Le donne e la famiglia

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Nel Settecento la mobilità stagionale interessava poco la compagine femminile pugliese. Le correnti migratorie dei salariati stagionali che investivano le masserie e i grossi centri del Tavoliere erano pressoché esclusivamente maschili, con la conseguenza che «le mogli de’ faticatori delle masserie di Puglia non sogliono essere compagne delle noiose fatiche campestri de’ mariti ma si lasciano abbandonate nelle Città, dove divengono inerte, oziose e dissolute con sommo pregiudizio del costume e della necessaria educazione de’ figli, che per lo più crescono, senza religione, e senza l’amore della fatica».

A parte forme marginali di servitù o bracciantato agricolo, la mobilità delle donne della Capitanata pare seguire una grande ed unica linea: quella del matrimonio intesa come forma di migrazione definitiva.
Le donne forestiere rappresentavano solo basse percentuali in rapporto al totale dei forestieri, quindi aliquote minime rispetto agli uomini, ma per le donne si trattava di immigrazione definitiva.
Le donne si spostavano meno, ma in maniera stabile e senza ritorno, tornavano nel centro natio solo in rari casi quando, rimaste vedove nel paese di adozione, non si risposavano e non avevano parenti del marito che si prendessero cura di loro e dei figli.
Le nozze erano un mezzo di promozione sociale della donna, e quindi la famiglia di questa col contratto nuziale cercava non solo di acquistare parentele utili a stipulare atti dotali non troppo gravosi, ma di ottenere condizioni di vita ritenute migliori come per esempio quelle legate all’inurbamento. Se il movimento bracciantile può spiegare il caso più frequente di immigrati che sposavano donne foggiane, per altro verso, la possibilità che un foggiano sposasse una forestiera va appunto interpretata come sintomo di un fenomeno di inurbamento, che portava a trasferirsi dal circondano in città, alla ricerca di occupazioni redditizie.

– La migrazione come conservazione

 

Giovanna Da Molin, Professore Ordinario di Demografia Storica e Sociale, Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione; Università degli Studi di Bari «Aldo Moro»