Riflettere e valutare insieme

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Le attese tradite e i complicati interessi in gioco

Dobbiamo riflettere sul fatto che l’offerta di un consumo non riguarda solo la produzione di un bene o di un servizio ma anche gli effetti (ai quali è necessario porre rimedio) generati nei processi di produzione e dal conseguente consumo indotto. Per riportare l’economia nel ruolo di strumento di progresso umano, dobbiamo essere, quindi, liberi di individuare e scegliere consapevolmente e con responsabilità quei modelli socio-economici che possono permettere all’uomo di collaborare con (e non contro, con interventi invasivi) gli equilibri naturali.

Dobbiamo riflettere su quella nostra convinzione che la capacità umana di operare (senza limiti e con strumenti sempre più potenti) sia senza conseguenze e in particolare che non abbia effetti sulla nostra sopravvivenza (e non solo su quella qualità della vita che alcuni si sentono in diritto di negare agli altri).
Siamo in una situazione che dovrebbe essere presa in seria e immediata considerazione, perché prevede non solo un tragico epilogo, ma anche un penoso percorso per arrivarci. Un percorso che potrebbe portare, infatti, a comportamenti umani non prevedibili e indotti da un istinto di autodifesa estrema che, già oggi, è culturalmente armato dai micidiali strumenti dell’individualismo. Un male che, nella sua attuale portata, era forse ignoto perfino all’uomo delle più lontane epoche storiche. Quelle nelle quali aveva, invece, cominciato a comprendere e attuare forme, pur primitive, di società e solidarietà umana.
Dobbiamo renderci conto quanto sia devastante il danno prodotto dall’individualismo che è alla base del successo esclusivo perseguito con la competizione e sostenuto dall’ideologia del mercato libero dei consumi. Occultando la funzione sociale dei beni comuni e imponendo il bene individuale, come fondamento unico che attiva e giustifica le opere dell’uomo, questa ideologia ha interrotto il nostro dialogo con gli equilibri naturali e ha generato divergenze sempre più insanabili e contrasti estremi e mortali: da quelli dovuti all’arroganza di un potere che vuole solo avanzare (abbattendo ogni tipo di ostacolo, quelli umani compresi), fino a quelli indotti dai conflitti globali che vorrebbero follemente riordinare il mondo in nome di un’unica e assoluta verità. Condizioni queste che certamente ricadranno fisicamente e moralmente anche sui nostri Territori (ricchi, invece, di diversità di vocazioni, di condivisioni sociali e mentali), fino a precostituire la riduzione delle sinergie fra le diverse qualità umane e un continuo allarme per le deviazioni imposte agli equilibri vitali (con la conseguente loro instabilità, fino ad arrivare al rischio di collasso del sistema Terra).
Dobbiamo renderci conto che non si possono dare ordini alla Natura, ma che con la Natura è necessario dialogare ed entrare in sintonia per creare sinergie. Che senso ha esaltare un’incontrollata nostra potenza, con la quale sfidare la Natura, e immaginare di poterla, così, sottomettere alle nostre volontà, se non siamo capaci di renderci conto che proprio noi ne saremmo del tutto mortalmente coinvolti? Purtroppo, invece, sono molti quelli che continuano ad affrontare, con arroganza e in modo strabico, questo problema.
Nessuno può negare l’incalcolabile danno (e non solo quello derivante dal cambiamento climatico) al quale viene condannata la Natura dall’imperioso dominio imposto dall’economia del mercato dei consumi: ma poi tutti, per invincibili ostacoli strutturali o per ignoranza o per miopi ma potenti interessi di parte, guardano purtroppo altrove. Solo con le parole dei buoni propositi, siamo pronti a impegnarci in proposte e progetti di contrasto al degrado, che affligge Territori e realtà sociali, per costruire possibili e necessarie sintonie con i processi vitali. In realtà la quasi totalità della popolazione mondiale, è colpita da insopportabili contingenze economiche, è sottomessa a disumane prepotenze e vive in condizioni fisiche e morali anche al limite della sopravvivenza. La quasi totalità della popolazione mondiale, non disponendo di informazioni significative e di occasioni di partecipazione democratica alle scelte, rimane paralizzata di fronte all’impraticabilità di scelte alternative o agli invadenti e arroganti meccanismi dell’avvilente competizione e dello spreco di risorse richiesti per sostenere i consumi superflui. In questa situazione, di assoluto degrado che paralizza le qualità umane, vanno a gonfie vele solo i profitti che per una loro «innocente» vocazione (vantata, ma in realtà deviata e abusiva), dopo aver raggiunto i risultati, anche oltre ogni attesa, sono impiegati per finanziare, anche solo indirettamente, interventi armati per poter continuare liberamente a saccheggiare ciò che rimane.
Di fronte a tanto e micidiale strapotere, non possiamo non renderci conto quanto sia essenziale costruire insieme un’alternativa. Non possiamo non renderci conto quanto sia essenziale una consapevole strategia di intelligente condivisione delle risorse (quelle mentali comprese). Dunque, non opportunità che paralizzano i processi vitali per raggiungere successi ideologici e conquiste individuali (che fanno emergere solitari e sterili vincitori in un mare di procurate miserie), ma sostegno a processi di progresso umano diffuso. È, questo, un impegno faticoso ma che certamente non avrà mai il peso di quell’insopportabile consapevolezza tradita che sentiamo quando ci troviamo incatenati ai meccanismi della sopravvivenza fisica e dell’emarginazione sociale, imposti dalle prepotenze della «industria» finanziaria, tutti supportati da deviate e comunque improbabili interpretazioni scientifiche di imprevedibili (ma forse anche deliberatamente preordinate e paludose) complicazioni economiche.