Assassinata attivista della tribù Wiwa nella Sierra Nevada de Santa Marta. Si batteva per i diritti delle donne e cercava sempre il dialogo con la comunità, affinché si trovassero delle soluzioni pacifiche. Due settimane prima era stata uccisa un’altra attivista per la pace e pochi giorni prima, l’attivista dei diritti indigeni Olmedo Pito Garcia, è stato accoltellato mentre stava tornando a casa. Il governo rifiuta di riconoscere l’esistenza dei paramilitari
Yoryanis Isabel Bernal Varela della tribù Wiwa nella Sierra Nevada de Santa Marta, si batteva per proteggere i diritti degli indigeni e delle donne nella sua comunità. Ma la donna è solo l’ultima vittima di una lunga serie di attacchi contro i leader comunitari, che sono in prima linea per salvare gli indigeni del Sud America. Testimoni oculari hanno riferito che Yoryanis Isabel Bernal Varela era stata minacciata con una pistola da diverse persone in motocicletta che alla fine le hanno sparato alla testa, ha riferito Radio Contagio. I primi sospettati sono i paramilitari, ma una indagine è in corso. Finora, la polizia si è limitata a notare che Yoryanis Isabel Bernal Varela era stata arrestata nel 2004 per le proteste che organizzava.
«Ci hanno portato via un grande leader, e quando questo accade, è una perdita per la nostra cultura, perché non ci sono molte persone col coraggio di affrontare i nostri problemi in pubblico, che è sempre pericoloso», ha detto capo del consiglio tribale della Arhuaco, Kogi e popoli Wiwa, Jose de los Santos.
Le popolazioni indigene sono minacciate e sottoposte ad intimidazioni, ha detto il segretario dell’organizzazione Wiwa Golkuche José Gregorio Rodríguez poco dopo il suo omicidio il 26 gennaio. «Oggi hanno ucciso il nostro compagno e violati i nostri diritti. I nostri altri leader devono essere protetti».
Yoryanis Isabel Bernal Varela era un’attivista in tutti i processi che riguardavano la tribù indigena dei Wiwa, si batteva per i diritti delle donne e cercava sempre il dialogo con la comunità, affinché si trovassero delle soluzioni pacifiche.
Oltre 119 tra attivisti per i diritti umani e leader indigeni sono stati uccisi in Colombia dal momento in cui il governo ha firmato gli accordi di pace con la guerriglia delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, Farc. La mattanza ha segnato un’escalation da quando le Farc si sono ritirate, in ottemperanza agli accordi di pace, lasciando campo libero ai paramilitari, che non sono osteggiati dal governo. Anzi, il governo ne nega perfino l’esistenza. «Non esistono paramilitari, e assumere che ci siano sarebbe come concedere garanzie politiche a coloro che non li meritano – ha detto il ministro della Difesa Luis Carlos Villegas su Rcn Radio una settimana prima dell’omicidio di Bernal Varela -. Ci sono omicidi, ma non sono sistematici. Se lo fossero, io sarei il primo a riconoscerlo».
Due settimane prima era stata uccisa un’altra attivista per la pace, Emilsen Manyoma, una donna afro-colombiana che promuoveva la diffusione delle Comunità «Costruire la Pace».
Pochi giorni prima, l’attivista dei diritti indigeni Olmedo Pito Garcia, è stato accoltellato mentre stava tornando a casa. Era inoltre un attivista di Marcha Patriotic, un gruppo che ha perso 120 membri da quando è stato fondato nel 2012.