Altra cultivar di olivo è resistente alla Xylella

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Foto di A. Fiore
Foto di A. Fiore
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Nuovi risultati dall’impegno del Consiglio nazionale delle ricerche nella ricerca di soluzioni all’emergenza fitosanitaria che affligge da qualche anno l’olivicoltura pugliese. Ricercatori hanno scoperto fenomeni di resistenza nella varietà di olivo «Favolosa», oltre che nel «Leccino»

L’epidemia di Xylella fastidiosa che affligge da qualche anno l’olivicoltura pugliese ha ormai varcato i confini della provincia di Lecce, interessando anche parte delle provincie di Brindisi e Taranto. Si tratta di un territorio che ospita circa venti milioni di ulivi, una parte non trascurabile dei quali ormai gravemente compromessa. Una situazione preoccupante a cui la scienza è chiamata a cercare soluzioni: la stima di Coldiretti Puglia è di un danno di oltre un miliardo di euro.
In questo quadro si inserisce uno studio sulla resistenza al batterio di alcune cultivar di olivo, portato avanti dai ricercatori dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Consiglio nazionale delle ricerche (Ipsp-Cnr) assieme a colleghi dell’Università di Bari e del Centro di ricerca Basile Caramia, che oltre a confermare i fenomeni di resistenza già descritti nella varietà di olivo «Leccino» riporta per la prima volta, con risultati che i ricercatori definiscono «sorprendenti», tratti di resistenza anche nella cultivar FS-17 (all’estero nota come «Favolosa»). Si tratta di una selezione di semenzali della cv Frantoio ottenuta dal prof. Giuseppe Fontanazza e brevettata dall’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo del Cnr (Isafom-Cnr).
La scoperta, appena pubblicata sull’ultimo numero de «L’Informatore Agrario», segue quella della resistenza della cultivar «Leccino» per la quale lo stesso team aveva pubblicato a giugno dello scorso anno un’analisi di trascrittomica sulla rivista internazionale «BMC Genomics». Nei giorni scorsi l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, consulente scientifico della Commissione europea, ha pubblicato un rapporto in cui si conferma che il «Leccino» e la cultivar FS-17 sono tolleranti alla Xylella. La ricerca di fonti di resistenza in olivo è uno dei principali obiettivi perseguiti dai due Progetti del Programma H2020 finanziati dall’Unione europea: Pest Organisms Threatening Europe (POnTE) e Xylella fastidiosa Active Containment Through a Multidisciplinary-Oriented Research Strategy (Xf-Actors) entrambi coordinati dall’Ipsp-Cnr.
«Questa scoperta – dichiara il presidente del Cnr Massimo Inguscio – rafforza le speranze di salvare l’olivicoltura, ora gravemente minacciata, nelle aree interessate dal batterio, ed è l’ulteriore dimostrazione del contributo che il Cnr, impegnato in prima linea sin dalla prima identificazione del patogeno, sta dando alla ricerca di soluzioni concrete e di grande impatto sull’economia, sull’occupazione, e sulla salvaguardia del territorio».
«Sono attualmente già circa 300 le cultivar di olivo in sperimentazione, numero non esaustivo ma certamente significativo rispetto all’ampiezza del germoplasma olivicolo mediterraneo – evidenzia Francesco Loreto, direttore del Dipartimento di scienze bio-agroalimentari del Cnr -. È una ricerca su cui sono concentrate le attenzioni, e le speranze, non solo degli olivicoltori Italiani e di tutti i paesi olivicoli del Mediterraneo, ma anche di Nord Africa, Sud Africa, fino alle lontane Argentina, Cile ed Australia».
L’importante risultato è anche frutto della stretta collaborazione tra i ricercatori e le realtà produttive del territorio, quali aziende olivicolo-olearie, cooperative agricole e organizzazioni provinciali e nazionali dei produttori. «Nelle prossime settimane verrà organizzata una conferenza stampa con le istituzioni – ha annunciato Loreto – per fornire i dettagli circa la ricerca e le prospettive delle sperimentazioni in corso e per comunicare le iniziative intraprese, in accordo con i licenziatari, al fine di favorire e controllare la diffusione delle cultivar di olivo tolleranti, aiutando un settore e una regione già fortemente penalizzati dall’epidemia».

 

(Fonte Cnr)