Ferrero, non è vero: l’olio di palma sostenibile non esiste!

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Nel prodotto più famoso della multinazionale di Alba c’è lo stesso olio che distrugge le foreste tropicali. Sarebbe bello poter mangiare Nutella nel mondo, senza olio di palma, con olio di girasole o d’oliva italiani

«Come tutti gli oli vegetali di qualità, il nostro olio di palma è sicuro, proviene da frutti spremuti freschi, da fonti sostenibili ed è perfetto per esaltare il gusto dei nostri prodotti e renderli così cremosi. Perché sì, ogni scelta che facciamo in questa famiglia sarà anche per la tua… e per la mia». È questo il messaggio principale del nuovo spot Ferrero, in onda sulle TV italiane in questi giorni. Ferrero difende l’olio di palma, per una semplice ragione: è un ingrediente della Nutella.

Ma le domande generiche richiedono risposte specifiche. Perché è facile spostare l’attenzione della gente su problemi irrilevanti
Perché Ferrero difende l’olio di palma finanziando uno spot specifico? Semplice: perché da più fronti l’olio di palma è stato accusato di distruggere le foreste tropicali asiatiche e le pressioni dell’opinione pubblica hanno già fatto cambiare idea ad altre grandi aziende italiane come Coop, Plasmon e Colussi. Ferrero, invece, avendo una vendita internazionale (e non solo nazionale) cerca di ammorbidire l’immagine negativa dell’olio di palma in quei paesi dove l’opinione pubblica è più attenta, come in Italia, ma non lo rimuove come han già fatto altre aziende perché il suo fatturato estero, soprattutto nei paesi non molto sensibili alle problematiche ambientali, continua a permettere il bussiness as usual. Ferrero, non è vero!

Perché Ferrero continua a usare l’olio di palma, nonostante l’evidente disastro ambientale che sta causando? Perché così riesce a mantenere bassi i costi di approvvigionamento delle materie prime (l’olio di palma, rispetto a quello di girasole e oliva, costa molto meno perché viene prodotto senza considerare i danni ambientali, in Paesi in via di sviluppo dove il costo del lavoro è bassissimo e lo sfruttamento umano e dell’ambiente molto elevato e non incluso nel prezzo finale dei prodotti, a causa della scarsità di leggi specifiche e di controlli) e non ha interesse, da buona multinazionale, a sostituirlo con grassi vegetali più ecocompatibili. Ferrero non è vero!

Perché Ferrero dice che «il nostro olio di palma è sicuro»? Perché cerca di rassicurare gli acquirenti di Nutella che l’olio di palma in essa contenuto non causi danni all’ambiente. In realtà nessun olio di palma è sicuro perché la coltivazione e la produzione degli oli tropicali avvengono sempre a discapito delle foreste tropicali, che vengono tagliate e convertite in piantagioni, per poi essere certificate, dopo qualche anno, come «sostenibili». Il sistema di certificazione Rspo è stato un fallimento, rovinosamente sostenuto da alcune associazioni ambientaliste, che ha solo permesso alle aziende produttrici di continuare a far soldi e alle multinazionali di continuare a vendere prodotti che contengono oli tropicali senza subire le pressioni di quei «consumatori attenti all’ambiente» che si sono, erroneamente, fidati del marchio. Ferrero non è vero!
Perché Ferrero dice che «il nostro olio di palma proviene da frutti spremuti freschi»? Perché è facile, come dire che «il nostro olio d’oliva proviene da frutti spremuti freschi». Qualunque azienda, che come ingrediente dei suoi prodotti utilizza olio di oliva, potrebbe dichiararlo. Infatti, non vuol dire nulla. Perché non esiste una definizione di «spremuto fresco», né esiste un tempo prestabilito per considerare «fresca» una spremitura. Cosa vuol dire Ferrero, che spremono i frutti della palma da olio all’istante, sul luogo di raccolta? Impossibile! Le piantagioni distano dalle fabbriche dove avviene la spremitura centinaia, a volte migliaia, di chilometri, quindi trascorrono ore dalla raccolta alla pressatura. Vuol dire che la spremitura avviene nell’arco della giornata? E che differenza fa per la qualità del prodotto? Vuol dire che l’olio di palma che utilizza non subisce trattamenti di conservazione? Come può dimostrarlo? E seppur potesse cosa cambierebbe per le foreste di cui ha causato la distruzione? Ferrero, non è vero!

