Per seguirne lo stato e intervenire nel modo più efficace al fine di tutelare questa ricchezza, è necessario un attento monitoraggio delle specie e degli habitat, monitoraggio che richiede al nostro Paese un impegno tecnico-scientifico particolarmente gravoso, anche alla luce degli obblighi derivanti dalle norme comunitarie
Si è chiusa a Roma la due giorni che ha visto l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) alle prese con la presentazione delle schede di monitoraggio di tutte le specie e gli habitat italiani di interesse comunitario.
Le schede rappresentano uno strumento operativo per la redazione del 4° Rapporto per il periodo 2013–2018, che è stato reso possibile dal contributo finanziario del ministero dell’Ambiente.
Complessivamente sono state prodotte 489 specie di monitoraggio, relative alle specie animali e vegetali e agli habitat tutelati dalla Direttiva.
Tutte le schede sono state elaborate da Ispra in coordinamento con ministero dell’Ambiente, Regioni e Province Autonome, e con il supporto dei maggiori esperti, afferenti alle principali Società scientifiche nazionali quali l’Associazione italiana ittiologi delle acque dolci, l’Associazione teriologica italiana, il Comitato scientifico per la fauna d’Italia, la Società botanica italiana, la Società italiana scienza della vegetazione, la Societas herpetologica italica, l’Unione zoologica italiana.
Il lavoro è suddiviso in tre manuali tematici: specie vegetali, specie animali e habitat.
Come tutti sanno i cambiamenti climatici e il sovrasfruttamento delle risorse rappresentano nell’era moderna le principali minacce alla biodiversità, che è uno dei nostri beni più preziosi. E di biodiversità l’Italia è particolarmente ricca.
La fauna italiana, ad esempio, è stimata in oltre 58.000 specie, di cui circa 55.000 di Invertebrati e 1.812 di Protozoi, che insieme rappresentano circa il 98% della ricchezza di specie totale, nonché 1.258 specie di Vertebrati.
Per seguirne lo stato e intervenire nel modo più efficace al fine di tutelare questa ricchezza, è necessario un attento monitoraggio delle specie e degli habitat, monitoraggio che richiede al nostro Paese un impegno tecnico-scientifico particolarmente gravoso, anche alla luce degli obblighi derivanti dalle norme comunitarie.
La Direttiva Habitat, ad esempio, impone un’attenta analisi dello stato di conservazione delle specie e degli habitat tutelati dalla norma, una costante valutazione dei trend delle diverse popolazioni e una verifica dei fattori di minaccia che ne influenzano le prospettive future. Valutazioni che prevedono una raccolta capillare e standardizzata di dati ambientali e complesse analisi, che determinano sfide tecniche importanti.
Ma ritorniamo ai tre manuali tematici.
Il manuale legato alle specie animali è un volume che contiene 151 schede, che descrivono sinteticamente tecniche e protocolli di monitoraggio per tutte le 215 specie animali di interesse comunitario presenti in Italia (62 invertebrati, 30 pesci, d’acqua dolce, 71 anfibi e rettili e 52 mammiferi).
Il manuale delle Specie vegetali invece è un volume che contiene 118 schede e descrive tecniche e protocolli di monitoraggio per tutte le specie vegetali italiane di interesse comunitario (107 piante vascolari, 10 briofite, 1 lichene). La conservazione della diversità vegetale è una garanzia di salvaguardia degli equilibri eco sistemici nel futuro e della sopravvivenza di batteri, funghi, animali e dell’uomo. Infatti, le piante stanno alla base del funzionamento degli ecosistemi e, nell’ottica di un continuo cambiamento climatico, geomorfologico e anche di uso del suolo da parte dell’uomo, solo il mantenimento della straordinaria varietà e variabilità delle specie oggi esistenti può rispondere alle sfide future.
Infine il manuale Habitat, è un volume contiene 124 schede, che descrivono sinteticamente tecniche e protocolli di monitoraggio per tutti i tipi di habitat naturali di interesse comunitario presenti in Italia (21 habitat costieri e dune, 15 habitat d’acqua dolce, 16 Arbusteti e macchie, 15 Formazioni erbose, 8 Torbiere e paludi, 10 habitat rocciosi, 39 habitat forestali).
Perché gli impegni derivanti dalle Direttive Comunitarie impongono al nostro Paese, e a tutta la comunità internazionale, l’implementazione di azioni specifiche a tutela degli ambienti naturali. Un impegno nei confronti dell’ambiente tutto visto come la casa del nostro vivere quotidiano da preservare per le future generazioni e che non rimanga nei protocolli istituzionali ma che permetta l’adozione di azioni pratiche di tutela.