Senza conoscenza non c’è prevenzione

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Conoscere e affrontare il problema non significa sapere quando arriverà il prossimo terremoto, ma piuttosto aumentare la sicurezza delle strutture, perché è sotto il crollo degli edifici che contiamo i nostri morti. E poiché in Italia si registrano mediamente alcune migliaia di terremoti l’anno, la prevenzione è la sola strada percorribile, sin quando la scienza non saprà fornire la tanto attesa risposta di un’attendibile previsione

Si è svolto ad Ascoli Piceno, organizzato dal Consiglio nazionale dei geologi e dall’Ordine dei geologi delle Marche, il Convegno «30 ottobre 2016, magnitudo 6,5: il punto dei geologi a un anno dal sisma». Ricorre infatti l’anniversario dall’evento sismico più forte registrato nell’area appenninica, evento di 6,5 M che non ha avuto uguali a memoria storica nell’area e che, pur non causando vittime, tuttavia, sommandosi agli eventi del 24 agosto e del 26 ottobre, ha ulteriormente danneggiato il patrimonio ambientale, storico, culturale, edilizio del Centro Italia.
Un evento sismico che ha, ancora una volta, messo in evidenza prepotentemente come le caratteristiche geologiche e geomorfologiche dell’area del cratere, oltre alla tipologia edilizia derivanti da una stratificazione urbanistica che inizia a partire dall’epoca medioevale, siano stati fattori determinati dell’elevato grado di danneggiamento.
Il convegno è stato un momento di riflessione, per non dimenticare, per parlare di ricostruzione e per trarre un bilancio di ciò che è stato fatto e non, anche riguardo ai temi della prevenzione e della convivenza con il rischio sismico.
Francesco Peduto, Presidente del Consiglio nazionale dei geologi, in occasione del convegno ricorda: «Georischi e prevenzione dovrebbero essere sempre al centro dell’agenda di governo invece siamo il Paese in cui negli ultimi 150 anni si sono susseguite ben trenta leggi sul corretto costruire, emanate sempre a seguito di eventi calamitosi, ma ogni nuovo terremoto si trasforma sempre in catastrofe: sembra paradossale ma in Italia la prevenzione è ancora solo un auspicio. È vero che nel nostro Paese è presente un costruito storico immenso e, spesso, anche di pregio, ma non possiamo utilizzarlo sempre come scusante per i ritardi accumulati nelle azioni e nelle misure da mettere in atto. Le misure per la prevenzione, però, non sono più derogabili, per questo ora dalle forze politiche dobbiamo pretendere impegni precisi e concreti: siamo in scadenza di legislatura, vediamo chi si impegnerà davvero a portare avanti questi temi».
Anche Piero Farabollini, Presidente dell’Ordine geologi della Regione Marche, intervenendo al convegno rimarca: «La cultura della prevenzione dal rischio sismico si traduce nell’affrontare adeguatamente il problema della sicurezza dei nostri edifici. Conoscere e affrontare il problema non significa sapere quando arriverà il prossimo terremoto, ma piuttosto aumentare la sicurezza delle strutture, perché è sotto il crollo degli edifici che contiamo i nostri morti. E poiché in Italia si registrano mediamente alcune migliaia di terremoti l’anno, la prevenzione è la sola strada percorribile, sin quando la scienza non saprà fornire la tanto attesa risposta di un’attendibile previsione».
Previsione e prevenzione, questi i due termini rimarcati e i due fattori chiave che ci permettono di difenderci dai terremoti, dove per previsione si intende una previsione probabilistica, basata sullo studio di una certa area che permetta appunto di «prevedere» per quell’area l’intensità massima e la frequenza dei terremoti che possiamo attenderci e quindi definire la pericolosità sismica dell’area stessa e per prevenzione, una politica seria che consista nell’applicazione di in una serie di iniziative che limitino gli effetti del fenomeno sull’ambiente antropizzato, attuando adeguate politiche di prevenzione e riduzione del rischio sismico.
Perché l’Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, per la sua particolare posizione geografica, nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica. Una sismicità più elevata che si concentra nella parte centro-meridionale della Penisola, lungo la dorsale appenninica, in Calabria e Sicilia e in alcune aree settentrionali, come il Friuli, parte del Veneto e la Liguria occidentale.
Un’Italia in cui nel 2009 è stato definito il fondo per la prevenzione del rischio sismico con l’articolo 11 della legge n. 77 del 24 giugno 2009 di conversione del decreto legge n. 39 del 28 aprile 2009 per la ricostruzione in Abruzzo e che prevede che siano finanziati interventi per la prevenzione del rischio sismico su tutto il territorio nazionale, grazie ad un fondo istituito nello stato di previsione del ministero dell’Economia e delle finanze. Una spesa complessiva, che ammonta a 965 milioni di euro, che seppur cospicua rappresenta solo una minima percentuale, forse inferiore all’1%, del fabbisogno necessario per il completo adeguamento sismico di tutte le costruzioni, pubbliche e private, e delle opere infrastrutturali strategiche.
Investire sul futuro della comunità con un’adeguata politica di investimenti ma anche andando a conoscere il proprio territorio e come lo stesso possa reagire ad un terremoto, imparare a convivere con esso perché come ha dichiarato Carlo Doglioni, geologo italiano che dall’aprile 2016 è Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in occasione della due giorni di conferenze, seminari, incontri e caffè scientifici organizzati ad Amatrice «senza conoscenza non c’è prevenzione».