Primi risultati dal pozzo di Bagnoli Campi Flegrei Deep Drilling Project. «Mentre sino ad oggi la quasi totalità della letteratura scientifica ipotizzava che la caldera dell’Ignimbrite Campana contenesse anche la parte centrale della città di Napoli, i nuovi dati indicano chiaramente che la collina di Posillipo rappresenta il limite Orientale della caldera flegrea»
Abstract
The 501m-deep hole of the Campi Flegrei Deep Drilling Project, located west of the Naples metropolitan area and inside the Campi Flegrei caldera, gives new insight to reconstruct the volcano-tectonic evolution of this highly populated volcano. It is one of the highest risk volcanic areas in the world, but its tectonic structure, eruptive history and size of the largest eruptions are intensely debated in literature. New stratigraphic and 40Ar/39Ar geochronological dating allow us to determine, for the first time, the age of intra-caldera deposits belonging to the two highest magnitude caldera-forming eruptions (i.e. Campanian Ignimbrite, CI, 39 ka, and Neapolitan Yellow Tuff, NYT, 14.9 ka) and to estimate the amount of collapse. Tuffs from 439 m of depth yield the first 40Ar/39Ar age of c. 39 ka within the caldera, consistent with the CI. Volcanic rocks from the NYT were, moreover, detected between 250 m and 160 m. Our findings highlight: i) a reduction of
the area affected by caldera collapse, which appears to not include the city of Naples; ii) a small volume of the infilling caldera deposits, particularly for the CI and iii) the need for reassessment of the collapse amounts and mechanisms related to larger 27 eruptions. Our results also imply a revaluation of volcanic risk for the eastern caldera area, including the city of Naples. The results of this study point out that large calderas are characterized by complex collapse mechanisms and dynamics, whose understanding needs more robust constraints, which can be obtained from scientific drilling.
Uno studio stratigrafico nel pozzo del progetto Campi Flegrei Deep Drilling Project (Cfddp) ha permesso di ricostruire l’evoluzione dell’attività eruttiva nel settore orientale dei Campi Flegrei, avvenuta in ambienti talvolta subaerei e talvolta sottomarini, fino a circa 47.000 anni fa. È quanto emerge dai primi risultati sullo studio della stratigrafia del pozzo di Bagnoli realizzato dall’Osservatorio vesuviano dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ov-Ingv), pubblicato sulla rivista «Geochemistry, Geophysics, Geosystems» dell’American Geophysical Union.
L’articolo, dal titolo «The Campi Flegrei Deep Drilling Project (Cfddp): New insight on caldera structure, evolution and hazard implications for the Naples area (Southern Italy)», descrive la stratigrafia completa del pozzo (profondo 501 metri e localizzato a Bagnoli a ridosso della collina di Posillipo) e le analisi effettuate sui campioni di roccia estratti, in particolare le datazioni assolute con metodi radioattivi.
«Questo studio stratigrafico – spiega Giuseppe De Natale, dirigente di ricerca Ov-Ingv e coordinatore del progetto – ha permesso di ricostruire, nel tempo, l’evoluzione dell’attività eruttiva in questo settore della caldera, fino a circa 47.000 anni fa. Le informazioni più importanti sono state ricavate dal rinvenimento nel pozzo dei prodotti delle due eruzioni principali che si pensa abbiano formato la caldera: l’Ignimbrite Campana, di 39.000 anni fa, e il Tufo Giallo Napoletano, di 15.000 anni fa».
La posizione stratigrafica dei prodotti di queste due super-eruzioni, la notevole superficialità alla quale sono rinvenuti ed il loro limitato spessore, pongono forti vincoli sulla definizione dei limiti della caldera e sui meccanismi che hanno determinato sia il suo collasso durante le eruzioni più esplosive sia le ampie deformazioni lente del suolo durante la sua lunga dinamica. La caldera è infatti sede di deformazioni lente del suolo, il cosiddetto “bradisisma”, ben noto per le epoche recenti. Lo studio delle sequenze di rocce nella perforazione permette anche di indagare la dinamica del suolo più antica.
In particolare, aggiunge De Natale, «mentre sino ad oggi la quasi totalità della letteratura scientifica ipotizzava che la caldera dell’Ignimbrite Campana contenesse anche la parte centrale della città di Napoli, i nuovi dati indicano chiaramente che la collina di Posillipo rappresenta il limite Orientale della caldera flegrea, sia per il Tufo Giallo Napoletano sia per l’Ignimbrite Campana. L’identificazione di Posillipo come limite orientale della caldera per tutte le eruzioni di collasso rappresenta un’indicazione importantissima per determinare correttamente la pericolosità vulcanica nel centro cittadino. Inoltre, la notevole superficialità dei prodotti eruttivi delle eruzioni anche molto antiche implica che, nel settore orientale della caldera, il volume dei prodotti eruttivi è molto minore di quanto accade nel settore Occidentale, quindi evidenziando genericamente un minor impatto delle eruzioni nel settore est, negli ultimi 47.000 anni».
«Queste nuove importanti informazioni sull’evoluzione, la storia eruttiva ed i limiti strutturali della parte orientale della caldera permettono inoltre una sostanziale ri-valutazione della pericolosità vulcanica e degli stessi scenari eruttivi per la città di Napoli», conclude De Natale.