Nemmeno un’ora di silenzio basterebbe per commemorare ogni tragedia nel nostro Paese

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A un anno dal terremoto del 24 agosto 2016 non un minuto, e nemmeno un’ora di silenzio basterebbe per commemorare non solo le vittime ma la tragedia che continuiamo a vedere sotto i nostri occhi. Anche questa volta la lezione è fin troppo amara, per tutti.

Tralasciando questioni aperte e delicate come le nuove casette, la gestione delle macerie o delle tasse, ci siamo resi conto che in pochi hanno capito, da subito, le dimensioni, la portata, la complessità e le diversità degli effetti di questo fenomeno «naturale» rispetto a precedenti eventi catastrofici che hanno colpito il nostro Paese, cogliendo impreparati non solo le istituzioni e la politica, ma anche l’accademia e l’intera comunità scientifica.
I modelli previsionali, quelli organizzativi e gestionali dell’emergenza e soprattutto del post emergenza sono saltati nella sequenza sismica che si è sviluppata dal 24 agosto 2016 al 18 gennaio 2017; il gioiello «Protezione Civile» che abbiamo sbandierato per anni, è stato «oltraggiato» da uno sciame sismico martellante e lunghissimo che ha portato alla luce i limiti e le lacune dell’interfaccia scientifica-tecnica-amministrativa-cittadini, e con esse le inadeguatezze di un quadro legislativo inadatto al caso.
Quadro normativo smentito dal susseguirsi degli eventi (d’impensabile estensione, gravità e durata); bisogna riconoscerlo, sono emerse problematiche nuove, generate da un’attività sismica che si è allargata progressivamente, dove la sovrapposizione dei fenomeni fisici e co-indotti, degli eventi critici e degli effetti, ha trovato impreparazione e in qualche caso improvvisazione, scuotendo l’intero Paese, i centri di comando e di gestione di una tragedia che passerà alla storia.
È fin troppo evidente che in questo caso il terremoto, ha evidenziato e fatto esplodere in maniera del tutto incontrollata le criticità latenti di questi territori dell’Italia centrale, con problemi che peraltro sono gli stessi della maggior parte delle Aree Interne dell’Appennino, dalla Liguria alla Calabria, e quindi dei nostri gioielli rappresentati dai borghi storici e con essi dai paesaggi collinari e montani di eccezionale valore e bellezza costituiti dai Geositi e Geomorfositi.
Si tratta di territori bellissimi ma spesso fragili anche per le intrinseche condizioni geostatiche. Territori caratterizzati da annosi problemi, accentuati per gli effetti delle dinamiche attive o per gli effetti degli evidenti mutamenti climatici (terremoti, frane, alluvioni, erosioni costiere, vulcanesimo, subsidenza, incendi), che incidono pesantemente sulle comunità locali (danneggiamento della viabilità, difficoltà ad accedere ai servizi primari quali scuole, ospedali, uffici pubblici) determinando un rapido spopolamento delle aree interne. Criticità peraltro già analizzate dalla Strategia nazionale delle aree interne (Snai), dove il riequilibrio tra pianura e campagna, tra città e montagna, deve divenire l’asse portante per un nuovo e strategico sviluppo che poggi anche sul turismo sostenibile storico-culturale-ambientale e sulle filiere agro-alimentari.
In questo caso però la burocrazia, messa a dura prova dal susseguirsi delle Ordinanze Commissariali, ha mostrato la severità degli effetti di una catastrofe che sarà ricordata nel nostro Paese: il terremoto dell’Italia centrale. Si è dato origine in questa crisi sismica dell’Italia centrale, anche per le interferenze e violazioni prodotte dall’uomo sull’ambiente, a procedure complicate pur avendo esperienze sperimentate e validate in precedenti terremoti (Umbria, Marche – 1997, L’Aquila – 2009, Emilia Romagna – 2012). Procedure che ci auspichiamo siano riviste, siamo in tempo visto i ritardi accumulati, in chiave di analisi e risoluzione delle tante questioni aperte.
