Schizofrenia italiana: sì a Parigi e sì alle trivelle

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Gli interventi riguardano attività geofisiche a scopi petroliferi nei mari italiani, compreso lo Ionio. Legambiente: «Basta a questa inutile e dannosa corsa al petrolio e all’utilizzo dell’airgun. Il Governo tenga fede agli impegni presi alla Cop21 e il Parlamento si attivi per vietare una volta per tutte l’utilizzo di questa tecnica»

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La corsa all’oro nero nei mari italiani continua senza sosta: nuovi pozzi, dentro e fuori le aree vincolate, e nuove attività di ricerca, estrazione e prospezione continuano a mettere a rischio il mar Adriatico, Ionio, il Canale di Sicilia e il mar di Sardegna. A conferma di ciò è arrivato il via libera del ministero dell’Ambiente che in una settimana (dall’11 al 18 ottobre) ha ritenuto conclusi con esito positivo ben 5 procedimenti di Via riguardanti attività geofisiche a scopi petroliferi nei mari italiani.
L’ok riguarda le due istanze di permesso di ricerca nel mar Adriatico a largo delle coste pugliesi per circa 1.500 kmq (della società Global Petroleum); le due istanze di permesso di ricerca nel mar Ionio per ulteriori 1.500 kmq (appartenenti alla Global Med) ed una istanza di prospezione sempre nello Ionio per ben 4.000 kmq (titolare la Schlumberger).
A questi 5 pareri si aggiunge un ulteriore esito positivo per il permesso di ricerca nel mar di Sicilia a largo di Gela, per 456 kmq di mare, di proprietà Edison Eni. Per un totale di sei procedimenti Via Autorizzati.
È quanto denuncia Legambiente che ribadisce come nei confronti del mare italiano vi sia un vero e proprio costante assalto. E riguardo l’airgun, utilizzata per le ricerche e prospezioni petrolifere in mare, l’associazione ambientalista ricorda che questa tecnica può provocare danni alla fauna marina causando alterazioni comportamentali, talvolta letali, in specie marine assai diverse, in particolare per i cetacei, fino a chilometri di distanza. Senza calcolare i danni economici alle attività di pesca e l’economia locale. Una tecnica criticata non solo dalle associazioni ambientaliste, ma anche dalla comunità scientifica, da molte comunità locali e da cittadini che si sono espressamente dichiarati contrari alle attività esplorative condotte dalle compagnie petrolifere nei mari italiani, sottoscrivendo in più di 75mila la petizione #StopOilAirgun. Per questo Legambiente lancia oggi un appello a Governo e Parlamento affinché, dopo le numerose dichiarazioni fatte negli ultimi mesi per vietare l’utilizzo di questa impattante tecnica per la ricerca di idrocarburi, arrivino quanto prima all’approvazione di una legge a partire dalle proposte presentate.
La minaccia dell’airgun era purtroppo dietro l’angolo, dopo che il Tar del Lazio aveva bocciato il ricorso presentato dai comuni abruzzesi e marchigiani in merito alle richieste della Spectrum Geolimited di condurre indagini geofisiche su circa 30.000 km quadrati di mare Adriatico, da Rimini a Otranto. «I via libera arrivati questa settimana dal ministero dell’Ambiente, confermano la politica del governo a Renzi a favore delle fonti fossili – dichiara Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente – e non rappresentano un buon inizio rispetto agli impegni presi alla Cop21 di Parigi, proprio nel giorno in cui arriva il sì della Camera alla ratifica dell’accordo. Il nostro Paese possiede oggi risorse naturali e opportunità per puntare a un futuro cento per cento rinnovabile grazie ad alternative realmente competitive. Il Governo abbia dunque il coraggio di percorrere questa strada attraverso una politica lungimirante e interventi innovativi che mettano al centro l’ambiente, avviando una nuova stagione incentrata sulle fonti rinnovabili».