Glifosato, nuovo studio smentisce l’Efsa

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Greenpeace: fare luce sulle formulazioni commerciali a base di glifosato


Commentando l’annuncio dell’Istituto Ramazzini sul nuovo studio a lungo termine sul glifosato, per dare risposte sui possibili impatti sulla salute ad esso legati, incluso il suo potenziale cancerogeno, la responsabile della campagna agricoltura di Greenpeace Italia Federica Ferrario afferma:

«L’aspetto importante di questo studio è che vuole essere totalmente indipendente e che ha lo scopo di verificare, piuttosto che nascondere, gli effetti negativi sulla salute derivanti dall’uso del glifosato. Lo studio potrebbe introdurre nuovi e importanti elementi per valutare gli effetti del glifosato sulla salute delle persone e fare luce sugli effetti delle formulazioni commerciali a base di glifosato, poiché le persone e l’ambiente non sono esposte solo al suo principio attivo, ma piuttosto a un mix di sostanze chimiche diverse presenti nelle formulazioni commerciali, che tuttora non sono sottoposte ad adeguata valutazione».

A tale scopo, l’Istituto Ramazzini si è avvalso di una rete di partner quali l’Università di Bologna (Dipartimento di Agraria, Veterinaria e Biostatistica), l’Ospedale San Martino di Genova, l’Istituto Superiore di Sanità, la Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York e la George Washington University. Lo studio sarà finanziato da una campagna di crowdfunding.

L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) nel 2015 ha stabilito che il glifosato da solo «non presenta potenziale genotossico» e che «nessuna prova di cancerogenicità è stata osservata nei ratti o nei topi». Stando all’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms (Iarc) è vero l’esatto contrario: l’Iarc ha constatato la presenza di «prove evidenti» di genotossicità e «evidenze sufficienti» di cancerogenicità per gli animali. L’Efsa ha riconosciuto che «il potenziale genotossico» delle formulazioni a base di glifosato deve essere valutato e che «la tossicità a lungo termine, la cancerogenicità, la tossicità riproduttiva e il potenziale di interferenza endocrina delle formulazioni» dovrebbero essere «chiariti».

(Fonte Greenpeace)