Tolti isolati casi, i ritardi accumulati hanno generato nelle popolazioni locali un diffuso malessere con la desolazione, la stanchezza, la frustrazione, la sfiducia e l’esasperazione a dominare gli stati d’animo; malessere che si avverte anche nelle istituzioni locali e regionali che si sono sentite marginalizzate e abbandonate. L’ultima lezione del terremoto del 28 agosto di Ischia riaccende luci e ombre su scenari di rischio ormai noti non solo agli addetti ai lavori.
In queste condizioni di grande complessità le Associazioni che da decenni sono impegnate nei settori specifici della formazione-prevenzione-comunicazione, non legate e condizionate da interessi di parte, possono fornire un valido contributo ad affrontare alcuni degli aspetti oggi sottovalutati.
La Sigea, ben consapevole della portata e delle ricadute storico culturali che eventi come questo terremoto ha nella crescita sociale, economica e professionale del Paese, ha avviato assieme ad altri soggetti impegnati in questa «mission», un dibattito con profonde riflessioni, cogliendo la singolare spinta propulsiva e innovativa da introdurre nel confronto e nelle politiche di «rigenerazione, che va ben oltre la ricostruzione» dei luoghi-comunità distrutti, sulla base di nuove dialettiche tra le componenti scientifiche-tecniche-politiche-amministrative. Per quanti semplicisticamente ancora ritengono che le informazioni e conoscenze ci sono, «basta di studiare bisogna fare», o che «basta spingere un tasto per trovare le soluzioni», diciamo quindi che ancora tanto occorre fare e investire in scienza-conoscenza-comunicazione, educazione-prevenzione.
La Microzonazione Sismica di livello 1 ad esempio, ottimo strumento di base per la conoscenza e governo del territorio, serve a ben poco se fatta ex post (sempre dopo), in fretta e furia, con poche o nulle risorse per indagini strumentali. Siamo sicuri che la Microzonazione Sismica di livello 3, quelle più di dettaglio, sarà utile se redatta sulla base di un solo sondaggio geognostico con indagini geofisiche per Comune? Questo è quello che prevede un’Ordinanza, emanata dopo 9 mesi dal sisma da un Commissario che considera, dopo un solo anno, completato il compito del suo mandato.
Come Sigea, dal prossimo autunno in occasione degli eventi già in programma continueremo il nostro focus onorando il 25esimo anno di attività su concetti chiave a noi familiari come resilienza, sicurezza, qualità della vita, benessere, paesaggio e bellezza, educazione e cultura della prevenzione da mettere di fronte ai drammi purtroppo conseguenti al manifestarsi di fenomeni naturali, con i quali ancora tanto occorre fare per abituarci a convivere in condizioni di rischio calcolato e accettabile. Lo faremo promuovendo confronto cultura, formazione e informazione per una corretta condivisione e percezione dei rischi, portando il nostro contributo alle Istituzioni e nella comunità scientifica, partendo dall’approccio olistico del «Manifesto adotta & rigenera» di Camerino (http://www.sigeaweb.it/documenti/convegni/manifesto-camerino-2017.pdf) sul quale abbiamo avuto tante adesioni; con un occhio di particolare attenzione ai temi ambientali, nel processo di gestione dei fenomeni di criticità per pericolosità geologiche e cambiamenti climatici così diffusi nel nostro Paese (frane, alluvioni, terremoti, vulcani, ma anche siccità, incendi boschivi, nevicate eccezionali, inquinamento, ecc.).
Siamo proprio partiti dal concetto di resilienza, nel Manifesto di Camerino, per trasformare le criticità in opportunità, anche attraverso sfide coraggiose: «dai georischi alle georisorse» nei processi di rigenerazione, valorizzazione e sviluppo di comunità-luoghi disastrati.

 

A cura di Antonello Fiore (Presidente Sigea), Enrico Gennari (Consigliere nazionale Sigea), Endro Martini (Referente Sigea per le Marche)