Da un punto di vista normativo i principi della politica ambientale comunitaria, tendono a prevenire, ridurre e, per quanto possibile, intervenire sulla fonte delle cause di inquinamento e questo anche per le emissioni dove il miglior approccio al problema risulta di tipo preventivo, adottando soluzioni strutturali e gestionali che limitino l’impatto delle emissioni stesse
Gli odori hanno rappresentano da sempre un elemento di disturbo per la popolazione.
La forma più antica di inquinamento riteneva che gli odori costituissero un problema sanitario; erano considerati infatti una fonte diretta, tramite l’inalazione o il contatto da parte delle persone, del contagio pestilenziale.
Per parlare di Odore LEnviroS, società Spin-off dell’Università degli Studi di Bari, costituitasi nel 2005 con l’intento di mettere a disposizione del territorio l’esperienza maturata in ambito accademico relativamente alle problematiche ambientali, ha organizzato un workshop «Olfattometria dinamica e sensoristica per il monitoraggio degli odori» in cui alla parte più strettamente teorica ha affiancato una parte pratica con l’analisi di specifici casi studio riferiti a svariati impianti presenti in regione e questo con l’ausilio di opportuna strumentazione. Al workshop, Chairman Michele Gianelli LabService Analytica, hanno partecipato: Gaetano Settimo Istituto Superiore di Sanità, Enrico Valtancoli LabService Analytica, Stefano Villa Nuova Tecnogalenica, Fred Curren Arizzona Instrument, Lucrezia de Gennaro Lenviros.
Oggi in Italia, quello che si registra, è la mancanza di una legislazione organica in materia, difficile risoluzione sia per carenza di specifiche legislative sia per problemi tecnici connessi con la individuazione e la quantificazione dell’odore/sostanza odorigene, che risultano di fatto solo in parte superati.
Gli odori rappresentano ancor oggi un elemento di disturbo e, pur non sempre costituendo un problema di tipo tossicologico, sono causa di conflitti e di non accettazione sociale delle industrie che li diffondono nel territorio.
Problema sempre più diffuso sui territori che vedono la presenza di Impianti chimici; Raffinerie; Industrie alimentari (es. caffè, zucchero, pesce, macellazione, impianti di lavorazione dei sottoprodotti animali); Industrie della concia; Impianti di trattamento dei rifiuti (compostaggio, TMB, digestione aerobica e anaerobica, ecc.); Impianti di depurazione delle acque; Impianti di smaltimento dei rifiuti; Allevamenti intensivi e non; Attività agricole; Traffico, panifici, ristorazione, ecc.
La normativa nazionale e il recepimento delle Direttive europee di settore hanno portato ad una serie di attività sul territorio che si sono esplicate con l’installazioni di stazioni di monitoraggio degli odori, campagne estemporanee di rilevamento, studi e valutazioni delle concentrazioni di inquinanti in determinate aree, messa a punto di metodiche, procedure, modelli, ecc., e, pur non parlando espressamente di odori, le Norme in materia ambientale (D. Lgs 3 aprile 2006, n. 152) indirettamente asseriscono che gli odori possono «compromettere gli usi legittimi dell’ambiente».
Da un punto di vista normativo i principi della politica ambientale comunitaria, tendono a prevenire, ridurre e, per quanto possibile, intervenire sulla fonte delle cause di inquinamento e questo anche per le emissioni dove il miglior approccio al problema risulta di tipo preventivo, adottando soluzioni strutturali e gestionali che limitino l’impatto delle emissioni stesse.
Per la Puglia la Legge Regionale n.23/2015 per le emissioni come misura chimica e olfattometrica stabilisce le concentrazioni limite di 2000 ouE/m3 per le convogliate, 300 ouE/m3 per le diffuse areali, mentre per l’impatto non richiede esplicitamente di applicare modelli di dispersione.
Quindi importante è nel criterio di molestia olfattiva la Frequenza, vale a dire la presenza continua nel periodo peggiore di odore che per un ricettore sensibile non deve superare il 2% ore/annue, vista come soglia limite.
Perché l’odore dell’aria che respiriamo può determinare la qualità della vita e influire sulle attività economiche (attività lavorative, turismo, etc…) del nostro territorio e, sebbene non sia stato dimostrato un effetto tossico diretto sulla salute umana, è certamente causa di disagio per la popolazione che risiede in prossimità del disturbo.
L’imprevedibilità del disturbo, la sua persistenza nel tempo e l’impossibilità di difendersi da esso determinano un effetto sinergico negativo sullo stato psicofisico della popolazione, disagio da non sottovalutare e da monitorare con le Best available techniques.