Presentato il progetto che riutilizzerà le acque depurate anche per l’agricoltura. Finanziato con una prima tranche di 20,6 milioni di euro riguarderà anche i siti di San Pancrazio Salentino (Br), Acquaviva (Ba), Cassano (Ba), Fasano (Br), Sammichele (Ba), Gioia (Ba), Barletta (Bt), Castellaneta (Ta), Castellana (Ba)
Si è tenuta presso la sede dell’assessorato della Regione Puglia ai Trasporti e Lavori Pubblici, la conferenza stampa di presentazione del progetto «Utilizzo dei reflui affinanti provenienti dal depuratore consortile di Carovigno nel comparto agricolo della Riserva Naturale dello Stato di Torre Guaceto».
Presenti, per la regione Puglia, l’assessore ai Trasporti e Lavori Pubblici, Giovanni Giannini, e poi il presidente del Consorzio di gestione di Torre Guaceto, Vincenzo Epifani ed il vice presidente Nicolò Carnimeo che hanno illustrato nel dettaglio il piano ideato dall’Ente gestore e finanziato per 6 milioni e mezzo di euro dalla Regione.
Un piano articolato che farà la differenza per l’Area Marina Protetta di Torre Guaceto ed i suoi produttori. Un progetto che permetterà di riusare la risorsa idrica dello scarico dell’impianto di depurazione consortile di Carovigno all’interno del comprensorio irriguo della Riserva Naturale.
Ma quello dell’Area Marina di Torre Guaceto è solo uno dei dieci interventi ammessi a finanziamento degli impianti per il riutilizzo delle acque reflue depurate. Si tratta di infrastrutture dedicate a trattare e stoccare, per poi redistribuire, e questo soprattutto a fini agricoli, le acque provenienti dai depuratori, che prima finivano a mare o nel sottosuolo. Un progetto finanziato con una prima tranche di 20,6 milioni di euro per i siti di San Pancrazio Salentino (Br), Acquaviva (Ba), Cassano (Ba), Fasano (Br), Sammichele (Ba), Gioia (Ba), Barletta (Bt), Castellaneta (Ta), Castellana (Ba) oltre che naturalmente di Carovigno-Torre Guaceto (Br).
Un costo dell’acqua che passa da circa 70 centesimi al metro cubo a 35 centesimi e che potrà essere utilizzata anche per il lavaggio delle strade, l’innaffiatura dei giardini urbani o il raffreddamento di impianti industriali.
Ad oggi nell’Area Marina Protetta di Torre Guaceto, i reflui depurati in tabella IV hanno come corpo recettore finale il canale reale, ma con l’attivazione del sistema delle trincee disperdenti che entrerà in funzione nel brevissimo periodo parte di questi reflui depurati verranno dispersi nella falda superficiale; con l’entrata in funzione della condotta sottomarina, per la conclusione della quale sono attualmente in corso i lavori, gli stessi verranno immessi all’esterno dell’Area Marina Protetta ad una profondità di 50 metri. Le opere previste all’interno del progetto integreranno tale sistema permettendo nel periodo primaverile ed estivo di raggiungere l’obbiettivo «scarico zero in mare».
Attualmente le aree coltivate all’interno della Riserva di Torre Guaceto misurano circa 850 ettari; circa il 50 percento della superficie complessiva della Riserva è occupata da seminativi, i quali, insieme all’oliveto secolare, costituiscono l’elemento rappresentativo del paesaggio agrario a monte della strada statale 379. Mentre, le rotazioni colturali, negli anni, vedono l’avvicendarsi di ortaggi, cereali e leguminose.
Il volume potenzialmente disponibile dell’impianto per il riuso dei reflui affinati durante la stagione irrigua è di circa 4.015.600 metri cubi, quindi non solo soddisfa la domanda irrigua pari a 2.471.500 metri cubi, ma la supera di gran lunga.
Nell’ambito di questo progetto sarà realizzata un’adduzione alle reti irrigue esistenti che verrà alimentata mediante un bacino di accumulo e un impianto di sollevamento. E le aziende agricole operanti all’interno della Riserva che occupano oltre 650 ettari della stessa, che oggi si approvvigionano dalla falda, hanno già manifestato l’interesse al riuso della risorsa.
