato questa mattina ad ampia maggioranza il disegno di legge di iniziativa parlamentare di riforma della legge quadro sulle aree protette 394/91, che approderà in Aula la prossima settimana.
«Accanto alla legge sugli ecoreati, al collegato ambientale e al riordino dell’Ispra e del sistema delle agenzie per la protezione dell’ambiente – dice il senatore del Pd Massimo Caleo, vicepresidente della Commissione e relatore al provvedimento, oltre che primo firmatario di uno dei disegni di legge esaminati – la revisione della 394/91 è una delle grandi riforme in campo ambientale che stanno caratterizzando questa legislatura. Significativo il voto a larga maggioranza. Ripresenterò in aula l’emendamento già validato dalla Commissione Bilancio per l’istituzione dei parchi nazionali del Matese e di Portofino».
Federparchi valuta positivamente che una parte importante del mondo ambientalista abbia deciso di contribuire attivamente alla riforma della legge 394. «Negli anni passati – commenta il presidente Giampiero Sammuri – era mancato questo importante contributo, o almeno da parte di alcune delle associazioni firmatarie del documento, per le quali sembrava una bestemmia parlare di modifiche alla legge. Oggi, finalmente, si condivide che una riforma è utile e si fanno considerazioni di merito, come noi abbiamo sempre fatto e richiesto, un fatto nuovo e decisamente importante. Nel merito, su alcune delle posizioni espresse concordiamo, su altre abbiamo posizioni diverse, ma in questo non c’è nulla di strano, viste le differenze delle rispettive basi associative».
La riforma della disciplina sulle aree protette nazionali, fa anche con riferimento alle aree marine protette. Nelle intenzioni dei riformatori i parchi sono una realtà importante del Paese e per adempiere ai nuovi compiti di promozione dello sviluppo locale, delle attività agro-silvo-pastorali, tradizionali e innovative, devono disporre di una governance più agile e di nuovi strumenti, che assicurino anche nuove entrate.
Diventa più forte il ruolo del Presidente del Parco, sempre nominato con decreto del ministro dell’Ambiente, d’intesa con i presidenti delle regioni in cui ricade il territorio dell’area protetta, nell’ambito di una terna di soggetti con comprovata esperienza nelle istituzioni, nelle professioni e nella gestione di strutture pubbliche e private. La carica diventa ncompatibile con qualsiasi incarico elettivo e con incarichi negli organi di amministrazione degli enti pubblici.
Viene modificata la composizione del Consiglio direttivo, che avrà dai 6 agli 8 membri e sarà designato per il 50% dalla Comunità del Parco. Previste nuove e più lineari procedure per la delimitazione e la gestione delle aree marine protette.
Mantenendo le finalità fondamentali di tutela dei valori naturalistici e ambientali, storici, culturali e antropologici tradizionali, il Piano del Parco assorbe il piano di sviluppo economico e sociale (che viene abrogato) e assume anche il ruolo di strumento con cui il parco può disciplinare iniziative economiche di valorizzazione del territorio, del patrimonio edilizio e delle attività tradizionali e agro-silvo-pastorali, nonché di turismo sostenibile.
Per semplificare le procedure del Codice Urbani, che dal 2004 prevedeva la doppia autorizzazione dell’ente parco e della Soprintendenza anche per interventi di modesta entità, è previsto, in vigenza del piano, il nullaosta unico rilasciato dall’ente parco. Attraverso il piano, il parco può inoltre disciplinare, nelle aree contigue, l’attività venatoria, estrattiva e la pesca.
Nella legge 394/91 viene introdotto il divieto esplicito di caccia nei parchi. Per la salvaguardia della biodiversità, vengono introdotti i «piani di gestione della fauna selvatica», di competenza dell’ente parco, con il parere obbligatorio e vincolante dell’Ispra e l’impiego di personale qualificato dipendente o esterno ma con formazione certificata dall’Ispra stessa. I piani prevedono il contenimento, a partire dai metodi non cruenti fino alla cattura e in ultima istanza l’abbattimento sempre con il parere vincolante dell’Ispra, delle specie che possono comportare danni alla biodiversità e rischi per l’incolumità umana.
I gestori di impianti idroelettrici di potenza superiore a 220 Kw, attività estrattive, impianti a biomasse, coltivazione di idrocarburi, oleodotti, metanodotti ed elettrodotti non interrati, pontili di ormeggio per imbarcazioni, già presenti e attivi all’interno dei parchi al momento dell’entrata in vigore della legge, dovranno corrispondere un contributo agli enti per i servizi ecosistemici offerti.
Verso il traguardo il Parco del Delta del Po, il Parco nazionale del Matese e il Parco nazionale di Portofino.