E con esso anche l’abilità di caccia e la capacità di individuare i predatori. Una nuova ricerca dimostra come l’avanzamento verso un mare sempre più acido stia danneggiando la vita marina in modo irreversibile. Dalla Rivoluzione industriale, la CO2 negli oceani è aumentata del 43% e si prevede che sarà di due volte e mezzo livelli attuali entro la fine di questo secolo
Secondo quanto riportato dal giornale britannico «The Indipendent», la massiccia quantità di anidride carbonica presente nell’aria che si dissolve nel mare, rendendolo acido, sta mettendo in pericolo numerose varietà di pesci presenti nei nostri oceani.
Questo fenomeno, già noto in passato per aver danneggiato il rivestimento esterno dei molluschi, sembrerebbe provocare la perdita dell’olfatto in pesci come la spigola, che si affidano all’odore per ricercare cibo, trovare un partner e scoprire predatori nelle vicinanze.
«Il nostro studio è il primo a esaminare l’impatto dell’aumento dell’anidride carbonica nell’oceano sul sistema olfattivo dei pesci», ha dichiarato all’«Independent» la dottoressa Cosima Porteus, ricercatrice dell’Università di Exeter e leader della ricerca pubblicata sulla rivista «Nature climate change».
I ricercatori hanno confrontato il comportamento delle spigole agli attuali livelli di anidride carbonica nel mare e ai livelli che verranno rilevati a fine secolo, dove si prevede un aumento fino a due volte e mezzo dei livelli di acidità odierni. Da questo confronto è emerso che le spigole che abitano in acque più acide tendono a nuotare meno e a non rilevare la presenza di possibili predatori.
«Attraverso questa ricerca volevo capire se i pesci avessero la capacità di compensare questo ridotto senso dell’olfatto – ha aggiunto la dott.ssa Porteus – ma ha scoperto che invece di aumentare i recettori dell’olfatto, i pesci hanno fatto il contrario, esacerbando il problema».
Altri studi suggeriscono che l’aumento di acidità del mare eroderà anche la capacità uditiva di alcuni pesci, incluso il pesce pagliaccio; ciò, li renderà incapaci di sentire i predatori in avvicinamento. In aggiunta, è stato anche scoperto che l’alta acidità marina nuoce gravemente ai sistemi nervosi dei pesci e interrompe il processo di elaborazione delle informazioni nel loro cervello.
«Non è ancora noto quanto rapidamente i pesci saranno in grado di superare questi problemi mentre il biossido di carbonio aumenterà in futuro nei nostri oceani, ma il dover affrontare due ben problemi causati dalla CO2 piuttosto che uno, potrebbe ridurre sensibilmente la capacità di adattamento di molte specie di pesci», ha dichiarato all’«Independent» il professor Rod Wilson dell’Università di Exeter, coinvolto nello studio.
Cristina Di Leva