Un modello di sviluppo che veda la green economy e la sostenibilità nel ruolo di pivot. Abbiamo bisogno di una politica che guardi alle energie rinnovabili. Dobbiamo, inoltre, approvare la legge sul consumo di suolo e riorientare l’edilizia verso il riuso e la riqualificazione delle aree degradate e già costruite, anziché verso l’occupazione di aree prive di edificazione. Ma c’è bisogno anche di una buona politica di prevenzione e manutenzione del nostro territorio, intervenendo anche sulla cattura e sulla conservazione delle acque
Sono anni che le principali associazioni ambientaliste italiane, garanti di un’intera popolazione attenta alle questioni di salvaguardia ambientale e tutela comune, chiedono che sia approvata la legge in materia di consumo del suolo e rigenerazione urbana, una legge che miri ad arginare la cementificazione dei terreni agricoli che però di fatto ad oggi risulta ancora non approvata in via definitiva dal Senato.
Il suolo è una risorsa non rinnovabile che l’uomo, con le sue attività, consuma.
La costruzione di nuove abitazioni, di strade, di porti, di industrie, ecc., tutte attività che occupano porzioni di territorio trasformandole in modo pressoché irreversibile ad un ritmo che negli anni è cresciuto parallelamente allo sviluppo dell’economia.
Un processo quello del consumo di suolo che non è solo un problema italiano, paese in cui la questione assume tratti peculiari e aggravanti vista la scarsità di suolo edificabile e le sue caratteristiche insite che lo espongono ad elevato rischio idrogeologico, ma che rappresenta un fenomeno globale inarrestabile.
Una generale fortissima tendenza nazionale ed internazionale a cementificare disordinatamente il suolo libero anche se ci sono esperienze positive, in campo comunitario, che vedono il concentrarsi sulla riqualificazione del costruito.
In occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente, festività proclamata nel 1972 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e celebrata ogni anno il 5 giugno, noi di «Villaggio Globale» abbiamo intervistato Mario Catania, ex Ministro delle politiche agricole nel governo Monti e attuale Presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla contraffazione.
Nel 2013, dopo l’esperienza da Ministro delle politiche agricole nel Governo Monti, come si è svolto il suo impegno politico, sociale, in particolare sul versante ambientale, in Italia?
Durante questi anni in Parlamento ho sempre cercato di mettere al centro della mia azione politica, accanto all’agricoltura, la tutela dell’ambiente, perché credo sia impossibile immaginare la crescita di un Paese come il nostro senza la tutela del suo paesaggio, delle sue meraviglie naturalistiche, della sua biodiversità. Per queste ragioni ho proseguito anche in Parlamento la battaglia per arginare la cementificazione delle aree verdi presenti in Italia ripresentando il disegno di legge contro il consumo di suolo. Ma non solo, in questi anni ho cercato di impegnarmi anche su altri temi ambientali, solo per citarne alcuni: abbiamo lavorato sul divieto di utilizzo di richiami vivi nella caccia; ho cercato di contrastare lo smantellamento del Corpo Forestale dello Stato; sono intervenuto contro alcune disposizioni del decreto Sblocca Italia, in particolare riuscendo a far approvare alcuni emendamenti tesi alla riduzione e all’ottimizzazione del consumo di suolo. Mi sono impegnato, poi, anche per la campagna contro le trivelle nel referendum indetto ad aprile 2016 e per chiedere il superamento di alcune opere particolarmente dannose per i nostri territori, come il passante nord di Bologna e il tratto toscano dell’autostrada adriatica.
La legge sul consumo di suolo, che ha visto la consegna al Parlamento di un Disegno di legge che mirava ad arginare la cementificazione dei terreni agricoli, non è stata approvata in via definitiva dal Senato… perché?
Ci sono state, fin dall’inizio, delle resistenze fortissime al disegno di legge. Queste resistenze sono state trasversali a tutti gli schieramenti politici e sono figlie di un vecchio modo di immaginare lo sviluppo del nostro Paese. Partono dall’idea che per far tornare a crescere l’Italia sia sufficiente far ripartire l’industria del cemento, dimenticando, però, che quest’ultima, intesa alla vecchia maniera, crea benefici solo nel breve periodo lasciando sui territori dei danni ambientali difficilmente sanabili.
Cosa in Italia oggi regolamenta il consumo di suolo e secondo la sua esperienza ritiene che i provvedimenti esistenti possano bastare?
