A Paolo Nespoli manca l’assenza di peso

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Ma si guarda già al futuro: «La Stazione resterà operativa fino al 2024 – dice Paolo -. Ma dobbiamo guardare oltre, e quindi alla stazione in orbita lunare, e poi al passo successivo, al grande obiettivo di andare su Marte. Perché è del tutto normale andare oltre, esplorare e imparare poi, in un futuro più lontano, a vivere su un altro pianeta»

«Tutto bene, tutto procede nella riabilitazione. Solo un po’ di dolore al collo. È l’effetto benefico dell’assenza di peso, che poi al ritorno si fa sentire come peso sui muscoli. Ma è normale. Conto di tornare presto in Italia e di abbracciarvi tutti».
Paolo Nespoli è apparso ancora più in forma rispetto alla sua missione precedente di lunga durata, quella conclusa nel maggio del 2011. A dispetto dei suoi 60 anni, e come europeo «meno giovane» ad aver compiuto una missione spaziale, Paolo Nespoli, astronauta italiano dell’Esa, dopo 139 giorni in orbita, oggi pomeriggio ha tenuto il suo primo collegamento (da Houston) dopo il rientro dalla missione spaziale, con la sede dell’Asi (Agenzia spaziale italiana): «Ora siamo off limits, tre settimane di riabilitazione iniziale – ha detto Paolo, con il suo giubbotto blu dove spicca lo stemma della missione Vita dell’Agenzia spaziale italiana -. Ci vuole un po’ di tempo, ma è del tutto normale, sono gli effetti dei muscoli e delle ossa che in assenza di peso si indeboliscono. Però la riabilitazione procede bene: sono 21 giorni di continui controlli, e anche di test medici che, in qualche modo, sono conseguenza di quelli biomedici che abbiamo già realizzato nello spazio».

Paolo Nespoli è rientrato sulla Terra lo scorso 14 dicembre con la Sojuz MS 05, assieme ai suoi compagni di missione, Sergheij Rijazanskij e Randy Bresnik: «L’assenza di peso ti abitua bene, è una comodità – ha detto Paolo Nespoli che ha parlato, oltre che con i giornalisti, con il Presidente dell’Asi, Roberto Battiston – e realizzare esperimenti in orbita è molto importante per il futuro, per migliorare la vita sulla Terra. Non a caso realizziamo molti esperimenti biomedici, con l’obiettivo di risolvere e cercare di arrivare a curare patologie. Ma la cosa straordinaria di quando si fa scienza quassù è che tutte le volte che apri una piccola porticina, ti si spalancano dei grandi portoni di nuove cose da scoprire. La Stazione Spaziale è un posto unico per fare ricerche del tutto impossibili da portare a termine sulla Terra».
«Paura? – aggiunge – no, direi che la paura viene annullata dalla totale concentrazione sulle mille cose da fare. Piuttosto un po’ di ansia quando ho dovuto attraccare il cargo Dragon in arrivo dalla Terra, da afferrare con il braccio robotizzato. Dalle immagini sembra un’operazione semplice, ma non lo è affatto, basta una piccola distrazione per fare un pasticcio…».

Ma si guarda già al futuro: «La Stazione resterà operativa fino al 2024 – aggiunge Paolo -. Ma dobbiamo guardare oltre, e quindi alla stazione in orbita lunare, e poi al passo successivo, al grande obiettivo di andare su Marte. Perché è del tutto normale andare oltre, esplorare e imparare poi, in un futuro più lontano, a vivere su un altro pianeta».
Nostalgia dello spazio?: «È vero che è dura, perlomeno all’inizio, riadattarsi alla Terra, però vivere nello spazio è straordinario. E oggi non è più come ai tempi di Gagarin, l’astronauta eroe che esplora un mondo sconosciuto. Oggi si va per fare ricerca in un ambiente che abbiamo conquistato, e lo si fa come team e tra protagonisti di nazioni diverse».
«Una quarta missione la farei volentieri, certo. Ma mi tengo sempre pronto, chissà, a tornarci da turista su uno degli spazioplani che si stanno progettando».