Bambini sfruttati nella lavorazione dell’olio di palma

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«Grandi marchi garantiscono ai loro consumatori che stanno usando olio di palma sostenibile ma le nostre ricerche dicono il contrario. Non c’è nulla di sostenibile in un olio di palma che è prodotto col lavoro minorile e forzato. Le violazioni riscontrate nelle piantagioni della Wilmar non sono casi isolati ma il risultato prevedibile e sistematico del modo in cui questo produttore opera»

È di pochi giorni fa la pubblicazione di un rapporto, redatto da Amnesty International e intitolato «Il grande scandalo dell’olio di palma: violazioni dei diritti umani dietro i marchi più noti», in cui la Ong denuncia come i principali marchi mondiali di cibo e prodotti domestici stiano vendendo alimenti, cosmetici e altri beni di uso quotidiano contenenti olio di palma ottenuto attraverso gravi violazioni dei diritti umani in Indonesia, dove bambini anche di soli otto anni lavorano in condizioni pericolose.
Noi di «Villaggio Globale» abbiamo più volte affrontato il tema dell’utilizzo dell’olio di palma dandone un taglio ambientale… lo abbiamo fatto ammonendo la Ferrero e dichiarando come non sia possibile che l’olio di palma sia sostenibile e andando ad evidenziare come sia la comunicazione giornalistica di stampo ambientale a capovolgere l’attenzione spostandola dall’emergenza ambientale a quella alimentare, più facilmente gestibile.
In questo rapporto di Amnesty International invece il tema che si evidenzia è quello strettamente sociale, un’attenzione ai più deboli violata anche da quelle realtà che dichiarano l’uso di olio di palma «sostenibile».
«Le aziende stanno chiudendo un occhio di fronte allo sfruttamento dei lavoratori nella loro catena di fornitura. Nonostante assicurino i consumatori del contrario, continuano a trarre benefici da terribili violazioni dei diritti umani. Le nostre conclusioni dovrebbero scioccare tutti quei consumatori che pensano di fare una scelta etica acquistando prodotti in cui si dichiara l’uso di olio di palma sostenibile», questo quanto dichiarato da Meghna Abraham di Amnesty International, che ha condotto l’indagine.
Il rapporto è il risultato di una ricerca sulle piantagioni dell’Indonesia appartenenti al più grande coltivatore mondiale di palme da olio, il gigante dell’agro-business Wilmar, che ha sede a Singapore, fornitore di nove aziende mondiali: Afamsa, Adm, Colgate-Palmolive, Elevance, Kellogg’s, Nestlé, Procter & Gamble, Reckitt Benckiser e Unilever.
Abraham ha aggiunto: «Grandi marchi come Colgate, Nestlé e Unilever garantiscono ai loro consumatori che stanno usando olio di palma sostenibile ma le nostre ricerche dicono il contrario. Non c’è nulla di sostenibile in un olio di palma che è prodotto col lavoro minorile e forzato. Le violazioni riscontrate nelle piantagioni della Wilmar non sono casi isolati ma il risultato prevedibile e sistematico del modo in cui questo produttore opera».
Amnesty International ha dichiarato che avvierà una campagna per chiedere alle aziende di far sapere ai consumatori se l’olio di palma contenuto in noti prodotti come il gelato Magnum, il dentifricio Colgate, i cosmetici Dove, la zuppa Knorr, la barretta di cioccolato KitKat, lo shampoo Pantene, il detersivo Ariel e gli spaghetti Pot Noodle proviene o meno dalle piantagioni indonesiane della Wilmar.
La Ong ha intervistato 120 lavoratori delle piantagioni di palma di proprietà di due sussidiarie della Wilmar e per conto di tre fornitori di quest’ultima nelle regioni indonesiane di Kalimantan e Sumatra e i principali risultati sono stati:
– donne costrette a lavorare per molte ore dietro la minaccia che altrimenti la loro paga verrà ridotta, con un compenso inferiore alla paga minima (in alcuni casi, solo 2,50 dollari al giorno) e prive di assicurazione sanitaria e di trattamento pensionistico;
– bambini anche di soli otto anni impiegati in attività pericolose, fisicamente logoranti e talvolta costretti ad abbandonare la scuola per aiutare i genitori nelle piantagioni;
– lavoratori gravemente intossicati da paraquat, un agente chimico altamente tossico ancora usato nelle piantagioni nonostante sia stato messo al bando nell’Unione europea e anche dalla stessa Wilmar;
– lavoratori privi di strumenti protettivi della loro salute, nonostante i rischi di danni respiratori a causa dell’elevato livello di inquinamento causato dagli incendi delle foreste tra agosto e ottobre 2015;
– lavoratori costretti a lavorare a lungo, a costo di grave sofferenza fisica, per raggiungere obiettivi di produzione ridicolmente elevati, a volte usando attrezzature a mano per tagliare frutti da alberi alti 20 metri;
– lavoratori multati per non aver raccolto in tempo i frutti dal terreno o per aver raccolti frutti acerbi.

Perché per quanto risulta difficile pensare che ci sia un olio di palma sostenibile, il rapporto si spinge oltre denunciando quelle realtà che dichiarano di utilizzare olio di palma sostenibile ma che di fatto non lo è anche e soprattutto per le condizioni in cui lo si produce.
Oggi, in molti paesi, la tradizione di San Nicola che porta regali ai bambini in Italia è festeggiata anche a Bari, Molfetta, Trieste e Bolzano, in Friuli e in Alto Adige, nel Bellunese e nella Sinistra Piave, sotto il nome di San Nicoló.  
Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre il vecchietto porta doni e balocchi ai bambini buoni non volendo scontentare e tralasciare nessuno nella sua consegna. Un pensiero va a questi bambini privati della loro infanzia e a cui il mondo dovrà chiedere perdono per le condizioni in cui li costringe a vivere.