Immigrazione e «ripopolamento»

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I meccanismi di sviluppo della Capitanata, luogo classico dell’incetta mercantile del grano, per l’approvvigionamento di Napoli, risultano particolari. Grande estensione (più di 3.000 miglia quadrate ma bassa densità di abitanti, circa 30 ab. per Km2 intorno al 1770), ancora a fine Settecento si presentava, per diversi aspetti, in condizioni di arretratezza: all’aumento di popolazione non aveva fatto riscontro una crescita complessiva dei modi di produzione e delle strutture sociali. La caratteristica saliente era l’uniformità della produzione agricola costituita quasi ovunque da monocoltura cerealicola e da coltivazioni estensive. Oltre che dall’incidenza della feudalità, comune del resto a gran parte del Regno, la situazione era aggravata dal sistema del Tavoliere. La distesa pianeggiante del Tavoliere era stata in parte destinata fin dal secolo XV alla transumanza, a pascolo perpetuo degli armenti che, nel periodo invernale, scendevano dagli Abruzzi creando un altro rilevante fenomeno di mobilità.

Il sistema agricolo, estensivo e pastorale, e la particolare struttura delle masserie determinò la tendenza della popolazione a raccogliersi in grossi centri, infatti in 33 luoghi, di cui 12 posti nel Tavoliere, si concentrò più del 70% della popolazione. In particolare furono Foggia, San Severo e Cerignola a svilupparsi in maniera vertiginosa nel corso del Settecento, mentre enorme fu lo spopolamento del Tavoliere. Condizione vitale per il suo «ripopolamento» fu il fattore immigratorio senza il quale gran parte della Capitanata sarebbe ancora oggi un deserto.
I grossi centri del Tavoliere e dei primi contrafforti appenninici erano, nel corso del Settecento, zona di massiccia immigrazione di pastori e di braccianti stagionali legati al ciclo di lavorazione del grano. All’endemica scarsezza di braccia, durante le fasi congiunturali dei lavori dei campi, si poneva rimedio con il reclutamento da altre zone che, per la loro organizzazione produttiva, potevano rappresentare bacini di emigrazione. Questo era il caso, ad esempio, della fascia costiera della Terra di Bari contrassegnata da una parossistica parcellizzazione fondiaria (tale da non garantire l’autosufficienza economica al proprietario del piccolo appezzamento di terra) e caratterizzata inoltre da una marcata specializzazione colturale, al cui interno predominavano oliveti ed oliveti misti a mandorleti, colture complementari al periodo di maturazione dei cereali del Tavoliere. L’esteso gruppo di proprietari (i cui fazzoletti di terra potevano costituire solo un reddito integrativo di altre fonti di guadagno) e i contadini privi di terra alimentavano la corrente migratoria verso le masserie del Tavoliere, aziende agricole quasi esclusivamente cerealicole a carattere mercantile che rivestivano grande rilievo nella generale struttura economica del Mezzogiorno. Nell’apparato produttivo della Capitanata l’utilizzo di manodopera avventizia forestiera era determinante e aveva toccato punte ingenti già a fine Cinquecento.

– Le epidemie

 

Giovanna Da Molin, Professore Ordinario di Demografia Storica e Sociale, Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione; Università degli Studi di Bari «Aldo Moro»