10 regole per ridurre lo spreco alimentare

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«Stiamo parlando di nuovi percorsi di sviluppo attraverso il recupero e la valorizzazione degli scarti di produzione. Infatti dagli scarti si possono ottenere diversi prodotti e sfruttare queste potenzialità è indispensabile oltre che per l’ambiente anche per l’efficienza ed economicità del prodotto finale: occorre infatti pensare al riutilizzo come a una cascata dove dallo scarto si ottengono prima composti ad alto valore aggiunto e poi via via quelli a valore minore fino ad arrivare al biogas»

Si svolgerà domenica prossima la giornata mondiale di prevenzione dello spreco alimentare.
Un modo per conoscere e focalizzare le cause e le dinamiche degli sprechi per aiutare concretamente a ridurli e a mettere in atto comportamenti in chiave preventiva, questo il senso dell’organizzazione della giornata antispreco.
Ma diamo un po’ di dati…
In Europa sono in media 180 i kg di cibo pro-capite sprecati all’anno mentre ammontano a 164 kg/anno in Italia, siamo al 7° posto nella classifica europea.
Secondo dati dell’Agenzia nazionale delle nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), nel nostro Paese vengono gettati nel cassonetto circa 5,5 milioni di tonnellate di cibo/anno, in pratica 42 kg di cibo a persona sotto forma di avanzi non riutilizzati e alimenti scaduti o andati a male, con un valore economico che si aggira intorno ai 13 miliardi di euro all’anno. Di questi 42 kg, oltre 10 sono costituiti da verdure e prodotti ortofrutticoli per un totale di oltre 1,3 milioni di tonnellate.
In occasione della giornata mondiale anti-spreco gli scienziati dell’Enea sono scesi in campo e per ridurre gli sprechi alimentari hanno redatto un decalogo di buone pratiche alle nuove frontiere della ricerca con tecnologie e metodologie innovative.
La sfida dell’Enea contro lo spreco alimentare è infatti «sfruttare al meglio quel giacimento di risorse preziose nascosto nella spazzatura».
Rifiuti che possono trasformarsi in proteine e zuccheri utili per produrre ingredienti alimentari, nutraceutici e mangimi per la zootecnia. Ma gli scarti alimentari possono diventare anche bioplastiche o energia sotto forma di biogas. Non solo. Dagli scarti di uva e arance si ricavano polifenoli, pectine e fibre, utilizzabili in nutraceutica e cosmetica.
E questo non sarebbe tutto… secondo l’Ue entro il 2030 con il riciclo dei rifiuti al 70% e lo smaltimento in discarica al 5% e grazie all’economia circolare si potranno creare 580mila posti di lavoro e risparmi per le imprese pari all’8% del fatturato annuo.
Nicola Colonna, responsabile Laboratorio Sostenibilità, qualità e sicurezza delle produzioni agroalimentari dell’Enea, ha dichiarato: «Stiamo parlando di nuovi percorsi di sviluppo attraverso il recupero e la valorizzazione degli scarti di produzione. Infatti dagli scarti si possono ottenere diversi prodotti e sfruttare queste potenzialità è indispensabile oltre che per l’ambiente anche per l’efficienza ed economicità del prodotto finale: occorre infatti pensare al riutilizzo come a una cascata dove dallo scarto si ottengono prima composti ad alto valore aggiunto e poi via via quelli a valore minore fino ad arrivare al biogas».
L’Enea con laboratori all’avanguardia, studi e attività pluriennali, è in prima linea nella ricerca per la produzione di biogas e di compost di qualità, per la realizzazione di alimenti meno deperibili e di processi di produzione sostenibili, oltre che nella divulgazione di buone pratiche per la riduzione degli sperperi di cibo. E proprio da queste attività e dall’esperienza pluriennale dei ricercatori, che si è preso spunto per promuovere comportamenti più responsabili, finalizzati a ridurre gli sprechi e risparmiare denaro ed energia.
E allora contro lo spreco alimentare:
– Valuta il più possibile il quantitativo di cibo che può essere realmente consumato in un pasto medio e aiutati con la lista della spesa: potrà essere utile per evitare avanzi (e i conseguenti sprechi);
– Quando fai la spesa, controlla la scadenza dei prodotti, pensando a quando utilizzarli, perché il mancato consumo si traduce automaticamente in uno spreco, reimpiegarlo in seguito;
– Fai attenzione alle etichette: scegli prodotti che riportano informazioni su tecnologie o ingredienti che aiutano a limitare lo spreco alimentare. Il latte ad esempio può essere sottoposto a processi (come la pastorizzazione Esl (Extended Shelf Life) o la microfiltrazione) che ne mantengono inalterate tutte le proprietà estendendone notevolmente la «vita sullo scaffale»; alcuni prodotti come biscotti, grissini, fette biscottate vengono arricchiti con aromi di origine vegetale estratti con processi sostenibili che prevengono l’irrancidimento in modo naturale e sicuro;
– Cerca di scegliere prodotti con indicato il destino della confezione a «fine vita»: così contribuirai a ridurre la quantità di indifferenziata nell’immondizia;
– Preferisci il biologico, in quanto l’agricoltura bio riduce i consumi energetici di agricoltura e industria alimentare di almeno il 25%, consente di ridurre le emissioni di CO2 e non inquina le falde acquifere perché non impiega fertilizzanti e fitosanitari di sintesi;
– Nel preparare le vivande con alcuni semplici accorgimenti puoi migliorare la conservazione dei cibi: ad esempio, insalate o verdure vanno condite solo al momento di servirle; così si mantengono più a lungo e possono essere consumate in pasti successivi;
– Crea nuove pietanze utilizzando gli avanzi di cucina, con fantasia e creatività;
– In occasione di feste e ricevimenti, valuta se gli avanzi possono essere consumati a breve e invita gli ospiti a portare con loro parte di quello che è avanzato;
– Informati sui programmi contro lo spreco alimentare della tua città, oppure organizzati per donare il surplus alimentare alle onlus che raccolgono gli avanzi di cibo «buono» e lo redistribuiscono a chi ne ha bisogno;
– Metti gli avanzi di cibo (insieme ai sacchetti in bioplastica biodegradabile e compostabile!) nella raccolta dell’umido: si trasformeranno in ottimo compost. Il compost «fatto in casa» con la trasformazione dell’organico ha un «valore» sia in termini di minori spese di smaltimento (ogni tonnellata di frazione organica in discarica costa alla comunità circa 200 euro, cioè il 50% delle spese totali per la gestione dei rifiuti), sia in termini di mancato guadagno derivante dalla commercializzazione del compost (che può variare da 20 €/ton per i prodotti all’ingrosso a circa 3 € per Kg per prodotti venduti al minuto).
Una concezione di rifiuto che deve essere modificata, un rifiuto che oggi viene visto come un costo per il soggetto che lo produce e che invece nasconde in sé una risorsa da riutilizzare e rimettere sul mercato e questo senza richiesta di ulteriori risorse naturali.
Una prassi che deve radicarsi nel vivere umano che apre la strada ad un molteplicità di percorsi di sviluppo in termini sociali, economici ed evolutivi.