I resti della Valle dell’Aniene hanno 250mila anni e costituiscono la più antica evidenza diretta della presenza dell’Uomo di Neanderthal sul continente europeo, aprendo nuovi scenari sulle possibili tappe dell’evoluzione dell’uomo e sui flussi migratori attraverso il vecchio Continente
Hanno 250mila anni i due crani di Homo neanderthalensis, rinvenuti all’inizio degli anni Trenta a Roma presso il sito di Saccopastore e, insieme ad altri resti di ominidi ritrovati nei depositi sedimentari lungo la Valle dell’Aniene, costituiscono la più antica testimonianza della presenza di una comunità neandertaliana in Europa. A confermarlo un nuovo studio condotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), in collaborazione con i paleontologi delle Università della Sapienza, Tor Vergata e Roma Tre.
«Il lavoro – spiega Fabrizio Marra ricercatore dell’Ingv e autore della ricerca – è partito dal punto in cui i ricercatori erano giunti un anno e mezzo fa, quando avevano dimostrato, attraverso la correlazione tra cicli sedimentari e variazioni globali del livello del mare, che i terreni in cui erano stati ritrovati i due crani erano molto più antichi di quanto sino allora ritenuto: 250mila anni, contro gli 80mila–125mila delle precedenti stime di età».
Siamo di fronte ad un intero ciclo glaciale: i sedimenti fluviali si sono infatti deposti a seguito della risalita del livello del mare alla fine della terz’ultima glaciazione, durante quello che viene definito Stadio Isotopico 7.
«La conferma – spiega Marra – è venuta ora dal riesame dei resti fossili animali, raccolti a suo tempo dagli studiosi insieme ai resti umani, e conservati presso il Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini di Roma».
I resti, prima attribuiti a una specie indeterminata di daino, appartengono alla sottospecie Dama dama tiberina, che è caratteristica dello Stadio isotopico 8.5/7 e che verrà sostituita dalla forma attuale di daino: Dama dama dama.
«Così, anche i dati faunistici confermano che i terreni di Saccopastore non possono essere più giovani di 200mila anni, in sostanziale accordo con la stima geologica, di un’età di circa 250mila – aggiunge Marra -. La seconda novità prodotta dal nuovo studio riguarda alcuni frammenti di ossa umane rinvenuti in associazione con resti faunistici e numerosi strumenti in selce in quattro località vicine: Ponte Mammolo, Sedia del Diavolo, Casal de’ Pazzi e Monte delle Gioie».
Questi reperti, venuti alla luce durante il secolo scorso, erano stati considerati di transizione tra Homo neanderthalensis e il suo antecessore Homo heidelbergensis. Tuttavia la mancanza di elementi di datazione certa non aveva permesso, allora, di fare ulteriori ipotesi.
«Applicando lo stesso principio di correlazione geologica – prosegue Fabrizio Marra – siamo stati invece in grado di stabilire oggi un’età molto precisa per i terreni in cui gli strumenti litici e i resti umani furono ritrovati. Questi terreni si sono depositati in corrispondenza di due oscillazioni del livello del mare molto ravvicinate, corrispondenti al sub-stadio 8.5 e allo stadio 7, in un intervallo di tempo ben definito tra 295mila e 245mila anni fa. La scoperta è importante se si considera che la stessa età di 295mila anni è stata ipotizzata dai paletnologi inglesi per gli strumenti in selce ritrovati sui terrazzi fluviali del Solent River, poco a sud di Londra, che sono attribuiti alle prime presenze dell’Uomo di Neanderthal in Europa. Al tempo stesso, non sono stati ancora rinvenuti resti umani riferibili all’Uomo di Neanderthal più vecchi di 250mila anni in tutto il continente europeo.
«I resti della Valle dell’Aniene, quindi, alla luce della loro associazione diretta con gli strumenti in selce, costituiscono la più antica evidenza diretta della presenza dell’Uomo di Neanderthal sul continente europeo, aprendo nuovi scenari sulle possibili tappe dell’evoluzione dell’uomo in Europa e sui flussi migratori attraverso il vecchio Continente. Gli uomini di Neanderthal, come i loro predecessori, potrebbero essere stati pertanto i protagonisti di una nuova antropizzazione dell’Europa avvenuta più di 250mila anni fa: anche allora passando attraverso un’Italia ospitale, almeno dal punto di vista climatico, dove proprio nella sua capitale avrebbero stabilito una delle prime comunità», conclude Marra.
Abstract
A new study conducted by the Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in collaboration with paleontologists and paletnologists of La Sapienza, Tor Vergata and Roma Tre Universities, recently published in Plos One, has established that the hominin remains recovered along with a large number of lithic artefacts in four localities of the Aniene Valley in Rome, close to the Saccopastore site where two skulls were also recovered, represent the oldest direct Neanderthal evidence in Europe.
Through the same method of correlation of aggradational successions with post-glacial sea-level rises, recently applied to establish an age of 250.000 years for the two skulls of Homo neanderthalensis recovered in Saccopastore, the reaserchers demonstrated that deposition of the sediments hosting the human remains spans the interval 295.000 – 220.000 years, corresponding with two sea-level oscillations during the marine isotopic stages 8.5 and 7. This is consistent with other well constrained ages for lithic industries recovered in England, attributed to the earliest Neanderthal presence in Europe. Therefore, the six human bone fragments recovered in the Aniene Valley should be regarded as the most precisely dated and oldest hominin remains ascribable to Neanderthal-type individuals in Europe, discovered to date.