Guerre e inquinamento per mantenere il potere

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Noam Chomsky
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È un lavoro che morde, come è nello stile di Chomsky. Descrive le basi culturali che hanno permesso i comportamenti imperialisti degli Usa, le contraddizioni, gli errori e gli abusi. In realtà la negazione di comportamenti poco ispirati a diritti umani ed anzi strumentalizzati per affermare un potere mondiale che è ora profondamente in crisi e, purtroppo, rischia di trascinare il pianeta all’estinzione

COVER CHOMSKY«Qualsiasi cosa il resto del mondo possa pensare, le azioni degli Stati Uniti sono legittime sempre per lo stesso motivo: perché lo diciamo noi. Il principio è stato enunciato dall’eminente statista Dean Acheson nel 1962, quando incaricò l’American Society of International Law di non far sorgere alcuna disputa legale quando gli Stati Uniti reagissero a una sfida al loro “potere, posizione e prestigio”».
È un passaggio significativo che si legge ben oltre la metà dell’ultimo libro di Noam Chomsky, intitolato proprio «Perché lo diciamo noi», edito da Piano B.
È un lavoro che morde, come è nello stile di Chomsky, e riporta 34 articoli, inediti, scritti dal 2011 al 2015, quasi un diario degli eventi, commenti documentati con storia, dati e riferimenti.
Descrive le basi culturali che hanno permesso i comportamenti imperialisti degli Usa, le contraddizioni, gli errori e gli abusi. In realtà la negazione di comportamenti poco ispirati a diritti umani ed anzi strumentalizzati per affermare un potere mondiale che è ora profondamente in crisi e, purtroppo, rischia di trascinare il pianeta all’estinzione. Sì, proprio all’estinzione.
Chomsky percorre, essenzialmente attraverso due chiavi di lettura, gli equilibri mondiali. Il liberismo che si è tramutato in capitalismo e la crisi ambientale che segnerà, appunto, la fine della civiltà.
La figura di Trump non emerge ancora in questi scritti, ma è irrilevante perché i prodromi ci sono tutti e lo squarcio che si rivela ai nostri occhi è l’inesistente informazione che ci viene fornita tanto da sembrare falsa e pilotata.
La virata a destra dei Repubblicani e la complicità dei Democratici, appaiono evidenti da una serie di scelte. Il negazionista non è solo Trump ma tutto un sistema di controllo culturale messo in atto molto prima. Poiché l’opinione pubblica è influenzata dalla scienza bisogna fare in modo che questo non danneggi la politica economica statale. Da qui la Environmental Literacy Improvement Act, la legge proposta ai legislatori dall’Alec (American Legislative Exchange Council) che è una lobby che propone leggi per soddisfare le imprese e gli strati più ricchi della società.
In sostanza questa legge punta ad un «insegnamento equilibrato» della scienza del clima che vuol dire negazionismo come quello già sperimentato a proposito del creazionismo. È da qui che nasce il confronto creato ad hoc fra l’ambientalismo e gli interessi capitalistici.
Il commentatore conservatore Norman Ornstein, dell’«American Enterprise Institute», riferisce Chomsky, descrive i repubblicani di oggi come «un’opposizione politica radicalmente insurrezionale, ideologicamente estrema, sprezzante dei fatti, dei compromessi e della propria legittimità». Il partito è quindi compattamente allineato con i più ricchi e con gli interessi delle lobby economiche.
Trump, quindi, non è una meteora, un corpo estraneo, è il rappresentate di questi nuovi Usa.
E Obama, sponsorizzato dall’Occidente, non si salva. Sotto di lui si è scatenata la più violenta guerra del terrore mediante droni, in vari Stati per combattere il terrorismo. Un’azione che in realtà ha moltiplicato il terrorismo e l’odio verso gli Usa esattamente come i suoi predecessori avevano fatto con la guerra dell’Iraq.
Come leit-motiv a tutto questo, c’è Israele e Gaza. Una serie di atrocità in parte note ma Chomsky ci spiega le motivazioni dietro il balletto della diplomazia.
Ma la distruzione del pianeta arriverà o da una guerra che è già cominciata o da una lenta estinzione.
A coloro che vogliono salvare il pianeta si oppone una forte resistenza e crescita da parte di coloro che non vogliono abbandonare le fonti non rinnovabili. E il cattivo non è solo Trump che riapre le miniere di carbone quanto le politiche Usa degli ultimi anni, Obama compreso. In un discorso del 2012 a Cushing, in Oklahoma, che Chomsky definisce un’eloquente campana a morto per la specie, Obama dice: «oggi, sotto la mia amministrazione, gli Stati Uniti stanno producendo più petrolio che in qualsiasi periodo degli ultimi otto anni. È importante saperlo. Negli ultimi tre anni ho dato mandato alla mia amministrazione di perforare milioni di acri alla ricerca di gas e petrolio in ventitré Stati diversi. Stiamo cercando oltre il 75% delle nostre potenziali risorse petrolifere in alto mare. Abbiamo quadruplicato il numero di impianti operativi. Abbiamo aggiunto chilometri di nuovi oleodotti e gasdotti, abbastanza per cingere l’intera Terra e anche di più».
Il colpo di grazia, dice Chomsky, come già denunciato da numerosi scienziati climatologi, verrà dallo scioglimento del permafrost che scaricherà in atmosfera tonnellate di gas serra.
«Che triste specie», conclude.