Sarà il primo satellite della storia realizzato, in alcune componenti, con stampanti in 3D. A bordo, lo strumento principale è Atlas, un laser il cui fascio luminoso, suddiviso in sei strati, misurerà l’altezza delle coltri glaciali, e sarà impiegato anche per monitorare il manto nevoso, gli specchi d’acqua e la copertura vegetale
Per i satelliti, arrivare primi, a differenza di una competizione, non sempre significa essere al top. Di solito, i primi servono per dare il via ad un programma che ne comprende più di uno, e quindi collaudare le tecniche e il funzionamento di apparati in vista dei successivi, sempre potenziati e migliorati con apparati sempre più sofisticati.
Ecco perché il satellite «Icesat 2», il cui lancio è in programma entro l’estate, rappresenta un passo in avanti notevole rispetto al suo predecessore «Icesat 1», in orbita dal 2003 al 2009, che come tutti i primi satelliti ha però avuto il merito di confermare, con il suo buon funzionamento, quanto di buono potrà fare il satellite numero 2. Iceat 2, sarà anche il primo satellite della storia realizzato, in alcune componenti, con stampanti in 3D; a bordo vi sarà una staffa stampata in 3D e realizzata con una speciale plastica, chiamata Pekk, capace di eliminare le cariche elettrostatiche: «Se avessimo prodotto il componente con i metodi classici – ha spiegato Oren Sheinman, del centro Goddard della Nasa – avremmo impiegato tra le 6 e le 8 settimane, mentre con questo metodo abbiamo impiegato solo 2 giorni e abbattuto i costi di 4 volte».
E quindi, ecco l’obiettivo principale della nuova «Sentinella dei ghiacciai» (come ricorda il nome «Ice» e «Sat») della Nasa: indagine accurata della copertura glaciale delle aree polari della Terra e misurazione del loro spessore, con monitoraggio dei livelli dei ghiacci ai poli misurandone la velocità di scioglimento per almeno 3 anni.
Lo «sguardo» elettronico di Icesat-2 consentirà di colmare lacune tuttora presenti nelle osservazioni del manto ghiacciato, come elemento fondamentale che influenza il clima e gli ecosistemi. A bordo, lo strumento principale è Atlas, un laser il cui fascio luminoso, suddiviso in sei strati, misurerà l’altezza delle coltri glaciali, e sarà impiegato anche per monitorare il manto nevoso, gli specchi d’acqua e la copertura vegetale.
Anche in questo, Icesat 1 ha fatto da «apripista» al suo successore, poiché su di esso era già installato un sofisticato apparato laser: «L’altimetria laser dallo spazio per la comprensione dei processi sulla Terra è importante – dice Thomas P. Wagner, del Direttorato Scienza della Nasa -. Associato alla raccolta della Nasa di altre ricerche sulle calotte di ghiaccio, usando dati della nostra missione Grace, satelliti radar e aerei, otteniamo una panoramica completa dei cambiamenti della calotta di ghiaccio che migliora le stime sull’aumento del livello del mare».
Il filone di ricerca relativo a ghiacci e nevi è di grande attualità, considerati i cambiamenti climatici degli ultimi anni e la loro influenza negativa sulle coltri polari.
Le ripercussioni sul clima, sulla base dei recenti dati, sono pesanti: la riduzione del manto glaciale polare, infatti, comporta un maggiore assorbimento della luce solare da parte degli oceani e un’accelerazione nel riscaldamento del nostro pianeta. Non a caso, di recente, è stato osservato un abbassamento della temperatura in aree come l’Europa (lo abbiamo notato con la recente ondata di gelo che ha investito anche l’Italia), ma con un innalzamento ai poli.
Infatti, l’influenza di questi processi condiziona negativamente anche gli ecosistemi di quelle regioni e le attività delle popolazioni che vivono a latitudini estreme. Il primo Icesat comunque, nei suoi sei anni, non ha certamente fatto solo da «dimostratore» per i successivi, ma ha fornito dati di rilievo: scienziati provenienti da Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti hanno scoperto che l’Antartide sta perdendo ghiaccio principalmente a causa di calde correnti oceaniche che colpiscono il lato inferiore della banchisa.
Le scoperte, pubblicate nella rivista «Nature», possono aiutare i ricercatori a fare previsioni più affidabili sul futuro innalzamento del livello del mare. Inoltre, hanno scoperto che le calde correnti oceaniche sono responsabili dello scioglimento di 20 delle 54 calotte di ghiaccio.
La maggior parte di queste calotte che si sciolgono si trovano nella parte ovest dell’Antartide.
I ricercatori hanno osservato che sempre più ghiacciai interni stanno scorrendo giù verso la costa, perdendosi nelle calotte di ghiaccio che si stanno assottigliando. Il risultato è che una maggiore quantità di ghiaccio viene persa in mare, facendo così crescere il livello del mare.