Il reimpiego della risorsa idrica affinata produce un duplice beneficio ambientale legato in primis al non scarico dei reflui trattati all’interno dell’Area Marina Protetta di Torre Guaceto, e poi permette di limtare lo stress della falda acquifera. Ad oggi sono ben 22 i pozzi attivi nell’Area della Riserva che, con la realizzazione degli interventi in progetto, verrebbero impiegati solo per eventuali irrigazioni di soccorso. Questo dato assume un’importanza significativa perché con la realizzazione delle opere, è possibile abbattere drasticamente la quantità d’acqua emunta dalla falda, con indubbio beneficio ambientale per la salvaguardia del corpo idrico sotterraneo oggi fortemente compromesso.
Il progetto prevede anche l’ampliamento dello specchio d’acqua naturale presente all’interno della Riserva Naturale di Torre Guaceto in corrispondenza della foce del Canale Reale, che raggiungerà una superfice pari al doppio di quella attuale, e migliorerà lo stato di conservazione ecologica attraverso l’immissione di acqua affinata con l’obbiettivo di aumentarne la superficie inondata di acqua dolce o debolmente salata all’interno della zona umida della Riserva. Ciò consentirà, quindi, il ripristino di condizioni ambientali presumibilmente simili a quelle precedenti alla bonifica dell’area, avvenuta negli anni 30, al fine di creare un sito maggiormente attrattivo per l’avifauna migratrice, aumentare la consistenza dei popolamenti di flora e fauna dulcacquicola, aumentare la diversità specifica e a scala di paesaggio della zona umida, e creare un’interruzione della continuità del combustibile nella zona umida, riducendo così la pericolosità di potenziali incendi.
Vincenzo Epifani, presidente del Consorzio di Gestione della Riserva di Torre Guaceto, ha dichiarato: «Oggi sanciamo la chiusura della filiera per una gestione integrata dei reflui provenienti dal depuratore di Carovigno. Abbiamo lavorato tanto, prima per scongiurarne lo sversamento nella nostra Area Marina Protetta, poi per bloccarne gli effetti potenzialmente dannosi. Abbiamo fatto di necessità virtù, ideando questo progetto che ci permetterà di fare di una problematica, un’enorme risorsa. Grazie alla realizzazione di questo piano offriremo un’importate opportunità ai nostri agricoltori e al nostro territorio. Essendo carichi di azoto, l’uso di questi reflui comporterà grossi vantaggi per gli operatori del settore che non avranno più la necessità di apportare concimi azotati alle colture e, quindi, potranno smettere di attingere ai propri pozzi per il fornimento dell’acqua, buona pratica che permetterà di eliminare il problema inerente l’aumento del cuneo salino della falda. Ma non solo, così le aziende agricole potranno contare su un notevole risparmio economico».
Anche per Legambiente, presente alla conferenza stampa di lancio del progetto nella persona del suo Presidente regionale, Francesco Tarantini, «il progetto di riutilizzo delle acque reflue depurate provenienti dal depuratore consortile di Carovigno nel comparto agricolo della Riserva Naturale di Torre Guaceto e questo assieme agli altri impianti per il riuso delle acque reflue in agricoltura che saranno realizzati nella nostra regione, trattasi di infrastrutture dedicate a trattare e stoccare, per poi redistruibuire le acque provenienti dai depuratori, che prima finivano a mare o nel sottosuolo. A questo aspetto positivo, poi si aggiunge che il vecchio depuratore di Carovigno, che scaricava illegalmente i reflui direttamente nel sottosuolo è stato dismesso con l’entrata in funzione del nuovo. Tutto questo rappresenta sicuramente un importante passo in avanti sul fronte della depurazione».
In definitiva in un’Italia in cui la Commissione europea ha nuovamente deciso di adire la Corte di giustizia europea presentando un nuovo ricorso contro l’Italia e questo per «la mancata applicazione integrale della sentenza del 2012» della stessa Corte Ue in cui si chiedeva alle autorità italiane di vigilare sulla stato degli impianti di acque reflue in 80 località sulle 109 interessate da quella sentenza e questo al fine di vigilare sulla qualità delle acque reflue urbane che raccolte e trattate in modo adeguato non provocassero rischi per la salute umana e l’ambiente, questi progetti rendono la Puglia palestra di sostenibilità, una regione che povera di acque per le sue caratteristiche geologiche insite del territorio si impegna in progetti di questa natura che di fatto trasformano rifiuti in risorsa.