Etna, si studia la cenere per svelare le eruzioni

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Comprendere cosa succede nel condotto vulcanico dell’Etna durante le eruzioni, analizzando la composizione della cenere eruttata nel dicembre 2015. Studio pubblicato su «Scientific Report» di Nature

Abstract

La composizione della cenere vulcanica rappresenta un potente strumento per svelare i dettagli delle dinamiche eruttive dell’Etna. Cercare di capire cosa avviene nel suo condotto vulcanico, durante ogni singola eruzione parossistica, e tracciare i movimenti del magma, durante l’intero periodo eruttivo, permettono di fornire informazioni dirette sulle proprietà del magma stesso. Sono i risultati dello studio Magma dynamics within a basaltic conduit revealed by textural and compositional features of erupted ash: the December 2015 Mt. Etna paroxysms, condotto da un team di ricercatori dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) della sezione di Pisa. Il lavoro è stato recentemente pubblicato su «Scientific Report» di Nature.
«Sono stati analizzati i dati relativi ai quattro violenti episodi esplosivi che hanno interessato il cratere più antico dell’Etna, Voragine, nel dicembre 2015 – afferma Massimo Pompilio, ricercatore Ingv e primo autore della pubblicazione -. Le colonne eruttive (alte fino a 15 km s.l.m.) prodotte da questa attività parossistica, hanno emesso ceneri a una distanza anche di 100 km dal vulcano».
I prodotti dei quattro eventi esplosivi sono stati campionati sui fianchi dell’Etna a una distanza variabile tra i 6 e i 14 km dal cratere.
«In particolare è stata analizzata la tessitura (contenuto, abbondanza, forma e dimensioni dei minerali, bolle) dei clasti (prodotti vulcanici) con dimensioni comprese tra 0,25 e 1 mm e la composizione chimica del fuso magmatico (vetro)», prosegue Pompilio.
I frammenti di cenere di queste dimensioni, infatti, si raffreddano molto velocemente e forniscono informazioni preziose sulle proprietà fisiche e chimiche del magma al momento dell’eruzione.
«Un po’ come re-incollare i vari frammenti (rappresentati in questo caso dalla cenere) per capire come era fatto il vaso prima di rompersi (il magma nel condotto)», spiega il ricercatore dell’Ingv.
Le analisi e le misure sono state realizzate con microscopi ottici ed elettronici a scansione (Sem) collegati a un sistema di microanalisi in grado di eseguire misure su porzioni di clasto dell’ordine di pochi micron.
«I risultati ottenuti – aggiunge ancora Pompilio – non solo hanno permesso di comprendere cosa succede nel condotto vulcanico durante ogni singola eruzione parossistica, ma anche di tracciare i movimenti del magma durante l’intero periodo eruttivo. Da qui la dimostrazione che all’interno del condotto coesistono sia un magma povero in gas e ricco di piccoli cristalli (<100 micron), detti microliti, sia un magma povero di microliti e più ricco di gas».
La quantità e la forma dei microliti, insieme alla composizione del vetro, hanno un forte controllo sulla viscosità del magma stesso.
«Nel lavoro si ipotizza che la dinamica delle eruzioni e, in particolare, la transizione tra attività stromboliana a bassa energia, tipica dell’attività sommitale dell’Etna, e queste fasi parossistiche, che producono colonne sostenute di km di altezza, possa essere modulata dalle proporzioni relative all’interno del condotto fra magma molto cristallino e ad alta viscosità e magma poco cristallino e più fluido», continua il ricercatore.
La prevalenza del magma ricco in microliti favorisce la frammentazione di tipo fragile e produce colonne eruttive più alte. In questo processo, il magma, più ricco in gas ma povero di microliti, fa da propellente all’eruzione.
«Gli studi tessiturali e composizionali della cenere vulcanica rappresentano un potente strumento per svelare i dettagli delle dinamiche eruttive in quanto forniscono informazioni dirette sulle proprietà del magma. Informazioni complementari a quelle ottenute dai metodi di monitoraggio geofisico (sismicità o deformazioni del suolo) e geochimico (composizione dei gas) che, pur registrando il movimento del magma verso la superficie, non sono comunque in grado di definirne la natura fisica e la composizione», conclude Pompilio.