Le crisi ambientali, sociali ed economiche in tema di risorsa idrica non si possono affrontare stagione per stagione. Questo tipo di crisi richiedono un’attenta programmazione e pianificazione degli interventi e dei comportamenti tali da chiedere sacrifici agli italiani, ma senza ledere il diritto all’acqua che garantisce dignità e sopravvivenza. Perché si è arrivati a questo punto. Una lettera della Sigea alle Autorità nazionali
Si sta vivendo, negli ultimi anni, un grande problema a livello planetario… il problema della siccità.
Un’emergenza sempre più incombente e dettata da un fattore chiave: il cambiamento climatico che innesca a catena altri fenomeni gravosi quali l’aumento delle temperature, la diminuzione delle piogge. Un’assenza prolungata di precipitazioni che ha conseguenze importanti portando a quella che viene definita siccità idrologica, ossia assenza di acqua sia negli invasi superficiali, quali laghi e fiumi, sia nelle falde acquifere.
Un fenomeno sempre più presente e percepito a livello collettivo in quanto impone una necessaria ridistribuzione delle acque nei vari contesti produttivi e sociali. Un cambiamento climatico che sta favorendo questi sviluppi mettendo in evidenza scenari futuri certamente poco incoraggianti.
Accordi sul clima con armi spuntate
Si può certamente affermare che di cambiamento climatico e di negoziati sul clima si sia cominciato a parlare con la sottoscrizione dell’Accordo di Parigi, adottato nel 2015 nel corso della Cop21. Un Accordo quello di Parigi che rappresenta comunque un bluff in quanto pur essendo un accordo gli impegni da assumere e rispettare sono discrezionali, volontari, ma soprattutto elastici ossia sono affidati al buon cuore e alla buona volontà dei paesi firmatari, che ogni 5 anni possono modificare gli impegni, rinnovarli, rilanciarli o cancellarli del tutto.
Sappiamo poi bene che dopo l’elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti d’America e il suo voler mantenere la parola data agli elettori annunciando il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi i giochi geopolitici in argomento hanno subito un ulteriore sbilanciamento i cui effetti non si è in grado ancora di stimare ma non tarderanno a farsi sentire.
Di certo c’è che entro il 2018 sono attese le linee guida per rendere operativo l’Accordo, con criteri e procedure comuni per monitorare i progressi e assicurare adeguato sostegno ai Paesi più poveri.
In un articolo pubblicato su «Ecoscienza» si evidenzia come la realizzazione dell’impegno al contenimento della temperatura globale entro i 2°C rispetto ai livelli preindustriali comporti costi e investimenti nel complesso accessibili, soprattutto se si considera il potenziale sviluppo economico che deriverebbe dalla decarbonizzazione del settore energetico.
Perché il cambiamento climatico, annessi e connessi, viene percepito nell’immediato come un rischio per l’economia globale e poco come un’opportunità di sviluppo sostenibile per la nostra società. Un’economia che si muova nel verso della sostenibilità e che permetta di ridurre le emissioni dei gas serra, l’inquinamento atmosferico, che permetta di gestire in maniera più oculata le risorse idriche e più equa quelle alimentari è un’economia possibile e necessaria che ha forse solo un unico problema di fondo nella sua realizzazione ossia il dover andare a scardinare vetuste leggi economiche che hanno creato, a livello globale, quegli stessi scompensi sociali causa dei tanti mali della nostra società moderna, cambiamento climatico in primis.
Un cane che si morde la coda e che non ne uscirà vivo se non nel frangente in cui si deciderà di mettere al primo posto nell’impegno politico non il mero danaro ma la salvaguardia sociale.
Perché i cambiamenti climatici hanno un costo sociale enorme con impatti che non riguardano solo l’agricoltura, ma anche, per esempio, la salute umana e sono un fenomeno globale, irreversibile, destinato ad avere effetti su di noi ma soprattutto sulle generazioni future.
La Sigea sollecita la politica
Perché se non cambia l’approccio all’analisi dei problemi che trovano origine dall’interazione delle dinamiche naturali e la nostra esistenza, se non pensiamo a soluzioni integrate con realizzazione di scenari, sviluppo compatibile, comportamenti corretti e realizzazione delle opere necessarie a superare le crisi future, gli effetti legati ai cambiamenti climatici sono destinati a segnare in maniera sempre più marcata la nostra esistenza sul pianeta Terra.