Perché Ferrero dice che «il nostro olio di palma proviene da fonti sostenibili»? In realtà Ferrero, così come qualunque altra azienda, non sa davvero da dove provenga l’olio di palma che usa nei suoi prodotti. Persino lo stesso produttore indonesiano e malesiano non lo sa con certezza, perché chi raccoglie i frutti dalle piantagioni di palma è solo il primo, sconosciuto, anello di un’infinita catena che porta all’utilizzatore finale dell’ingrediente. È pressoché impossibile tracciare l’intera filiera e se pur lo fosse, si scoprirebbe sempre che dove ora crescono le palme, fino a poco tempo fa esisteva una rigogliosa e biodiversa foresta tropicale.

Ormai è una strategia semplice e comune: basta mettere un marchio di sostenibilità sui prodotti e sei sicuro che il prodotto non verrà boicottato. Come quando sulla carta igienica in pura cellulosa vergine (ovvero proveniente dal taglio diretto delle foreste) o sul tavolino in legno tropicale si trova il marchio di sostenibilità forestale. Una grandissima presa in giro. Un’offesa all’intelligenza umana. Con l’olio di palma la strategia è la stessa. Smascherato l’inganno dell’Rspo, che non è minimamente in grado di stabilire se il frutto sia stato raccolto in una piantagione sostenibile o meno (ma, è bene ribadirlo, nessuna piantagione di oli tropicali può essere considerata sostenibile nel mercato globalizzato ad altissima richiesta di prodotto), si sono inventati un nuovo marchio, il Poig. Guarda un po’, anch’esso sostenuto dalle stesse associazioni ambientaliste partner dell’Rspo, che solo ora si accorgono che qualcosa non va e cambiano marchio. Peccato che niente cambi, invece, per l’ambiente. Ferrero, non è vero!

Perché Ferrero dice che «l’olio di palma è perfetto per esaltare il gusto dei nostri prodotti e renderli così cremosi»? Perché non ha nessuna intenzione di sostituirlo con un altro olio come hanno fatto molte altre aziende. Perché, forse, ritiene gli italiani ingenui e incapaci di comprendere la verità che si cela sotto slogan generici e privi di fondamento. O perché pensa che le aziende olivicole italiane non beneficerebbero di quel tanto decantato «Made in Italy» di un prodotto che si fregia della sua lunga storia, di rappresentare l’italianità nel mondo, e che invece di usare olii italiani a basso impatto ambientale, i quali sosterrebbero la morente agricoltura nazionale, acquista dall’Asia oli tropicali più saturi, meno benefici per la salute e, certamente, causa di distruzione delle foreste tropicali.
«Che mondo sarebbe senza Nutella?!» è lo slogan dell’azienda. Beh, certo, sarebbe un mondo privo di un prodotto italiano amato in ogni angolo del pianeta. Un prodotto che, però, invece di sostenere il Made in Italy utilizzando solo ingredienti locali e dare l’esempio di comportamenti attenti all’ambiente e alle richieste dei cittadini ad altre aziende, sta contribuendo alla scomparsa delle foreste più ricche di diversità biologica al mondo. Sarebbe un mondo in cui il piacere di mangiare del pane con della crema alla nocciola, non significhi per forza sentirsi in colpa per aver contribuito a spazzar via un pezzo di natura tropicale solo per un peccato di gola.
Sarebbe bello poter mangiare Nutella nel mondo, senza olio di palma, con olio di girasole o d’oliva italiani. Perché l’olio di palma sostenibile non esiste. Ferrero, non è vero! Ripensaci…