In Brasile taglialegna invadono la foresta dei Kawahiva

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© Funai 2011
I Kawahiva sono costretti a vivere in fuga, spostandosi di accampamento in accampamento, per fuggire dagli intrusi presenti nella loro terra
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È il perpetuarsi dell’invasione e del genocidio che hanno caratterizzato la colonizzazione europea delle Americhe e, come risultato, molti dei popoli incontattati del Brasile vengono spazzati via dalla violenza genocida di esterni che rubano loro terra e risorse. Il territorio dei Kawahiva si trova nello stato del Mato Grosso, dove i tassi di deforestazione illegale sono i più alti dell’Amazzonia brasiliana

Ondate di taglialegna stanno invadendo il territorio di uno dei popoli più vulnerabili del pianeta. Sono gli ultimi Kawahiva, i sopravvissuti di una tribù più grande i cui membri sono stati uccisi o sono morti per malattie.

Di recente i funzionari del Funai, il Dipartimento agli Affari indigeni del Brasile, hanno fermato un gruppo di taglialegna. Ma poiché questi hanno il sostegno dei politici locali e i funzionari del Funai non hanno il potere di arrestare i sospetti, gli uomini sono stati rilasciati. Da allora nel territorio sono arrivate altre ondate di taglialegna.
La crisi ha fatto crescere la preoccupazione tra gli attivisti, che temono che la tribù e la sua foresta ancestrale vengano completamente distrutte.
Una situazione non nuova che ha già conosciuto momenti terribili. La situazione dei Kawahiva è così grave che nel 2005 un Pubblico Ministero ha avviato la prima indagine del Brasile sul genocidio di una tribù incontattata. Ventinove persone sospettate di coinvolgimento nell’uccisione dei Kawahiva, tra cui un ex governatore di stato e un poliziotto, sono stati arrestati ma in seguito rilasciati.
Nell’aprile 2016, il ministro della Giustizia brasiliano aveva firmato il decreto  per creare un territorio indigeno protetto nella terra della tribù, e tenere fuori taglialegna e altri estranei. È stato un importante passo avanti per le terre e le vite dei Kawahiva, arrivato a seguito delle pressioni esercitate da tutto il mondo dai sostenitori di Survival. Il decreto, però, non è stato ancora adeguatamente implementato e oggi il piccolo team che sta lavorando sul campo per proteggere il territorio rischia di subire gravi tagli al suo budget.
«I Kawahiva sono in trappola. Se ci sarà un contatto, per loro sarà devastante. L’unico modo per garantire la loro sopravvivenza è mappare la loro terra e istituire una squadra di protezione permanente del territorio – ha dichiarato Jair Candor, un funzionario esperto del Funai -. Altrimenti saranno relegati ai libri di storia, proprio come tanti altri popoli indigeni di questa regione».
Il premio Oscar Mark Rylance ha prestato la sua voce per narrare un video che denuncia la difficile situazione della tribù.
«Il Brasile si è impegnato a proteggere la terra dei Kawahiva in aprile, ma il governo si mostra recalcitrante e si rischia una crisi umanitaria urgente e terribile – ha commentato oggi Stephen Corry, Direttore generale di Survival -. La terra dei Kawahiva è ancora invasa e la loro foresta viene ancora distrutta. È arrivato il momento che il Brasile intervenga come promesso, prima che sia completato il genocidio di un intero popolo».

Se le loro terre non saranno protette, per i popoli incontattati sarà la catastrofe. Ma la società industrializzata ruba le terre indigene per profitto.
È il perpetuarsi dell’invasione e del genocidio che hanno caratterizzato la colonizzazione europea delle Americhe e, come risultato, molti dei popoli incontattati del Brasile vengono spazzati via dalla violenza genocida di esterni che rubano loro terra e risorse.
Il territorio dei Kawahiva (noto come Rio Pardo) si trova nello stato del Mato Grosso, dove i tassi di deforestazione illegale sono i più alti dell’Amazzonia brasiliana.
Le tribù vicine li chiamano il «popolo dalla testa rossa» e «il popolo basso».
Costruiscono complesse scale sugli alberi per raccogliere miele dai favi delle api e realizzano trappole per catturare il pesce nei ruscelli vicini ai loro accampamenti. Tutto questo, la loro vita e il loro modo di vivere è condannato se il governo del Brasile non interverrà con mano ferma.