L’Uomo di Altamura non si tocca

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La grotta di Lamalunga può essere considerata a tutti gli effetti un «monumento naturale» e come tale deve essere conservata, limitando anche l’accesso in grotta da parte degli studiosi. «Ritengo che “Ciccillo” possa essere e sia un ottimo testimonial del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Ottimo protagonista di campagne promozionali per il Parco, per Altamura e per l’intera Alta Murgia. A patto che non si travisi la storia ma la si racconti»

Era il 1993 quando, incastonati nelle formazioni carsiche della grotta di Lamalunga, nel territorio di Altamura, in Puglia, furono rinvenuti i resti dell’Uomo di Altamura, anche noto come «Ciccillo», il più antico Neanderthal da cui siano state estratte porzioni di Dna.
Un caso eccezionale sia dal punto di vista geologico sia da quello archeologico, una inestimabile ricchezza conservata per millenni nella terra dell’Alta Murgia, uno scheletro inglobato nelle stalattiti e stalagmiti che gli sono cresciute intorno e che lo hanno conservato intatto.
Già in passato si era appreso di progetti che prevedevano la rimozione del cranio dello scheletro dell’Uomo di Altamura e questo avendo come finalità quella di poter svolgere una più mirata attività di ricerca scientifica e divulgazione di beni culturali, attività che però hanno di contro un potenziale di rischio molto elevato nel definire progetti che decontestualizzino un bene archeologico rispetto al suo sito naturale, habitat immutato per millenni.
Lo scorso 2 maggio il Movimento culturale Ora di Altamura, in un comunicato stampa, ha rimesso in luce questo argomento avvertendo la responsabilità e il dovere di capire quel che accade ancora adesso attorno all’Uomo di Altamura.

Abbiamo voluto porre alcune domande a Fabio Modesti, Direttore del Parco nazionale dell’Alta Murgia, parco che ingloba nel suo perimetro anche la grotta di Lamalunga, casa millenaria di «Ciccillo».

Quali sono gli studi recenti fatti sullo scheletro fossile dell’Uomo di Altamura?
L’Ente Parco nazionale dell’Alta Murgia non ha condotto studi sull’Uomo di Altamura. Li ha condotti la Sovrintendenza Archeologica con una serie di finanziamenti concessi da Regione Puglia e ministero dei Beni Culturali ed Ambientali. Gli studi saranno ora condivisi con l’Ente Parco attraverso il protocollo d’intesa già sottoscritto con la stessa Sovrintendenza e con il Polo Museale pugliese ed il comitato tecnico-scientifico di cui l’Ente fa parte.

Quali sono le ipotesi di intervento alle quali «Ciccillo» è già stato sottoposto e cosa si vuole fare in futuro?
Gli interventi fatti finora sono consistiti in prelievi di frammenti ossei che hanno consentito una datazione molto vicina alla realtà. Quanto agli interventi da effettuare in futuro, essi non potranno essere che nell’ottica della salvaguardia del reperto e della cavità naturale. La grotta di Lamalunga, oltre ad essere annoverata nel catasto regionale delle cavità carsiche, è in Zona «B» del Parco, ossia Riserva Generale Orientata. Tutti gli interventi in quest’area dovranno essere effettuati in conformità alle Norme del vigente Piano per il Parco che, in particolare, tutelano il patrimonio paleontologico e carsico. L’Ente è disponibile ad autorizzare tutte le attività che non compromettano lo stato dei luoghi ed il microclima della grotta.

Si vorrebbe procedere con l’asportazione del cranio e questo per permettere uno studio più approfondito dei resti. Quali sono i rischi ai quali si potrebbe andare incontro, e questo sotto il profilo scientifico, ambientale, sociale?
L’Ente che dirigo si è già espresso negativamente in passato, e con fermezza, sulla questione dell’eventuale rimozione del cranio. Siamo convinti che non ne deriverebbe alcuna utilità scientifica e che, al contrario, si comprometterebbe tutto lo speleosistema. Il cranio è parte integrante della parete della grotta con tutte le concrezioni formatesi. Asportarlo significherebbe «scassare» letteralmente la grotta di Lamalunga. Quanto poi al reperto, una volta fuori dal microclima della grotta potrebbe polverizzarsi in un secondo. Una valutazione ambientale dell’intervento appare del tutto con esito negativo.

Cosa significherebbe l’asportazione dei resti per la comunità altamurana, la grotta di Lamalunga e il Pulo di Altamura nel suo complesso, per la Puglia intera?
Non stiamo parlando di reliquie, ma di reperti paleoantropologici e di sistemi naturali ipogei. La grotta di Lamalunga può essere considerata a tutti gli effetti un «monumento naturale» e come tale deve essere conservata, limitando anche l’accesso in grotta da parte degli studiosi. Per il grande pubblico è stata allestita una nuova sezione del Museo Archeologico di Altamura con la ricostruzione a grandezza naturale dell’Uomo di Altamura ed è stato attivato il Museo di Palazzo Baldassarre, sempre ad Altamura. È poi in funzione il punto informativo presso la Masseria Lamalunga. Mi sembra che ci siano tutti gli elementi per soddisfare l’esigenza di «valorizzazione» della scoperta.

In questo contesto come si pone il Parco nazionale dell’Alta Murgia che, per sua natura istituzionale, riveste un ruolo decisivo nella filiera autorizzativa delle attività all’interno del proprio perimetro?
Siamo una pubblica amministrazione e, in quanto tale, tenuta alla leale collaborazione con le altre amministrazioni. È chiaro che anche la Sovrintendenza per la Puglia è soggetta al rispetto delle norme del Parco. Tuttavia, proprio nello spirito prima rappresentato, è necessario, d’accordo con la stessa Soprintendenza e con il Polo Museale, mettere a punto un accordo interistituzionale per regolare i rapporti e, quindi, per organizzare i processi autorizzativi per le ricerche scientifiche sull’Uomo di Altamura. Ma nessuno può sentirsi dominus assoluto in materia.

Che futuro si immagina per «Ciccillo»?
Invito a vedere quello che accade in altre realtà, come Bolzano con il suo Museo Archeologico e la mummia del Similaun. Ritengo che «Ciccillo» possa essere e sia un ottimo testimonial del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Ottimo protagonista di campagne promozionali per il Parco, per Altamura e per l’intera Alta Murgia. A patto che non si travisi la storia ma la si racconti, anche utilizzando tutti i mezzi tecnologici di comunicazione oggi disponibili. La storia va raccontata ma mai banalizzata.