Al momento non c’è nulla che regolamenti il consumo di suolo. Questo disegno di legge sarebbe stata la pietra angolare della normativa in materia. L’unica nota positiva, in questo momento, è il divieto che scatterà nel 2018, per i Comuni, di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa corrente. Prima con i proventi dei titoli abilitativi e delle sanzioni in materia edilizia i Comuni potevano letteralmente «fare cassa» e ciò è stata una spinta a consentire nuovi progetti di cementificazione, ora invece questi fondi saranno vincolati finalmente allo sviluppo di opere di urbanizzazione, di nuove aree verdi e al riuso e riqualificazione degli immobili.
In qualità di Presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla contraffazione quali sono le attività svolte a difesa delle produzioni made in Italy e dei consumatori?
Credo che la tutela dei consumatori passi anche dal contrasto della commercializzazione di prodotti contraffatti. Purtroppo, però, l’opinione pubblica mostra scarsa attenzione al fenomeno della contraffazione, c’è un atteggiamento di tolleranza, quasi come se la contraffazione fosse un peccato veniale. In realtà la contraffazione è gestita interamente dalla criminalità organizzata e i prodotti contraffatti sono realizzati il più delle volte con processi e materiali non a norma, che non rispettano l’ambiente, il lavoro e la salute umana. La nostra Commissione ha svolto moltissime audizioni e, fino ad ora, ha approvato sei relazioni tematiche. Dagli approfondimenti svolti sono state anche realizzate due proposte di legge, di cui una a mia prima firma sul miglioramento della normativa penale in materia.
Cosa ritiene sia necessario affinché venga rilanciato, in maniera sostenibile, tutto il comparto agricolo/ambientale nazionale?
Anzitutto dobbiamo intervenire per arginare lo schiacciamento della redditività agricola. La scarsa redditività porterebbe inevitabilmente all’estinzione della figura dell’agricoltore, e noi dobbiamo evitarlo anche per la straordinaria attività di sentinella che spesso l’agricoltore svolge sul territorio, in particolare come presidio delle aree interne. A tal fine dobbiamo avere il coraggio di ripensare la politica agricola comune, in particolare puntando al superamento della politica degli aiuti diretti e andando verso una politica collegata adeguatamente a politiche di settore e territoriali. Non solo, sarà necessario intervenire inoltre su un migliore assetto delle relazioni Stato-Regioni per la fissazione degli obiettivi e dei risultati da raggiungere. In questi anni siamo stati poco performanti e ciò si è potuto constatare anche nella cattiva gestione dei fondi provenienti dall’Unione europea.
Cosa manca all’intera società italiana per costruire un modello di sviluppo equo, inclusivo, attento alla qualità della vita ed al rispetto dell’ambiente?
È necessario puntare su un nuovo modello di sviluppo, che faccia leva sui settori della nostra economia che producono qualità ed eccellenza. Un modello di sviluppo che veda la green economy e la sostenibilità nel ruolo di pivot. Abbiamo bisogno di una politica che guardi alle energie rinnovabili. Dobbiamo, inoltre, approvare la legge sul consumo di suolo e riorientare l’edilizia verso il riuso e la riqualificazione delle aree degradate e già costruite, anziché verso l’occupazione di aree prive di edificazione. Ma c’è bisogno anche di una buona politica di prevenzione e manutenzione del nostro territorio, intervenendo anche sulla cattura e sulla conservazione delle acque e ciò richiede impegno e interventi significativi su tutto il territorio nazionale.
Come si esplica il suo rapporto, essendo lei un uomo politico, con le associazioni ambientaliste nazionali, la ricerca scientifica, ecc.?
Già dalla mia esperienza nel ruolo di Ministro ho sempre ritenuto che il dialogo con le associazioni fosse un elemento imprescindibile per comprendere a fondo i problemi e i modi in cui superarli. Al Ministero, tra l’altro, avevamo anche istituito un regolamento per disciplinare proprio l’accesso dei portatori di interessi. Durante l’attività parlamentare il dialogo con le associazioni ambientaliste e gli altri portatori di interessi è sempre stato molto costruttivo.
In previsione della Giornata mondiale dell’Ambiente in programma il prossimo 5 giugno quale messaggio sente di lanciare a difesa della salvaguardia della nostra Terra?
La Terra non è solo nostra, la difesa del Pianeta è un dovere che abbiamo nei confronti delle nostre giovani generazioni. È una sfida che non possiamo permetterci di perdere.