«Cacciatori» di onde estreme scoprono che sono più frequenti di quanto si ritenesse finora. Dallo studio di Ca’ Foscari e Ismar-Cnr, pubblicato su «Journal of Physical Oceanography», sono nati un progetto e un brevetto per misurarle da navi e piattaforme
Osservando il moto ondoso in mare aperto con occhi «elettronici», in grado di ricostruirlo in 3D, scienziati dell’Università Ca’ Foscari Venezia e dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr) hanno scoperto che onde eccezionalmente alte sono più frequenti di quanto finora ipotizzato dai modelli teorici. Lo studio, pubblicato sulla rivista Journal of Physical Oceanography, è stato svolto nel Mar Adriatico, ma il risultato è di rilievo globale perché riguarda il comportamento delle onde in tutti i mari. Dalla scoperta sono nati il progetto Wass (Waves Acquisition Stereo System) e un brevetto.
Gli autori dell’invenzione (Alvise Benetazzo, Francesco Barbariol, Sandro Carniel e Mauro Sclavo dell’Ismar-Cnr e Filippo Bergamasco e Andrea Torsello di Ca’ Foscari) hanno sviluppato una tecnologia, che coniuga computer vision e oceanografia, in grado di misurare il mare in tempo reale anche da telecamere in movimento, posizionate quindi su navi e piattaforme mobili.
«La sfida era misurare una superficie in movimento, il mare, usando telecamere che cambiano continuamente il loro punto di vista, perché montate su strutture galleggianti in movimento – spiega Andrea Torsello, professore di intelligenza artificiale al Dipartimento di scienze ambientali, informatica e statistica di Ca’ Foscari – ci siamo riusciti dopo due anni di sviluppo e test in mare aperto».
Le onde estreme sono quelle che superano il doppio dell’altezza delle onde mediamente attese nel corso di una mareggiata. Conoscere la loro reale frequenza di accadimento è cruciale non solo per gli oceanografi alle prese con il miglioramento delle teorie, ma anche per i progettisti di navi e piattaforme off-shore. Il sistema sfrutta l’intelligenza artificiale: due telecamere digitali sincronizzate fissano la superficie del mare e individuano punti in comune che la visione stereoscopica riesce a collocare nello spazio tridimensionale. I dati ricavati dai punti osservati, abbinati a risultati dei modelli statistici, vengono elaborati secondo un codice numerico (open source qui) che ricostruisce la superficie del mare in 3D. L’operatore, da remoto, vede sul proprio schermo la ricostruzione tridimensionale delle onde, ma soprattutto ha a disposizione in tempo reale dati riguardanti una superficie ondosa di 10 chilometri quadrati.
«Il sistema che abbiamo messo a punto offre informazioni preziose per la sicurezza di chi opera in mare – afferma Alvise Benetazzo, ricercatore Ismar-Cnr di Venezia – ma ha permesso anche un avanzamento nella conoscenza scientifica del moto ondoso. L’esigenza di stime più accurate sulle onde estreme è resa ancora più urgente dai cambiamenti climatici in corso: con la frequenza di fenomeni intensi ed eccezionali destinata ad aumentare, diventa cruciale migliorare le previsioni sui possibili impatti delle mareggiate».