L’influenza delle sostanze sui seguaci di una «religione magica»

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In definitiva, magia e religione rappresentano delle costanti nell’evoluzione della storia dell’individuo. Entrambe, difatti, rispondono in qualche modo alle stesse esigenze e bisogni dell’uomo. Mentre nelle religioni tuttavia il divino è correttamente concepito come onnipotente o trascendente in rapporto al mondo e all’uomo, la magia sembra in grado di fornire risposte e soluzioni più rapide ai bisogni ed alle preoccupazioni. Le «religioni magiche» in particolare si prefiggono finalità immanenti al mondo.

Tutto questo, evidentemente, può creare una maggiore presa sugli adepti, più disponibili ad obbedire alle prescrizioni del «sacerdote» e disposti a partecipare ai rituali pur di ottenere risposte alle proprie richieste. Rituali, in cui talvolta si ricorre all’uso di sostanze che possono indurre stati di coscienza alterati, in cui giudizio critico e capacità di discernimento possono essere fiaccati. Tale condizione può essere appositamente indotta anche attraverso l’ipnosi.
A questo spesso si aggiungono cambiamenti dietetici e dei ritmi di vita, prolungata privazione del sonno, aumento del livello di stress. Le successive reazioni fisiologiche indotte nel neofita avviato verso tali pratiche, vengono presentate dal «sacerdote» come conseguenza di un faticoso cammino individuale necessario per arrivare, infine, alla «perfezione».
Si comprende allora come, aderendo ad organizzazioni religiose «magiche» e partecipando a rituali che prevedono anche l’utilizzo di sostanze, si possa più facilmente presentare una condizione di suggestionabilità legata allo specifico contesto in cui l’organizzazione consuma le sue dinamiche interne. Da un lato vi è il «sacerdote», il «santone», il leader che detiene il potere del rito e che fa ricorso a suggestioni ed esortazioni; dall’altro il seguace, con una volontà che, a motivo della particolare condizione di soggezione fisica e psicologia, certamente creata dal contesto in cui è inserito, può essere più facilmente plasmabile e suggestionabile.
L’uso di sostanze allucinogene o psicoattive all’interno di gruppi magico-religiosi contribuisce, inoltre, ad accrescere il consenso degli adepti e conferisce maggior potere al sacerdote stesso.

Conclusioni

Si ritiene che si possa considerare senz’altro acquisito il dato che i riti magici, così come le religioni, hanno origini antichissime. Spesso rispondono a necessità identiche dell’uomo ed appaiono, in alcuni casi, il risultato di una commistione fra diverse religioni e riti nel corso dei secoli.
All’interno dei riti magici vi è però spesso un uso di sostanze che espletano un potere «magico». Si tratta di sostanze di origine vegetale o animale, con effetti allucinogeni o psicotropici, utilizzate, oggi come ieri, insieme ad amuleti e talismani dal «sacerdote» durante i rituali (23). Molteplici ed immanenti le finalità di tale uso: fortuna, benessere, felicità e salute. Spesso, comunque sia, è l’effetto stesso della sostanza a rappresentare l’obiettivo principale desiderato dal sacerdote, da colui cioè che officia il rito. Il quale, proprio attraverso l’uso di sostanze ad azione spesso analgesica, ipnotica o allucinogena, rinsalda il legame che lo unisce agli altri partecipanti al rito. Con tutte le insidie che legami di dipendenza psicologica più o meno accentuata possono favorire.
Mi riservo di descrivere, in un prossimo articolo, le piante ad azione stupefacente e psicotropa adoperate nelle «religioni magiche».