La Commissione deferisce l’Italia alla Corte per non aver bonificato o chiuso 44 discariche. Avviata una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato adempimento da parte di Fiat Chrysler Automobiles degli obblighi derivanti dalla normativa Ue in materia di omologazione dei veicoli
Le carenze ambientali dell’Italia, nonostante le dichiarazioni di facciata che vengono periodicamente esposte da ministri a capi di Governo, prima o poi emergono inequivocabilmente. È il turno della gestione dei rifiuti e delle omissioni di controllo degli scarichi automobilistici.
La Commissione europea, infatti, ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Ue per la mancata bonifica o chiusura di 44 discariche che costituiscono un grave rischio per la salute umana e l’ambiente.
Malgrado i precedenti ammonimenti della Commissione, l’Italia ha omesso di adottare misure per bonificare o chiudere 44 discariche non conformi, come prescritto dall’articolo 14 della direttiva relativa alle discariche di rifiuti (direttiva 1999/31/CE del Consiglio). Come altri Stati membri, l’Italia era tenuta a bonificare entro il 16 luglio 2009 le discariche che avevano ottenuto un’autorizzazione o che erano già in funzione prima del 16 luglio 2001 («discariche esistenti»), adeguandole alle norme di sicurezza stabilite in tale direttiva oppure a chiuderle.
Considerata l’insufficienza dei progressi in quest’ambito, la Commissione ha trasmesso un parere motivato supplementare nel giugno 2015, nel quale si esortava l’Italia a trattare adeguatamente 50 siti che rappresentavano ancora una minaccia per la salute e l’ambiente. Nonostante alcuni progressi, nel maggio 2017 non erano ancora state adottate le misure necessarie per adeguare o chiudere 44 discariche. Nell’intento di accelerare il processo la Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
La Commissione europea ha anche deciso oggi di avviare una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato adempimento da parte di Fiat Chrysler Automobiles degli obblighi derivanti dalla normativa Ue in materia di omologazione dei veicoli.
La Commissione ha deciso di inviare una lettera di costituzione in mora in cui chiede all’Italia di dare una risposta alle preoccupazioni circa l’adozione di misure insufficienti per quanto riguarda le strategie di controllo delle emissioni usate dal gruppo Fiat Chrysler Automobiles (Fca).
In base alla legislazione vigente dell’Ue, spetta alle autorità nazionali verificare che un tipo di automobile soddisfi tutte le norme dell’Ue prima che le singole auto possano essere vendute sul mercato unico. Qualora un costruttore di automobili violi gli obblighi normativi, le autorità nazionali devono adottare misure correttive (come ordinare un richiamo) e applicare sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive stabilite nella legislazione nazionale.
La Commissione sta monitorando da vicino l’esecuzione di tali norme da parte degli Stati membri e ha già avviato procedure di infrazione nei confronti degli Stati membri che hanno rilasciato le omologazioni per il gruppo Volkswagen nell’Ue per non aver applicato le sanzioni stabilite dalle loro disposizioni nazionali, nonostante l’uso di un software di manipolazione illegale da parte di tale gruppo.
Il caso in questione si riferisce alle informazioni portate a conoscenza della Commissione, nel contesto di una richiesta da parte del ministero dei Trasporti tedesco nel settembre 2016, di mediare un disaccordo tra le autorità tedesche e quelle italiane riguardante le emissioni di ossidi di azoto (NOx) prodotte da un tipo di veicolo omologato dall’Italia. Nel corso della procedura di mediazione la Commissione ha esaminato con attenzione i risultati delle prove delle emissioni di NOx fornite dall’autorità di omologazione tedesca (Kraftfahrt-Bundesamt), così come le ampie informazioni tecniche fornite dall’Italia sulle strategie di controllo delle emissioni adottate da Fca nel tipo di veicolo in questione.
La normativa Ue in materia di omologazione vieta l’uso di impianti di manipolazione come software, timer o finestre termiche, che conducono a un aumento delle emissioni di NOx al di fuori del ciclo di prova, a meno che essi non siano necessari per proteggere il motore da eventuali danni o avarie e per garantire un funzionamento sicuro del veicolo. Come la Commissione ha più volte evidenziato, questa è un’eccezione al divieto e come tale va interpretata in maniera restrittiva.
La Commissione chiede ora formalmente all’Italia di dare una risposta alle sue preoccupazioni circa l’insufficiente giustificazione fornita dal costruttore in merito alla necessità tecnica (e quindi alla legittimità) dell’impianto di manipolazione usato e di chiarire se l’Italia è venuta meno al suo obbligo di adottare misure correttive per quanto riguarda il tipo di veicolo Fca in questione e di imporre sanzioni al costruttore di automobili.
La lettera di costituzione in mora è la prima fase di una procedura di infrazione e fa parte del dialogo della Commissione con le autorità italiane al fine di chiarire i fatti e di trovare una soluzione ai problemi individuati dalla Commissione. L’Italia ha ora due mesi a disposizione per rispondere alle argomentazioni avanzate dalla Commissione, in caso contrario la Commissione può decidere di inviare un parere motivato.