«La situazione è allarmante ed è destinata a peggiorare col passare degli anni a causa del crescente aumento di temperatura e della riduzione delle precipitazioni che, secondo gli esperti, si è accentuata durante la stagione invernale e primaverile, come dimostra la richiesta dello stato di calamità naturale da parte della regione Sardegna a causa della siccità. Anche la catena alimentare è ovviamente legata alle componenti aria, acqua, suolo e la cattiva gestione della risorsa idrica a tutti i livelli, da scopi idropotabili a quelli irrigui o industriali»
Si celebra oggi la Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità, promossa annualmente dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) in occasione dell’anniversario dall’approvazione della Convenzione per la lotta contro la desertificazione e la siccità. Ratificata da 200 Paesi nel lontano 1994 e proclamata il 30 gennaio del 1995 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tale appuntamento offre ogni anno temi di approfondimento differenti.
Lo slogan scelto per il 2017 è: «La nostra terra. La nostra casa. Il nostro futuro».
La Desertificazione rappresenta il degrado delle terre aride, semi-aride e sub-umide secche attribuibile a varie cause tra cui le variazioni climatiche e le attività umane. In pratica, si manifesta con la diminuzione o la scomparsa della produttività e complessità biologica o economica delle terre coltivate, sia irrigate che non, delle praterie, dei pascoli, delle foreste o delle superfici boschive causate dai sistemi di utilizzo della terra, o da uno o più processi, compresi quelli derivanti dall’attività dell’uomo e dalle sue modalità di insediamento, tra i quali l’erosione idrica, eolica, ecc; il deterioramento delle proprietà fisiche, chimiche e biologiche o economiche dei suoli; e la perdita protratta nel tempo di vegetazione naturale.
In base ad un criterio di produttività biologica, la Conferenza delle Nazioni Unite sulla Desertificazione adottò una definizione di desertificazione «riduzione o distruzione del potenziale biologico del terreno che può condurre a condizioni desertiche». La Convenzione ha scelto di adottare una definizione di desertificazione «degrado delle terre nelle aree aride, semi-aride e sub-umide secche, attribuibile a varie cause, fra le quali variazioni climatiche ed attività umane».
La Convenzione per la Lotta contro la Desertificazione (Unccd) nei paesi colpiti da grave siccità o desertificazione, con particolare urgenza in Africa, si prefigge di affrontare le dimensioni sociali ed economiche del fenomeno, non limitandosi agli aspetti ambientali o agro-forestali, ma dando grande enfasi alla crescita della capacità di pianificazione e di intervento sia a livello nazionale che a livello locale. L’Unccd prevede la predisposizione di Piani di azione nazionale (Pan) finalizzati allo sviluppo sostenibile con l’obiettivo di ridurre le perdite di produttività dei suoli causate da cambiamenti climatici e attività antropiche.
In Italia sono due gli appuntamenti ufficiali: in Sicilia dal 16 al 17 giugno rispettivamente a Giardini Naxos e a Floresta, e in Sardegna a Sassari, per la sola giornata del 16 giugno, dove università, associazioni, enti di ricerca, ingegneri, agronomi, forestali e geologi, saranno impegnati nell’analisi dei rischi e delle azioni da mettere in pratica per giungere a uno sviluppo davvero sostenibile.
Un problema quello dei paesaggi a rischio di desertificazione abbastanza diffuso sul territorio nazionale con paesaggi che appaiono caratterizzati da specifiche forme, legate all’aridità climatica, ai suoli poveri e degradati, alla vegetazione rada, all’orografia accidentata a sua volta legata al rischio di erosione idrica.
I numeri relativi all’Italia fanno riferimento ad uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) secondo il quale il 21% del territorio nazionale è a rischio desertificazione, di cui il 41% localizzato nelle regioni meridionali, in particolare: in Sicilia (70%), in Puglia (57%), in Molise (58%), in Basilicata (55%), mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania tra il 30 e il 50%.
Vincenzo Giovine, vicepresidente del Consiglio Nazionale dei Geologi afferma: «La situazione è allarmante ed è destinata a peggiorare col passare degli anni a causa del crescente aumento di temperatura e della riduzione delle precipitazioni che, secondo gli esperti, si è accentuata durante la stagione invernale e primaverile, come dimostra la richiesta dello stato di calamità naturale da parte della regione Sardegna a causa della siccità. Anche la catena alimentare è ovviamente legata alle componenti aria, acqua, suolo e la cattiva gestione della risorsa idrica a tutti i livelli, da scopi idropotabili a quelli irrigui o industriali, costituisce il vero problema, troppo spesso sottovalutato e trascurato, che interessa direttamente la salute umana».
L’acqua e la sua tutela devono essere al centro di ogni attività di pianificazione.
Secondo Giovine «tutto ciò passa inevitabilmente attraverso una maggiore organizzazione e un potenziamento degli enti preposti alla gestione e alla tutela delle acque come i consorzi di bonifica, soggetti utilmente preposti al riequilibrio e alla gestione del territorio; una gestione che si colloca come unica soluzione percorribile per la difesa idraulica, la tutela del suolo, la lotta alla desertificazione e per il dissesto idrogeologico».
Sulla questione della risorsa idrica, i geologi avevano già fatto sentire la propria voce ritenendola un’emergenza per le generazioni future. Questo l’argomento del forum nazionale «Fino all’ultima goccia», svoltosi a Roma nel 2011, che aveva sottolineato come l’emergenza idrica di portata planetaria si sarebbe paventata in maniera evidente già nel 2020.
E puntualmente anche quest’anno, il problema della siccità si ripresenta in maniera ancora più drastica rispetto agli anni precedenti.