Con Trump isolato, viene riaffermato il bando dei combustibili fossili…

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Ma le misure concrete sono molto fumose e scarse!

Questo 17 novembre, dopo due settimane di intensi negoziati, si è conclusa la Cop23 di Bonn (23ª Conferenza delle Nazioni Unite sul clima). Stiamo parlando del cammino internazionale, di governi, ma anche di agenti sociali, cui nel nostro piccolo partecipiamo, che dovrebbe unire gli sforzi di tutti per curare il mondo dal «riscaldamento globale» dovuto all’effetto serra.
È stato varato, nel sudore di trattative complesse e serrate, il documento finale con l’approvazione di 197 Paesi

Si fanno passi avanti, con il «draft zero», verso il «regolamento» che deve attuare l’accordo di Parigi del 2015, «regolamento» che sarà completato alla Cop24 di Katowice in Polonia.
Le Fiji, l’isola che presiede la Conferenza, dovrebbero, nei prossimi mesi, presentare un format per il cosiddetto «Dialogo Talanoa» (parlare con il cuore è una possibile traduzione), che potrebbe portare a un negoziato tra paesi nel 2018 nel tentativo di aumentare l’ambizione degli obiettivi nazionali, che ora come ora porterebbero ad un aumento della temperatura di minimo 3 gradi centigradi rispetto all’era pre-industriale (quindi oltre i 17°C di temperatura media annuale del Pianeta).

L’isolamento fa l’America più piccola

L’Accordo di Parigi del 12 dicembre 2015, entrato in vigore il 4 novembre 2016, è stato la base degli incontri ed un risultato acquisito è che questa base ha, tutto sommato, retto lasciando del tutto isolati gli Usa.
Il neo-presidente Usa Donald Trump aveva deciso di sabotarla, questa base, annunciando il ritiro degli Stati Uniti dal patto globale (questo ritiro, salvo ripensamenti, potrà diventare effettivo solo nel 2020). Ma persino il Nicaragua, con la sua gravissima crisi interna e anche la Siria, immersa in una guerra civile trascinata dal 2011, hanno annunciato che aderiranno all’Accordo della Cop21: gli Stati Uniti, a questo punto, saranno l’unico paese a rifiutare il «compromesso storico» scaturito a Parigi!
Già all’apertura della conferenza, i delegati di Washington avevano pubblicamente dichiarato che loro erano venuti a Bonn «solo per tutelare gli interessi dei cittadini americani» e nient’altro. Come se gli Stati Uniti stessero su un pianeta a parte e non sulla Terra allo stesso modo di tutti gli altri!
A colpi di Tweet Donald Trump ha abbondantemente chiarito che ritiene i cambiamenti climatici una bufala da complottisti e che non ha nessuna intenzione di mettere in discussione quello che ritiene «l’attuale stile di vita americano», basato sull’economia fossile. I recenti cataclismi che hanno devastato anche il Sud degli States, Texas petrolifero in testa, le centrali nucleari della Florida a rischio Fukushima, non gli hanno fatto cambiare idea!
Sin dai primi giorni del suo mandato, Trump, con il tripudio delle multinazionali dei fossili, aveva cominciato a picconare anche quel poco che aveva fatto Obama in tema di ecologia; ora anche a Bonn abbiamo costatato che non scherzava affatto quando prometteva di svincolarsi dagli impegni di Parigi: la delegazione Usa non ha fatto altro che complicare o addirittura respingere qualsiasi tentativo di lavorare per una soluzione comune. Ma questo spinge all’irritazione tutto il resto del mondo e dà occasione ad altre potenze, Cina in testa, di riempire il vuoto di leadership lasciato.

Il Dialogo di Talanoa

Durante i negoziati, le tensioni erano come sempre incentrate sulla divisione delle responsabilità tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo. Nel tentativo di persuadere tutte le parti a raggiungere obiettivi più ambiziosi, Fiji, delegata ad arbitrare, propone che il dialogo avvenga con empatia.
Il Dialogo di Talanoa è il metodo facilitativo per valutare le azioni intraprese per arrestare il cambiamento climatico ed eventualmente se prevedere un necessario innalzamento degli obblighi di riduzione delle emissioni di gas serra.
«Talanoa è una parola tradizionale usata nelle Fiji e nel Pacifico per riflettere un processo di dialogo inclusivo, partecipativo e trasparente, con lo scopo di condividere storie, costruire empatia e prendere decisioni sagge, per il bene collettivo. Durante il processo, le Parti costruiscono la fiducia e avanzano la conoscenza attraverso l’empatia e la comprensione. Colpire gli altri e avanzare osservazioni critiche non sono coerenti con l’edificazione della fiducia e rispetto reciproci e quindi incoerenti con il concetto di Talanoa. Talanoa promuove la stabilità e l’inclusività in relazione al dialogo, creando uno spazio sicuro che abbraccia il rispetto reciproco di una piattaforma per il processo decisionale per un bene maggiore». (dal sito Unfccc)

L’Europa leader dell’azione climatica?

La padrona di casa tedesca Angela Merkel ha colto l’opportunità per proporsi, in concorrenza con la Cina, come nuova leader dell’azione climatica globale, ma le sue ali sono state tarpate dalle trattative interne per formare il nuovo governo: i due alleati che dovrebbero comporre la coalizione «Giamaica», i verdi e la Fdp, tirano la coperta in direzioni opposte!
L’Europa però non ha ancora una data chiara per la chiusura del carbone e su questo punto l’Italia frena insieme ai Paesi ex socialismo reale. Il 18 dicembre si terrà a Bruxelles un Consiglio europeo sull’energia, durante il quale gli Stati Membri esprimeranno le proprie posizioni sul pacchetto di misure denominato «Clean Energy for all Europeans».

Si costituisce l’alleanza contro il carbone

Francia e Messico, hanno anche stretto un’alleanza per ridurre l’uso del carbone, combustibili fossili e altamente inquinanti. Germania, Cina e Russia hanno rifiutato di aderire all’alleanza.

Mobilitazione della società civile

I negoziati hanno mostrato una vitalità della società civile che va ben al di là dell’espressione dei vari governi nazionali. Città, regioni, imprese, investitori e associazioni ecopacifiste sono stati attivissimi alla Cop23 di Bonn: le componenti stranieri sicuramente più coordinate e visibili dei «pezzetti» italiani sparsi qua e la per la Conferenza.