Anche le piante vanno in «letargo»

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Lo studio è stato condotto dai ricercatori del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali: il gruppo di Lorenzo Guglielminetti (Antonio Pompeiano, Claudia Roberta Damiani, Sara Stefanini e Thais Huarancca Reyes) in collaborazione con i colleghi Marco Volterrani e Paolo Vernieri

Anche le piante possono andare in «letargo». La scoperta è di un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa che ha appena pubblicato un articolo scientifico sulla rivista internazionale «PlosOne» nel quale si evidenzia la straordinaria capacità di una pianta erbacea, la Festuca arundinacea L., di tollerare condizioni ambientali estremamente limitanti per lunghissimi periodi.
«Le piante superiori possono superare lunghi periodi di dormienza, anche molti anni, in condizioni di disidratazione sotto forma di seme – ha spiegato Lorenzo Guglielminetti dell’Ateneo pisano – ad oggi, però, non era mai stata descritta una pianta erbacea perfettamente idratata in grado di resistere a lungo in condizioni di totale affamamento, al buio, e quindi non in grado di produrre energia tramite la fotosintesi, e al freddo intenso».
Lo studio è stato condotto dai ricercatori del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali: il gruppo di Lorenzo Guglielminetti (Antonio Pompeiano, Claudia Roberta Damiani, Sara Stefanini e Thais Huarancca Reyes) in collaborazione con i colleghi Marco Volterrani e Paolo Vernieri. In particolare, gli scienziati hanno scoperto che la Festuca, utilizzata in passato come foraggio ed oggi impiegata copiosamente nella costituzione di tappeti erbosi, è in grado di germinare al buio a temperature intorno ai 4° C e di crescere, seppure a velocità molto ridotta, in queste condizioni per circa duecento giorni. Dopo questo periodo, terminate le sostanze di riserva, la pianta rallenta drasticamente il metabolismo e interrompe la crescita in attesa di condizioni ambientali favorevoli. L’attesa può durare diverse centinaia di giorni, al termine dei quali la pianta, se esposta alla luce e a condizioni di temperatura accettabili (23°C), sviluppa nuovamente l’apparato fotosintetico nel giro di poche ore e, subito dopo, riprende la crescita.
«Nel nostro studio abbiamo descritto alcuni meccanismi attraverso i quali la Festuca riesce a superare il lungo periodo di stress – ha concluso Lorenzo Guglielminetti – ulteriori studi in questa direzione potranno portare a comprendere ancora di più i segreti celati da questa specie, aprendo scenari applicativi di enorme interesse per il miglioramento genetico delle colture agrarie».