In merito alla crisi idrica che sta attanagliando il nostro Paese nel corso di questo anno, la Società italiana di geologia ambientale (Sigea) ha inviato, alle Autorità italiane, una lettera andando ad evidenziare quelle azioni comuni necessarie per contenere future sofferenze agli italiani.
Riflessioni, si legge nella nota, «che nascono dalla consapevolezza che le crisi ambientali, sociali ed economiche in tema di risorsa idrica non si possono affrontare stagione per stagione. Questo tipo di crisi richiedono un’attenta programmazione e pianificazione degli interventi e dei comportamenti tali da chiedere sacrifici agli italiani, ma senza ledere il diritto all’acqua che garantisce dignità e sopravvivenza».
Un tema importante, delicato e difficile che richiede un impegno politico del Governo e del Parlamento che vada oltre il mandato elettorale e questo per garantire il benessere del Paese predisponendo una programmazione che non vada a sanare emergenze bensì vada a risolvere il problema prima degli eventi di crisi.
Quello che la Sigea sottopone al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni, al Presidente del Senato, Pietro Grasso, alla Presidente della Camera, Laura Boldrini, sono una serie di spunti di riflessione sul completamento e potenziamento di attività avviate nel nostro Paese per fronteggiare e contenere gli effetti sulla popolazione e sull’economia delle future crisi idriche.
Azioni da compiere sul territorio nazionale che devono essere prima analizzate nei contesti territoriali, pianificate e progettate e questo tenendo conto delle caratteristiche territoriali, sociali ed economiche peculiari dei singoli territori.
La Società ritiene quindi prioritario che il Paese, nel prossimo futuro, debba agire nelle azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici previsti anche dalla Strategia nazionale di adattamento al clima (Snac) quali:
— recupero acque reflue depurate per uso irriguo e industriale;
— compatibilità degli impianti agricoli e zootecnici con le disponibilità idriche;
— uso in agricoltura di sistemi d’irrigazione innovativi volti al risparmio idrico;
— ricerca applicata alla desalinizzazione delle acque, meglio salmastra che salate;
— studio delle sorgenti costiere al fine della loro captazione prima che le acque finiscano in mare;
— programma di ampliamento, riparazione e sostituzione delle reti acquedottistiche a supporto degli usi umani e produttivi;
— ricarica degli acquiferi sotterranei;
— realizzazione di invasi di piccole dimensioni (laghetti collinari) a scopi irrigui;
— realizzazione di invasi a scopi misti;
— attuazione della norma sulle reti duali;
— mappature e controllo delle utenze che usano le acque sotterranee al fine di una programmazione idrogeologica del prelievo;
— mappature e controllo delle sorgenti al fine di una programmazione idrogeologica del loro utilizzo;
— campagne di sensibilizzazione all’uso razionale della risorsa.
La pressione delle Associazioni
Ma in argomento anche altre associazioni ambientaliste nostrane, e questo solo per citarne alcune, si sono espresse… Greenpeace, ad esempio, ha fatto sentire la sua voce con attivisti che sono entrati in azione a Taormina, sede del G7 avvenuto a fine maggio scorso, per ricordare ai capi di governo di mettere in campo azioni più ambiziose per contrastare i cambiamenti climatici e i loro effetti; Legambiente, con le sue dichiarazioni in tema di emergenza siccità, caldo record e rischi incendi; Wwf, con i suoi studi che dimostrano come un quinto dell’Italia sia a rischio desertificazione e di come quest’ultima, generata dal fenomeno del cambiamento climatico produca fenomeni interconnessi rispetto ai quali è urgente un’azione coordinata.
Perché la questione principale da smantellare è che si è imbrogliati dal mercato e dalla controinformazione, foraggiati dai poteri forti dell’economia in maniera così implicante che ormai anche gli addetti ai lavori hanno sposato la teoria dell’adattamento. Per cui tutti si danno da fare ad inventare iniziative per fronteggiare la crisi climatica che in realtà sono una economicizzazione del problema e il problema si perde di vista come dimostrano i vari summit che finiscono per essere una serie infinita di buchi nell’acqua.
La resilienza, ossia quella capacità, per un sistema ecologico ad esempio, di ritornare ad uno stato iniziale dopo essere stato sottoposto ad una perturbazione che ne ha modificato lo stato iniziale, viene venduta come una necessità di sopravvivenza ma la reale sopravvivenza della nostra specie è racchiusa solo nel grande processo di decarbonizzazione globale.