Il recupero integrale delle risorse idriche, fino al riuso potabile delle acque depurate, può essere perseguito senza significativi aggravi di costi a carico dei servizi idrici ma solo elevando le motivazioni e ricorrendo alle migliori tecnologie, alla scienza, all’esperienza, alle buone pratiche e alla collaborazione dei cittadini
La plastica rappresenta più dell’80% dei rifiuti ritrovati in mare e sulle spiagge con impatti notevoli sulla fauna marina e sull’equilibrio delle specie nei loro specifici ecosistemi. Questo quanto segnalato dallo studio europeo «Implementation Of Indicators Of Marine Litter On Sea Turtles And Biota In Regional Sea Conventions And Marine Strategy Framework Directive Areas (Indicit)», progetto sul quale l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) sta lavorando da diversi anni.
Anche per Vincenzo Giovine, Vice Presidente del Consiglio nazionale dei geologi (Cng) «contrastare l’inquinamento da plastica deve essere perseguito sia con azioni di sensibilizzazione verso i governi e le popolazioni sia incentivando le attività di recupero e di riciclo dei materiali plastici».
Ma secondo la categoria dei geologi, l’inquinamento da plastica non è l’unico tema che deve essere sottolineato in quanto anche altre sono le emergenze da risolvere e tra queste la necessità del recupero delle aree dismesse come opportunità per uno sviluppo sostenibile dei territori, il controllo e il monitoraggio delle risorse naturali per la produzione di energia, come ad esempio la geotermia, la tutela della risorsa idrica superficiale e sotterranea per un uso più consapevole e razionale nel tempo.
Ed è proprio in tema di gestione delle acque che la Società italiana di geologia ambientale (Sigea), con la cooperazione dell’Ordine dei geologi della Puglia (Org), dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Brindisi e dell’Ordine dei chimici di Lecce e Brindisi, ha organizzato il convegno «La gestione delle acque depurate per la tutela ambientale del sistema costiero», un evento che accanto alla parte seminariale ha previsto una visita tecnica conoscitiva al «Lago Forcatella» dove sono in atto, grazie al contributo della regione Puglia e dell’Amministrazione comunale di Fasano, importanti esperienze che aiutano a testimoniare come il recupero integrale delle risorse idriche, fino al riuso potabile delle acque depurate, può essere perseguito senza significativi aggravi di costi a carico dei servizi idrici ma solo elevando le motivazioni e ricorrendo alle migliori tecnologie, alla scienza, all’esperienza, alle buone pratiche e alla collaborazione dei cittadini.
Un impianto quello di Fasano che sin dal 2006 produce e distribuisce in agricoltura circa 500.000 mc/anno di acque di eccellente qualità, su un comprensorio irriguo di 1.000 ettari attraverso una rete di 30 Km e che oggi, potenziato, consente di utilizzare le acque per alimentare il lago artificiale Forcatella, integrato al processo di trattamento, con le quote eccedenti di acque affinate che vengono disperse sul suolo attraverso trincee drenanti per la ricarica indiretta delle acque sotterranee e questo al fine di «costruire» una riserva idrica sul posto e contenere le dinamiche evolutive di intrusione salina.
Il tema della gestione delle acque reflue risulta ad oggi un tema ancora molto dibattuto che vede l’Italia manchevole e ripetutamente sanzionata dalla Corte di giustizia Ue che ha imposto, da ultimo e questo meno di una decina di giorni fa, una multa da 25 milioni di euro, più 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma di oltre 100 centri urbani o aree sprovviste di reti fognarie o sistemi di trattamento delle acque reflue.
Un’Italia che era già stata condannata dalla Corte nel 2012 e deferita per la seconda volta dalla Commissione europea per una procedura di infrazione cominciata nel 2004, e che oggi a oltre sei anni di distanza dalla prima sentenza ha visto si diminuire il numero degli agglomerati non conformi, ridotti da 109 a 74, ma comunque in ritardo nell’applicazione delle disposizioni Ue.
Durante l’evento di Fasano, a parte argomenti importanti, come l’affinamento delle acque per l’utilizzo in agricoltura e che con i 20 impianti in progetto dovrà vedere la dismissione dell’utilizzo dei pozzi in agricoltura, il recupero del materiale, arriva da parte di Francesca Portincasa, referente di Acquedotto Pugliese (Aqp), la buona notizia che in tema di depurazione i due agglomerati con sentenza, Casamassima e Porto Cesareo, avranno le loro criticità superate praticamente entro la fine di quest’anno. La Portincasa inoltre ricorda il servizio pubblico essenziale di Aqp che negli anni è riuscita a superare criticità, come il colera, e che possiede opere di ingegneria idraulica studiate in tutto il mondo. Perché, prosegue Portincasa, se è vero che le criticità esistono è anche vero che «dovremmo essere orgogliosi di quello che abbiamo e non dimenticare che la Puglia, possedeva un sistema idrico integrato prima della Legge Galli».
Un argomento insomma fondamentale quello che riguarda le acque, siano esse marine e continentali, e la loro gestione e che ci impone di ragionare in termini di economia circolare dove i flussi di materiali devono essere in grado di reintegrarsi nel sistema senza sperpero di risorse.
E. S.