L’ultimo evento sismico che ha interessato l’Italia, causando numerose vittime, ha aperto un dibattito a livello scientifico sugli aspetti legati all’interferenza tra tettonica e vulcanesimo, alla determinazione della posizione e profondità dell’ipocentro, alla necessità di potenziare la rete sismica nazionale realizzando nuove stazioni sulle isole, all’uso di modelli di velocità da variare e validare per le diverse zone sismiche
A una settimana dal terremoto che ha interessato l’isola di Ischia, superate le prime incertezze sull’ubicazione dell’ipocentro e chiariti i motivi di tali incertezze, vogliamo puntualizzare alcuni aspetti del rischio sismico in Italia. Inizia così un interessante approfondimento della Sigea (Società italiana di geologia ambientale) fatto dal suo presidente, Antonello Fiore, che pubblichiamo integralmente.
«Mezza Italia, sacra a terremoti e ai vulcani, quella appunto che la leggenda immagina sia tutta una mirabile esibizione di un Eden che non esiste», così Giustino Fortunato ne «La questione meridionale e la riforma tributaria» (1904) cerca di riportare tutti alla consapevolezza che una parte della nazione è interessata da una pericolosità geologiche che ne condizionano il benessere e lo sviluppo socio economico. Uno sviluppo socio economico che può ritenersi tale solo se si conoscono i limiti e le potenzialità dei territori che l’uomo tenta di occupare, che tenta di urbanizzare.
Il terremoto del 21 agosto che ha interessato l’isola di Ischia ci ha ricordato che l’Eden non esiste. L’Italia è un Paese geologicamente fragile e poiché le case si poggiano sul substrato geologico, la loro realizzazione non può che essere geologicamente compatibile.
L’ultimo evento sismico che ha interessato l’Italia, causando numerose vittime, ha aperto un dibattito a livello scientifico sugli aspetti legati all’interferenza tra tettonica e vulcanesimo, alla determinazione della posizione e profondità dell’ipocentro, alla necessità di potenziare la rete sismica nazionale realizzando nuove stazioni sulle isole, all’uso di modelli di velocità da variare e validare per le diverse zone sismiche. È evidente che la ricerca sui temi della pericolosità geologica ha bisogno di nuovi stimoli e nuovi fondi. Lo stesso Presidente dell’Istituto di nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Prof. Carlo Doglioni, in un’intervista ha sottolineato come le somme stanziate per l’Istituto da lui presieduto sono a stento sufficienti a coprire i costi del personale.
Per meglio comprendere gli effetti al suolo di questo terremoto, con danni rilevanti molto circoscritti, si stanno analizzando le cronache storiche dei terremoti che hanno interessato la stessa Ischia nel 1800. Dalle cronache si evince un’analogia tra i terremoti del passato con il terremoto del 21 agosto: solo in alcune zone la gente non ha avuto il tempo di fuggire, specialmente in quelle zone colpite direttamente dalle onde sismiche e dove le caratteristiche geologiche del substrato le hanno amplificate. Dalle cronache storiche si traggono anche descrizioni delle sollecitazioni sismiche che hanno provocato i crolli degli edifici. «Ora il terremoto del 4 marzo 1881 parve all’illustre Prof. Palmieri che fosse avvenuto nelle identiche condizioni di quello del 1828, cioè crollo subitaneo della parte superiore di Casamicciola e con leggere commozioni del suolo. Ed anche in questo terremoto del 1881 il fatto istantaneo della catastrofe risulta in modo evidente dall’atteggiamento dei cadaveri dissepolti, che furono rinvenuti nelle rispettive loro case; una donna mentre faceva la calza, un signore leggendo il giornale, un calzolaio lavorando le scarpe, ecc. Il che dimostra che nessuno ebbe il tempo di fuggire, come avviene in tutti i terremoti più o meno lunghi, e come si constatò a Melfi e in altre parti ove i disgraziati che perirono furono trovati tutti in atto di fuggire».
Descrizioni che si ritrovano anche nelle parole di Benedetto Croce quando, nelle «Memorie della mia vita», racconta la sua drammatica esperienza del terremoto di Ischia del 28 luglio 1883: «Eravamo a tavola per la cena io la mamma, mia sorella ed il babbo che si accingeva a prendere posto. Ad un tratto come alleggerito, vidi mio padre ondeggiare e subito in un baleno sprofondare nel pavimento stranamente apertosi, mia sorella schizzare in alto verso il tetto. Terrorizzato cercai con lo sguardo mia madre che raggiunsi sul balcone dove insieme precipitammo e così io svenni…».
Il Prof. Franco Ortolani a questo proposito pone una questione non di secondo piano sugli effetti al suolo in particolari zone sismiche. Con riferimento al sisma del 21 agosto Ortolani afferma: «La struttura sismogenetica a poca profondità sotto l’area devastata può significare che le sollecitazioni sismiche connesse alle onde P e alle onde S colpiscano quasi simultaneamente la superficie del suolo e i manufatti sovrastanti con effetti devastanti laddove le caratteristiche geologico tecniche e geotecniche del substrato di fondazione causino amplificazioni. Osservazioni simili furono eseguite a San Gregorio in occasione del terremoto de L’Aquila (aprile 2009). Si pone un nuovo problema di progettazione? I manufatti non sono progettati per resistere a contemporanee sollecitazioni impresse da onde P e onde S».
È noto che i terremoti che si susseguono nel nostro Paese, che sottraggano vite alla loro esistenza, spengono i sogni e affievoliscono le speranze alla gente che li subisce, creano ripercussioni anche a lungo termine sulla ripresa socio economica delle popolazioni locali colpite. A Ischia il turismo, settore vitale per l’isola, riceverà una grave battuta d’arresto le cui ripercussioni si sentiranno per anni.
Le case che crollano per effetto dei terremoti, che uccidono bambini, donne, uomini, animali sono state costruite in aree conclamate sismiche dove è necessario indagare per conoscere nel dettaglio, sito per sito e edificio per edifico (sia pubblico sia privato), gli effetti al suolo onde sismiche. I terremoti sono in grado di far crollare non solo una casa abusiva, ma anche una casa costruita con le previste autorizzazioni ma priva di specifiche indagini geologiche.
Noi riteniamo che non si può e non si deve accettare la logica della Microzonazione Sismica di livello 1, ottimo strumento di base per la conoscenza e governo del territorio, realizzata dopo gli eventi e con poche o nulle risorse per indagini strumentali. Non si può e non si deve accettare la logica della Microzonazione Sismica di livello 3, quelle più di dettaglio, basata su un solo sondaggio geognostico con indagini geofisiche per Comune come previsto per i Comuni del centro Italia colpiti dal terremoto del 24 agosto 2016.
Bisogna ripartire da queste drammatiche esperienze per non trovarsi solo a gioire per giovani vite sottratte alla morte ma anche per decisori in grado di abilitarsi, nell’interesse comune, al nobile ruolo della politica.