A Roma una voragine ogni 36 ore

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Sono i dati Ispra nei primi tre mesi del 2018. Le cause sono piogge, cavità e siti archeologici. Circa 8 milioni il costo degli interventi necessari per rimettere in sesto le 8 aree più a rischio della Capitale

Serve un servizio geologico capitolino 


Raddoppia il numero delle voragini nella città di Roma: dai 21 eventi registrati al 31 marzo dello scorso anno, la capitale passa a 43 sprofondamenti nello stesso mese del 2018. Roma sprofonda e lo ha fatto nel 2017 al ritmo di una voragine ogni 3/4 giorni e, se il trend dei primi tre mesi è confermato per tutto il 2018, lo farà al ritmo di 1 ogni 36 ore. Basti pensare che negli ultimi 8 anni il numero medio degli eventi romani è cresciuto in maniera esponenziale: da 128 voragini (16 eventi ogni anno) a più di 720 (oltre 90 all’anno).

Per rimettere in sesto solo le 8 aree più a rischio della capitale sono necessari 8 milioni di euro.

Lo ha dichiarato l’Ispra in occasione della presentazione del «Primo Rapporto su rischio alluvioni, frane e cavità sotterranee di Roma», nato dalla collaborazione tra Autorità di Distretto Idrografico dell’Italia centrale, Italia Sicura ed Ispra.

 

Diverse le aree considerate a rischio, ma quelle maggiormente interessate dalla formazione di grandi voragini si concentrano nella porzione orientale della città. In particolare il Municipio V, il Municipio VII, il Municipio II (quartieri Tuscolano, Prenestino, Tiburtino), insieme al centro storico e le aree dell’Aventino del Palatino e dell’Esquilino rappresentano le zone più colpite.

Nella porzione occidentale di Roma invece il Municipio che conta più voragini è il Municipio XI, seguito dal Municipio XII (quartieri Portuense e Gianicolense).

La causa principale della formazione delle voragini capitoline è la presenza di numerose cavità sotterranee, che si concentrano per lo più nella porzione orientale della città, di origine antropica scavate dall’uomo a vario titolo, principalmente per l’estrazione dei materiali da costruzione. Questi vuoti costituiscono in molti casi una intricata rete di gallerie.

Finora l’Ispra ha censito e mappato 32 kmq di gallerie sotterranee che giacciono sotto il tessuto urbano, ma molte aree sono ancora sconosciute: manca all’appello, ad esempio, la grande Catacomba scomparsa di San Felice, sulla Via Portuense, che costituiva uno dei principali cimiteri della Roma cristiana del IV-V sec.

L’Ispra infine stima i costi: agli 8 milioni necessari per la progettazione e la bonifica degli otto siti più a rischio vanno aggiunti 3 milioni di euro (1 milione l’anno per almeno 3 anni) per completare il censimento e la mappatura delle zone con presenza di cavità sotterrane. Per la capitale, dunque, il costo totale ammonta a 11 milioni di euro.

 

Il sito, gestito da Ispra, con l’indicazione delle frane presenti sul territorio di Roma.