Il volume di Konrad Lorenz scritto nel 1983, molto opportunamente riproposto oggi dalle edizioni Piano B, diventa un’opera profetica. Nella tecnica, nella cultura tecnocratica e nello scientismo Lorenz vedeva i mali che ci avrebbero portato al declino definitivo. Tutto quello che mutila le libertà di pensiero, la ricchezza dello spirito umano, la biodiversità dell’umanità è da combattere perché mina al benessere dell’uomo
«Se, a dispetto degli incontri di vertice e dei colloqui sul disarmo, la corsa agli armamenti prosegue da una parte e dall’altra della cortina di ferro, ciò non avviene perché i russi abbiano paura degli americani o viceversa, ma perché la grande industria ci guadagna». Così scriveva Konrad Lorenz nel 1983, nel saggio «Il declino dell’uomo».
Il volume, molto opportunamente riproposto oggi dalle edizioni Piano B, diventa un’opera profetica.
Profetica e triste se consideriamo che già 34 anni fa il dibattito sulla condizione dell’uomo, sui rischi del degrado e sulla sua possibile autodistruzione aveva messo all’attenzione tutti i nodi più emblematici.
Nonostante gli accordi internazionali sul disarmo oggi siamo ancora a guerreggiare. E se nella frase iniziale volessimo sostituire alla parola disarmo quella di riscaldamento globale e alla grande industria quella di inquinatori, avremmo pari pari la descrizione delle trattative estenuanti sulla riduzione della CO2.
Non siamo ancora all’olocausto nucleare ma ad un olocausto generalizzato con un desiderio di morti e di stragi certamente sì.
Nella tecnica, nella cultura tecnocratica e nello scientismo Lorenz vedeva i mali che ci avrebbero portato al declino definitivo.
Tutto quello che mutila le libertà di pensiero, la ricchezza dello spirito umano, la biodiversità dell’umanità è da combattere perché mina al benessere dell’uomo. Lorenz denuncia un pericolo che non riguarda direttamente l’estinzione del genere umano, ma «l’atrofizzazione progressiva di ciò che rende “umano” l’uomo stesso. L’umanità riuscirà forse a salvarsi dall’estinzione per inquinamento, sovrappopolazione, radioattività, e via discorrendo. Ma può darsi che, per salvarsi, crei un’organizzazione rigidissima che blocchi l’evoluzione dell’umanità stessa su una via discendente». E non è l’aria che stiamo respirando in questi anni?
Questi pericoli di massificazione Lorenz li vedeva anche nella scienza, la massificazione della scienza lo definiva «un fatto allarmante». «Troppi sono coloro che si rifiutano di ammettere nuovi ragionamenti. L’autoimmunizzazione dell’opinione pubblica degli scienziati potrebbe condurre all’inaridimento totale della conoscenza scientifica della natura». E non è quello a cui stiamo assistendo ora con blocchi di scienziati chiusi nelle loro reciproche posizioni?
Un lavoro corposo c’è dietro questo storico libro del Novecento, riferimenti costanti al pensiero dell’epoca e al dibattito scientifico e filosofico, profezie che stanno diventando tragiche realtà fatte dal fondatore della moderna etologia che vedeva nei viventi un corpo organico e ricco di sfaccettature che illuminano e spiegavano i vari comportamenti, compreso l’uomo.
Ma Lorenz non è un catastrofista, etichetta affibbiata con troppa facilità da coloro che non avevano argomenti per controbattere alle tesi ma avevano, e purtroppo hanno, motivi per difendere i propri interessi.
Lorenz vedeva nella bellezza e nell’educazione alla bellezza il discrimine fra un futuro radioso e l’abisso.