Siccità e roghi, Italia impreparata a fronteggiare l’emergenza

894
incendio boschi
Tempo di lettura: 3 minuti

L’Italia, l’Abruzzo in particolare, continua a bruciare. Gli incendi, simbolo di questa disastrosa stagione sono quelli che hanno letteralmente massacrato il Parco Nazionale del Gran Sasso e i Monti della Laga (300 ettari in fumo a partire da Campo Imperatore) e il Parco della Majella (oltre 1.200 ettari tra i vari versanti del Monte Morrone, incendio tuttora in corso)

Un’estate, l’ennesima, che ha fatto registrare ondate di caldo anomale… Un’estate che ha visto letteralmente distrutto il patrimonio ambientale in Italia a ritmi mai vissuti in precedenza.
Alessandro Giannì, Direttore delle campagne di Greenpeace Italia, scrive che le cause di questo andamento catastrofico per il nostro sistema Terra nazionale sono note e la «sorpresa» di troppi pare fuori luogo: azioni criminali (della criminalità organizzata o di singoli, per gesti di pura follia o di meditato calcolo) e dissesto del territorio con una manutenzione dei suoli, delle foreste e del patrimonio naturale in genere che non è all’altezza di un Paese del G7.
C’è tuttavia un elemento, continua Giannì, altrettanto prevedibile e previsto, che doveva essere considerato e non lo è stato: il clima è cambiato. Che quest’anno, dopo un inverno anomalo, ampie fette del Paese fossero in «crisi idrica» era palese, almeno dal mese di aprile. Un chiaro campanello d’allarme per tutti ed in particolare per chi ci governa che forse non è riuscito a dare il giusto peso alla questione.
La crisi idrica che attanaglia la nostra Italia, il problema siccità per la quale Fabio Tortorici, Presidente della Fondazione Centro Studi del Consiglio nazionale dei Geologi ha dichiarato: «La siccità crea ancora danni e disagi per l’agricoltura e per le popolazioni, ma la “ricetta” per risolverli è chiara: servono studi per effettuare ricerche idriche nei serbatoi geologici e maggiori investimenti per l’ammodernamento delle reti».
«In Italia, spiega Tortorici, le risorse idriche captate dai pozzi sono mediamente di buona qualità, soprattutto se attingono da bacini idrogeologici profondi, ma ora la siccità sta costringendo alcuni Comuni a ridurre l’acqua immessa in rete, tramite turnazioni nell’erogazione. Questa soluzione è un rimedio estremo, poiché tale pratica ha come rovescio della medaglia un decadimento della qualità dell’acqua. Infatti, finché le reti acquedottistiche sono in pressione, dai fori presenti nelle condotte l’acqua fuoriesce e si disperde, ma quando si sospende la circolazione del fluido, avviene il processo inverso, quindi per fenomeni di depressione dagli stessi fori può avvenire l’aspirazione di sostanze di varia natura (terreno, reflui, ecc.) verso l’interno delle tubazioni, che rendono l’acqua torbida, arricchendola di inquinanti. In questi casi, la qualità dell’acqua non è più legata alla sola natura geologica dei serbatoi idrogeologici, ma a ciò che avviene durante il tragitto dall’opera di captazione ai rubinetti degli utenti».
Una riduzione dell’acqua nelle reti che provoca un calo della qualità della stessa, elemento questo che sconsiglierebbe l’utilizzo dell’acqua razionata per scopi igienico-sanitari, questo l’allarme dei geologi.
E intanto l’Italia, l’Abruzzo per la precisione, continua a bruciare… Gli incendi, simbolo di questa disastrosa stagione sono quelli che hanno letteralmente massacrato il Parco Nazionale del Gran Sasso e i Monti della Laga (300 ettari in fumo a partire da Campo Imperatore) e il Parco della Majella (oltre 1.200 ettari tra i vari versanti del Monte Morrone, incendio tuttora in corso), ma non sono stati certamente gli unici. I Comuni abruzzesi che hanno subito danni da incendi boschivi nel loro territorio dal 1° luglio al 22 agosto erano 86 e l’elenco è già da ritoccare in aumento dopo gli ennesimi episodi degli ultimi giorni (fiamme ad Anversa degli Abruzzi, Cocullo, Prezza, Raiano…). Una situazione di emergenza che richiede una risposta decisa e ben articolata, dettata dalla sapienza e non dall’improvvisazione.
Per il Wwf Italia in primo luogo è fondamentale che gli incendi boschivi vengano tutti classificati come tali secondo quanto disposto dall’art 2 della legge 353/2000 che definisce l’incendio boschivo come un fuoco che ha suscettività ad espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture o infrastrutture antropizzate poste all’interno delle aree oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi alle stesse aree.
Inoltre, sempre secondo il Wwf, procedere ad un rimboschimento sarebbe un clamoroso errore che va evitato ad ogni costo e questo perché la ripresa naturale della vegetazione, anche se richiede tempi più lunghi, ha tutt’altro aspetto, «naturale» appunto, e garantisce, attraverso una accentuata biodiversità vegetale, la presenza di numerose e diversificate specie animali. Resta poi il danno enorme per il quale ci si auspica che gli inquirenti e la magistratura sappiano presentare in tempi brevi il conto ai colpevoli.
Per il Wwf è fondamentale insomma far sì che quel che è accaduto non possa ripetersi, imparando dai propri errori, riorganizzando in maniera capillare il servizio anti-incendio, la vigilanza agli interventi d’emergenza, ecc., apportando migliorie in termini normativi, riparlando ad esempio dell’eliminazione del Corpo forestale dello Stato, e definendo un’azione puntuale e coordinata da parte delle istituzioni.
Conoscere a fondo il nostro territorio stimolando politiche verdi, comprendere che viviamo in un Pianeta che non è più lo stesso, adeguare il nostro modo di abitare la Terra, questo è alla base per curare la crisi ambientale in atto.