Il punto non è la scelta di usare l’olio di palma, perché ognuno è libero di rimpinzarsi come crede… la questione siamo noi, gli organi d’informazione che fanno una improbabile comunicazione giornalistica di stampo ambientale. Il gioco qual è? È quello di capovolgere l’attenzione spostandola dall’emergenza ambientale a quella alimentare. Qui il gioco è più facile perché con le schifezze che ci danno da mangiare volete che dobbiamo preoccuparci dell’olio di palma?
Si torna a parlare di olio di palma (se mai si fosse smesso…) grazie alla difesa d’ufficio di una multinazionale di Alba, che sta beneficiando a piene mani di una pubblicità indiretta.
Questo prodotto fu messo sotto accusa negli Usa e dopo una class action davanti ai tribunali di Trenton nel New Yersey e San Diego in California, si impegnò a pagare un totale di 3 milioni di dollari ai consumatori americani che avranno i requisiti per insinuarsi nella causa.
Ora, mentre molte ditte si fregiano sulle loro confezioni di precisare «senza olio di palma», la nostra fa il contrario, ben sapendo di godere, quindi, di maggiore visibilità.
Ma il punto in questione non è questo, e neanche la scelta di usare l’olio di palma, perché ognuno è libero di rimpinzarsi come crede… la questione siamo noi, gli organi d’informazione che fanno una improbabile comunicazione giornalistica di stampo ambientale.
Il gioco qual è? È quello di capovolgere l’attenzione spostandola dall’emergenza ambientale a quella alimentare. Qui il gioco è più facile perché con le schifezze che ci danno da mangiare volete che dobbiamo preoccuparci dell’olio di palma?
Però direi di tracciare questi articoli e di vedere poi come questi giornali e il governo (che nicchia o dice ni) avranno il coraggio di combattere l’obesità.
Direi di tracciare questi giornali e vedere come trattano l’aumento della CO2 e l’impoverimento delle foreste… e sì perché per fare spazio alle piantagioni di olio di palma si stanno bruciando ettari di foreste. Fino ad ora è stato già deforestato oltre il 40% delle foreste del Sud-est asiatico e secondo un rapporto dello United Nations Environment Programme (Unep, 2007) entro il 2022 si rischia la totale scomparsa di queste foreste. Ed è pura ipocrisia successivamente alla distruzione di foreste tropicali e torbiere certificare come «sostenibili» le piantagioni.
Direi di tracciare questi giornali quando parleranno di perdita della biodiversità o di scomparsa delle specie.
E possiamo anche osservare ora come questi giornali, nel dare la suddetta informazione, lucrano con i clic pubblicando una notizia che vuole dare informazione sull’argomento, mettendo prima l’informazione alimentare e poi quella ambientale, in una sequela di pagine…
Questo modo di fare informazione, frammista a pubblicità e ad ignoranza dei sistemi che reggono il funzionamento della biosfera è pura follia che carica di grosse responsabilità la nostra generazione.