Il fabbisogno di pescato raddoppierà nei prossimi 35 anni e c’è il rischio che entro il 2050 potrebbero essere milioni le persone dei Paesi in via di sviluppo a non potersi permettere di consumare pesce. Per questo c’è bisogno di uno sfruttamento corretto che «tenga conto dell’equilibrio dinamico ma al tempo stesso vulnerabile degli ecosistemi marini»
La popolazione mondiale è in crescita e le risorse naturali presenti sono sottoposte a forti pressioni. Una delle questioni più urgenti riguarda, infatti, la sicurezza alimentare nella necessità di dover sfamare ben presto nove miliardi di persone.
A domande come: avremo tutti abbastanza da mangiare? Possiamo cambiare qualcosa nella pesca in modo tale da rendere questa pratica capace di nutrirci ma allo stesso tempo essere meno impattante sull’ambiente? Saremo in grado di risolvere pacificamente i problemi di distribuzione di cibo?… A tutte queste domande cerca di dare una risposta il nuovo report commissionato dal Wwf sul futuro della pesca e del consumo di pesce a livello globale «Fishing for proteins – How marine fisheries impact on global food security up to 2050».
Un report redatto dai ricercatori dell’Università di Kiel che ha analizzato i possibili scenari economici ed ecologici legati alla pesca da qui al 2050.
Secondo le stime, i requisiti alimentari globali sono impostati a raddoppiare nei prossimi 35 anni. Dal punto di vista tecnologico, sembra possibile che abbastanza cibo possa esser prodotto per un massimo di 10 miliardi di persone. In termini di raccolto mondiale si stima che venga prodotto circa un terzo in più di cibo di quanto è necessario per alimentare tutta la popolazione mondiale. Tuttavia, circa un miliardo di persone soffrono la fame ogni giorno. E la fame è il risultato di un problema di distribuzione di risorse ed è una conseguenza della povertà e non della mancanza di disponibilità di cibo.
Cibo che manca in alcune regioni è inutilmente sprecato in altre: a livello globale, dal 30 al 40% di tutti gli alimenti lungo la catena di produzione e fornitura finisce in bidoni della spazzatura.
Per il pesce, risorsa che gioca un ruolo estremamente importante nella sicurezza alimentare globale, si stima che esso fornisca più di 3,1 miliardi di persone, con almeno il 20% delle proteine animali, ma soprattutto è una fonte importante di acidi grassi e micronutrienti.
Il pesce attualmente fornisce il 17% di tutte le proteine che vengono consumate nel mondo. Tale quota continuerà a crescere, perché è accompagnata ad un aumento della domanda di qualità del pesce. E oltre ad essere un importante fonte di cibo, il pesce ha anche una grande valenza socio-economica in quanto circa 500 milioni di individui lavorano nel settore pesca.
Eppure entro il 2050, potrebbero essere milioni le persone dei Paesi in via di sviluppo a non potersi permettere di consumare pesce, una risorsa che oggi rappresenta una base essenziale di cibo e proteine. La parte del mondo sviluppata, infatti, rischia di «costruire» la povertà per queste popolazioni poiché già oggi il 61% delle esportazioni globali di pesce proviene dai Paesi in via di sviluppo ed è esportato verso i paesi industrializzati, in primis, quelli europei. Il problema è che la dipendenza dal pescato nel mondo industrializzato come sussistenza di base di proteine è di fatto nulla, mentre tale sussistenza è fondamentale nei luoghi dove invece il pesce viene principalmente pescato.
In un contesto globale dove i Paesi in via di sviluppo giocano un ruolo fondamentale, rifornendo il mercato globale di pesce, l’analisi prefigura un futuro in cui molte persone nei Paesi in via di sviluppo tenderanno ad esportare pesce anziché mangiarlo e sarà per loro molto difficile trovare un’altra fonte adeguata ed alternativa di proteine animali.
Secondo le previsioni dei ricercatori, un incremento della domanda di pesce può essere soddisfatta solo se sarà migliorata la gestione della pesca in modo significativo e intensificata la battaglia contro l’illegalità.
Donatella Bianchi, Presidente del Wwf Italia, dichiara: «Il prerequisito per ottenere un mantenimento sostenibile dei volumi di cattura del pescato è da cercarsi nello sfruttamento corretto e controllato della risorsa che tenga conto dell’equilibrio dinamico ma al tempo stesso vulnerabile degli ecosistemi marini. Solo in questo modo la gestione degli stock ittici potrà essere efficace. Il report dimostra che se la comunità internazionale migliorerà la gestione della pesca e la conservazione degli habitat marini, gli oceani potranno ancora provvedere a fornire le risorse ittiche necessarie ad una popolazione in crescita; ma chiarisce anche che senza una ridistribuzione del consumo, molto probabilmente il pescato non finirà nei piatti di chi ne ha veramente bisogno per sopravvivere mentre sarà destinato ai mercati globalizzati dei Paesi ricchi. Dallo stato di conservazione degli stock ittici nei mari e negli oceani dipende il futuro di 800 milioni di persone che dipendono dalla pesca come risorsa essenziale di alimentazione e reddito».
In definitiva, la buona gestione della pesca rappresenta un elemento chiave del piano di azione per garantire che le preziose risorse ittiche possano essere disponibili alle future generazioni e richiede il massimo sforzo dei decisori politici ed istituzionali di tutto il mondo.
Migliorare la gestione della pesca, combattere la pesca illegale, comprare i prodotti ittici sostenibili, questi alcuni atteggiamenti che possono metterci in condizioni di salvaguardare tutto il comparto permettendo che la risorsa possa essere equamente distribuita.