La situazione in Bielorussia, Russia e Ucraina è ancora gravissima. Circa 3 milioni di persone infatti vivono in zone radioattive, dove i livelli di contaminazione continuano ad essere elevati soprattutto nelle derrate alimentari, provocando tumori e leucemie soprattutto nei bambini, che sono i soggetti più vulnerabili
Sono trascorsi 31 anni dall’incidente che coinvolse la centrale nucleare di Cernobyl, in Ucraina e ad oggi sono ancora circa 3 milioni le persone che vivono in zone radioattive.
Era il 26 aprile 1986, ore 1,23 circa, quando presso la centrale nucleare V.I. Lenin, situata in Ucraina settentrionale, a 3 km dalla città di Prypjat e 18 km da quella di Cernobyl, 16 km a sud del confine con la Bielorussia esplodeva il reattore numero 4 della centrale. Il disastro di Cernobyl risulta essere stato il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare e classificato al livello 7 della scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici (International nuclear and radiological Event Scale, Ines) dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea).
Dopo 31 anni la situazione in Bielorussia, Russia e Ucraina è ancora gravissima. Circa 3 milioni di persone infatti vivono in zone radioattive, dove i livelli di contaminazione continuano ad essere elevati soprattutto nelle derrate alimentari, provocando tumori e leucemie soprattutto nei bambini, che sono i soggetti più vulnerabili.
Scrive Rashid Alimov di Greenpeace Russia come a trentun’anni dal disastro nucleare di Cernobyl, molte zone sono ancora contaminate, e Rosatom propone ancora nuovi pericolosi progetti nucleari.
Quello che racconta Rashid fotografando un edificio in mattoni grigi con un busto di Lenin di fronte che altro non è che una scuola in Stariye Bobovichi nella regione russa di Bryansk, è decisamente inquietante. Una fotografia che potrebbe avere un sapore nostalgico e che invece nei campioni di suolo prelevato da Greenpeace Russia vede una presenza evidente di rifiuti radioattivi.
«Attivisti provenienti da cinquanta tra città e villaggi hanno presentato i risultati alla Corte suprema russa lo scorso giugno, ma la corte si è schierata con il governo e allora si sperava che le autorità avrebbero potuto mettere la zona in quarantena, almeno dove i bambini della scuola vanno a giocare ma di fatto non si è fatto nulla».
Stariye Bobovichi è una delle migliaia di comunità in Russia, Ucraina e Bielorussia dichiarate ufficialmente contaminate da Cernobyl e che però recentemente il governo russo ha dichiarato quali zone aventi una situazione in miglioramento. Una decisione che ha privato gli abitanti del villaggio di appropriata vigilanza medica, delle assicurazioni sociali e della compensazione economica come vittime del disastro.
Una situazione che in Russia, nelle zone colpite dal disastro, sembra sia una regola con assunzioni di irresponsabilità dilaganti, anche nei confronti di responsabilità sociali di prim’ordine quali la sicurezza nelle scuole, e un governo che ha unificato le diverse strutture dell’industria nucleare nella grande azienda Rosatom, azienda che sta sviluppando ulteriormente le proprie rischiose attività sia in patria sia all’estero.
Un incidente, quello di Cernobyl, che non ha insegnato nulla.
Al centro di San Pietroburgo, è in costruzione una centrale nucleare galleggiante e i suoi due reattori saranno attivati prossimamente. Qualsiasi incidente nucleare in quest’area avrebbe conseguenze tragiche per cinque milioni di abitanti.
La posizione di Greenpeace viene sostenuta anche dagli esperti e dal personale responsabile della gestione delle conseguenze della catastrofe di Cernobyl.
Vasily Nayda, capo della sezione di San Pietroburgo dell’Unione Cernobyl, ha detto: «Siamo assolutamente contro la centrale nucleare galleggiante. La centrale nucleare di Leningrado nei pressi della città, che ha lo stesso tipo di reattori come Cernobyl, è già sufficiente per noi, non ne vogliamo un’altra».
Una centrale nucleare galleggiante che è solo uno dei molti progetti pericolosi che Rosatom sta intraprendendo in tutto il mondo promettendo benefici finanziari, incentivi, tecnologie e «sicurezza garantita» avanzata, anche se di fatto analisi approfondite dei rischi dei progetti internazionali di Rosatom dipingono un quadro assai diverso.
Perché Cernobyl deve aver insegnato qualcosa nella pericolosità dell’utilizzo dell’energia nucleare.