La cura e il costante lavoro di recupero dell’Osservatorio faunistico di Bitetto. «Solo questo mese abbiamo in programma quattro liberazioni – spiega Mariella Sinisi, la responsabile dell’Osservatorio – praticamente una a settimana, dall’inizio dell’anno abbiamo accolto oltre 1.700 esemplari e tutti quelli che possono vengono rimessi in libertà, per noi sono momenti di grande commozione»
«Lui è la nostra mascotte, potrebbe andarsene in qualsiasi momento, ma è da anni che rimane qui». «Lui» è un bellissimo cigno bianco che ormai da tempo vive nell’Osservatorio faunistico di Bitetto, una sorta di «ospedale» per tutta l’avifauna pugliese che qui può avere cure, attenzioni per poi riguadagnare la libertà.
«Ci piace pensare che siamo un presidio di biodiversità – spiega una dipendente dell’Osservatorio, Grazia Nardelli – sì, ci anima una grande passione. Lavorare con animali come quelli che arrivano da noi ti fa toccare con mano la necessità di difendere la natura, lo leggi negli occhi di questi esemplari che vivono allo stato libero e che liberi vogliono tornare».
E questa è una di quelle giornate per cui vale la pena sacrificarsi e combattere: 120 giovani falchi grillai tornano liberi, il loro volo al Pulo di Altamura, un habitat ideale. I giovani falchi, arrivati feriti o perché caduti dal nido e portati all’Osservatorio da quanti li hanno raccolti in un momento di difficoltà, resteranno nella Murgia almeno per le prossime settimane, il tempo di organizzarsi e poi partiranno per la loro migrazione, che li porterà nell’Africa sub sahariana. Il prossimo anno si spera di poterli rivedere dalle nostre parti.
«Solo questo mese abbiamo in programma quattro liberazioni – spiega Mariella Sinisi, la responsabile dell’Osservatorio – praticamente una a settimana, dall’inizio dell’anno abbiamo accolto oltre 1.700 esemplari e tutti quelli che possono vengono rimessi in libertà, per noi sono momenti di grande commozione».
L’Osservatorio è una vera e propria oasi faunistica: 17 ettari di verde dove vivono falchi e bianconi, serpenti e cicogne, poiane, nibbi, cigni ed anatre, gufi, cinghiali e daini. Nata nei primi anni 80 come centro di allevamento per la selvaggina da ripopolamento per le specie cacciabili, si è trasformata nel tempo: dagli anni 90 a seguito della legge n. 27/98 è diventato la struttura tecnica della Regione Puglia con molteplici funzioni inerenti la tutela della fauna e la raccolta dati sullo stato di salute degli animali selvatici in Puglia. Da ottobre dello scorso anno è sotto la direzione di Maria Carmela Sinisi che sta cercando di farne uno spazio aperto anche per finalità didattiche e di educazione ambientale.
Il cuore pulsante dell’Osservatorio, invece, chi materialmente si prende cura degli animali, è uno staff di veterinari del Dipartimento di Medicina veterinaria dell’Università di Bari coordinato dal prof. Antonio Camarda e dalla prof.ssa Elena Circella, con il dott. Francesco D’Onghia e i loro studenti riescono a fare «miracoli».
«Recuperare un animale selvatico non è semplice, ma se ci si riesce, il mio consiglio è: portatecelo al più presto, evitate cure fai da te, possono essere ancora più deleterie, al massimo date loro acqua – spiega D’Onghia -. Se si trova un animale selvatico ferito o in difficoltà si deve allertare il comando della Polizia municipale o in alternativa i Carabinieri forestali che sono per legge preposti ad intervenire, ma spesso le risposte non sono positive e i privati cittadini non sempre hanno la sensibilità o l’abilità per un intervento in prima persona. Per fortuna ci sono le associazioni con i volontari sempre pronti ad intervenire».
E la presenza dei volontari si è notata alla liberazione dei 120 falchetti ad Altamura: volontari Lipu e Anpana, guardie ecozoofile e tanti bambini felici di poter assistere ad uno spettacolo unico, una bellissima esperienza grazie anche alla collaborazione del Parco dell’Alta Murgia e del suo direttore, Fabio Modesti.
In una occasione del genere commentare l’avvio della stagione venatoria di questi giorni è stato quasi argomento obbligato. «Dopo lo scorso inverno così carico di neve e la siccità di questa estate, con l’aggravio di incendi, sarebbe servita una moratoria almeno per un paio di anni – ha sottolineato Modesti – non una semplice proroga delle giornate di preapertura. Per almeno due anni la Regione (e non solo) avrebbe dovuto imporre lo stop alla caccia, per dare respiro alle specie».
I giovani falchi in volo libero sulla Murgia, avrebbero applaudito se avessero potuto e invece, nonostante tutte le cure che sono state spese per salvarli, potrebbero restare nuovamente vittime di cacciatori, di una pratica ormai senza senso, piacevole passatempo solo per chi non sa come è bello vedere e rispettare gli animali liberi in natura.