Malaffare, gestione improvvisata, interventi sbagliati le cause più importanti. Mali antichi e già noti e su cui incombe, come un’ombra funesta, la burocrazia. Ma i rimedi ci sono e in questo numero sono presi in considerazione vari aspetti, grazie a studi, interventi autorevoli ed interviste. Offriamo una chicca ai nostri Lettori, un reportage da un territorio del pianeta praticamente sconosciuto: la remota regione dell’Altai, all’incastro tra Russia, Kazakistan, Mongolia e Cina. L’Editoriale
Nessun elemento del paesaggio umano è sottoposto a stress come il territorio. Terremoti, inondazioni, frane, cambiamenti climatici, consumo di suolo… mettono a dura prova l’ambiente fisico dove l’uomo vive e cerca di svilupparsi. Il numero on line di «Villaggio Globale» è sul territorio ed affronta alcuni aspetti di queste emergenze irrisolte.
Nel corso del Novecento l’Italia, rispetto ad una superficie totale di circa 300.000 chilometri quadrati, ha perduto da 200 a 400 chilometri quadrati di coste sabbiose.
Negli ultimi anni, il fenomeno del consumo di suolo ha riguardato 35 ettari al giorno con costi annuali aggiuntivi dovuti tra il 2012 e il 2015 tra i 540 e gli 820 milioni di Euro.
Malaffare, gestione improvvisata, interventi sbagliati le cause più importanti. Mali antichi e già noti e su cui incombe, come un’ombra funesta, la burocrazia (di cui si parla in un interessante articolo su Kafka). Ma i rimedi ci sono e sono presi in considerazione vari aspetti, grazie a studi, interventi autorevoli ed interviste.
In quest’ultimo numero del 2016 di «Villaggio Globale» offriamo una chicca ai nostri Lettori, un reportage da un territorio del pianeta praticamente sconosciuto: la remota regione dell’Altai, incastrata tra Russia, Kazakistan, Mongolia e Cina. Questo sito, che l’Unesco ha nominato Patrimonio dell’Umanità nel 1998, poco noto al turismo di massa, è uno scrigno di bellezze e peculiarità. È l’unico luogo al mondo in cui è certa la presenza contemporanea dei tre ominidi: i Denisovani erano contemporanei dei Neanderthal e dei primi Homo sapiens.
Come al solito, nel presentare il nuovo numero, proponiamo l’Editoriale che invita ad avere una maggiore cura del nostro territorio. Una maggiore cura che dovremmo avere anche verso noi stessi, con un’attenzione particolare alle nostre conoscenze e quindi ad una lettura da fonti attendibili come da anni cerchiamo di fare. Esattamente da 19 e con il 2017 inizieremo il nostro ventesimo anno. Speriamo con il vostro aiuto e, con i tempi che corrono, sempre più difficili per la qualità, vi invitiamo ad abbonarvi per poter leggere e scaricare i numeri della nostra rivista. Solo con il sostegno di voi Lettori possiamo continuare ad assicurare una informazione il più possibile corretta.
L’Editoriale di Ignazio Lippolis
Periodicamente scattano allarmi su alcune «invasioni» di specie (piante, animali, insetti, parassiti) che danneggerebbero le nostre produzioni.
La cimice asiatica, di cui è stato dato un allarme, è soltanto l’ultimo dei parassiti arrivati in Italia. Dalla Popillia japonica alla Drosophila suzukii, dal Dryocosmus kuriphilus alla Xylella… e si parla di danni all’agricoltura per più di un miliardo di euro.
E la cosa finisce lì, si grida, si chiede giustizia e ingrassano i sistemi d’intervento contro il «nemico» a colpi di chimica o di feromoni artificiali.
È la globalizzazione, si dice, come se la globalizzazione fosse un’entità astratta, un male che viene da lontano, una maledizione. Ma non è che la globalizzazione ce l’abbiamo nel cervello? non è che per caso si chiama perdita di identità? o è per caso una disaffezione crescente per il proprio territorio? una ignoranza galoppante verso le nostre peculiarità.
Qual è la necessità di avere nel giardino comunale o di casa la tale pianta dai fiori mai visti per apparire estrosi agli occhi di tutti? qual è la necessità di mangiare un cibo di cui i nostri nonni non hanno mai sentito parlare pur vivendo oltre i 90 anni? forse perché fa «fico» esibirlo in una cenetta con gli amici?
Ecco, l’apparire si è intrufolato a tutti i livelli della nostra vita in maniera invasiva e devastante proprio come un virus.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quell’invasione di Caulerpa taxifolia che, iniziando da Nizza, ha invaso tutto il Mediterraneo. Come non pensare agli amanti del mare che prediligono avere i tropici in un acquario con tanto di Caulerpa per far sentire a proprio agio i loro piccoli ospiti?
Certo che è sorprendente la discrasia che si crea nei comportamenti di tanti amanti della natura che si fanno il proprio giardino o il proprio acquario senza conoscere bene o ignorando le emergenze autoctone. Certo, gli amanti veri della natura sono altra cosa. Qui siamo di fronte a snob pericolosi per l’ambiente che hanno bisogno di dimostrare non so cosa e che andrebbero monitorati da leggi rispettose del territorio nazionale.
Siamo quindi alle solite, una marea di amanti del verde sopraffatti dall’oleografia e scarsissimi in conoscenze scientifiche.