L’Unione non raggiungerà gli Obiettivi di sviluppo sostenibile a meno che non ponga l’Agenda 2030 al centro delle politiche economiche, sociali, ambientali. Pubblicati i nuovi indicatori, elaborati dall’ASviS, che misurano la sostenibilità dei paesi dell’Ue rispetto agli Obiettivi dell’Agenda 2030
Nell’Unione europea peggiorano le disuguaglianze e la condizione dell’ecosistema terrestre, non migliora la situazione riguardo povertà, alimentazione e agricoltura sostenibile, condizione economica e occupazionale, qualità della governance e cooperazione internazionale. Va meglio per salute, educazione, uguaglianza di genere, sistema energetico, innovazione, condizioni delle città, modelli sostenibili di produzione e di consumo, lotta al cambiamento climatico. Il risultato è che l’Unione europea, pur essendo l’area del mondo più avanzata rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile, mostra segni di miglioramento rispetto al 2010 solo per otto Obiettivi su 17 e, di questo passo, non sarà in grado di garantirne il raggiungimento entro il 2030, come concordato in sede Onu nel 2015.
«Per accelerare il passo, specialmente per ridurre le disuguaglianze e fermare il degrado degli ecosistemi terrestri, serve che l’Unione europea ponga l’Agenda 2030 al centro di tutte le politiche economiche, sociali e ambientali», commenta il Portavoce dell’ASviS, Enrico Giovannini.
«Per questo sarà cruciale la proposta che la Commissione europea si è impegnata a presentare entro la fine dell’anno – sottolinea il Presidente dell’ASviS, Pierluigi Stefanini -. D’altra parte, anche in vista delle prossime elezioni europee, ci aspettiamo che tutte le forze politiche avanzino proposte concrete per migliorare le condizioni di vita dei cittadini europei e la situazione dei nostri ecosistemi».
Questa è la fotografia scattata dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) (che con oltre 200 aderenti è la più grande rete di organizzazioni della società civile mai creata in Italia) che oggi rende noti i nuovi indicatori compositi (Euc-Sdg) per misurare la sostenibilità in Europa alla luce dei 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals, SDGs nell’acronimo inglese) dell’Agenda 2030 dell’Onu (1). Costruiti a partire da quasi 70 indicatori elementari tra quelli pubblicati dall’Eurostat all’inizio di luglio (2), gli indicatori Euc-Sdg (3) (che rappresentano un prodotto unico nel panorama internazionale) consentono di valutare in modo agevole progressi e regressi dei vari paesi europei, e dell’Unione nel suo complesso, nonché di confrontare le performance relative dei singoli paesi rispetto alla media dell’Unione (4).
Tavola 1 – Serie storiche degli indicatori compositi relativi all’Unione europea rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs)
Tra il 2010 e il 2016 la situazione migliora significativamente per i seguenti Obiettivi:
Obiettivo 3 (Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età), il cui indicatore composito mostra una tendenza positiva spiegata dall’aumento della speranza di vita e dall’ampia diminuzione della quota della popolazione che vive in zone ad elevata rumorosità e del numero di morti per incidenti stradali;
Obiettivo 4 (Fornire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti), per il quale l’indicatore composito mostra una tendenza sempre crescente nel periodo osservato, trainata dall’aumento della quota della popolazione con un’educazione terziaria e dalla contemporanea riduzione del tasso di uscita precoce dal sistema scolastico. La tendenza positiva caratterizza sostanzialmente tutti i paesi dell’Unione europea, seppur con diversa intensità;
Obiettivo 5 (Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze). Anche in questo caso l’indicatore mostra una tendenza sempre crescente nel periodo 2010-2017, grazie all’aumento delle quote di donne che siedono nei parlamenti e nei governi nazionali e di quelle che svolgono funzioni di senior manager. Tuttavia, le differenze tra gli Stati membri appaiono piuttosto rilevanti: mentre l’indicatore per la Svezia (che rappresenta il paese best performer) è pari nel 2017 a 116,1, quello relativo a Malta (il Paese con la performance peggiore) assume valore 92,4;
Obiettivo 7 (Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni), Obiettivo 12 (Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo) e Obiettivo 13 (Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze), i cui indicatori compositi hanno andamenti simili, avendo numerosi indicatori elementari in comune. In particolare, gli indicatori compositi salgono ininterrottamente fino al 2014, per poi stabilizzarsi (per l’Obiettivo 12 il miglioramento prosegue, anche se meno intenso, anche nel biennio 2015-2016). La tendenza positiva deriva dall’aumento della quota di energie rinnovabili sul totale dei consumi energetici e dalla diminuzione del valore pro-capite dei consumi energetici delle famiglie, anche se con la ripresa economica del 2016 il consumo di energia è tornato a crescere. Nel caso dell’Obiettivo 12 migliora anche la produttività nell’uso delle risorse e del consumo di materia. Nonostante le forti differenze tra i livelli dei vari paesi, tutte le aree dell’Unione presentano andamenti abbastanza simili, con qualche eccezione: ad esempio, per il goal 7, il Paese migliore (Danimarca) ha visto l’indicatore aumentare da 101,6 a 111,4, mentre il peggiore (Bulgaria), dopo tre anni di crescita, ha subito una riduzione, passando da 92,6 nel 2013 a 91,2 nel 2016;
Obiettivo 9 (Costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile). L’indicatore per l’Unione europea mostra una tendenza sempre crescente, trainata dal calo delle emissioni di CO2 per km derivanti dalle nuove automobili e dall’aumento sia del numero di occupati impegnati in attività di ricerca e sviluppo, sia della quota del PIL dedicata a tali attività. Le differenze tra paesi appaiono significative, anche se l’indice del peggiore performer (Romania) è aumentato (5,7 punti) più di quello del migliore performer (Danimarca, 2,4 punti);
Obiettivo 11 (Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili), il cui indicatore aumenta ininterrottamente, spinto dall’aumento della quota di rifiuti urbani riciclati e dal declino di quelli relativi all’esposizione della popolazione a polveri sottili, al numero di morti in incidenti stradali e al disagio abitativo. Anche in questo caso le distanze tra Stati membri sono molto significative: nell’ultimo anno osservato, infatti, la Svezia presenta un valore pari a 112,8, la Bulgaria uno pari a 87,4.
La situazione peggiora sensibilmente per due Obiettivi:
Obiettivo 10 (Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le Nazioni), il cui indicatore composito mostra una tendenza decrescente nel periodo osservato (2010-2016), a causa dell’aumento (soprattutto nel biennio 2013-2014) della quota di popolazione a rischio di povertà dopo i trasferimenti sociali, della distanza tra il reddito di chi è in una tale condizione e quello corrispondente al 60% del reddito disponibile mediano equivalente, e dall’indice di disuguaglianza di Gini calcolato sul reddito disponibile equivalente. In questo campo esistono differenze sostanziali tra gli Stati membri. Mentre in Finlandia (best performer) l’indice è aumentato continuamente fino a raggiungere quota 118,4, in Bulgaria (Paese peggiore da questo punto di vista) è sceso da 82,7 a 74,7;
Obiettivo 15 (Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica) presenta un indicatore sintetico in netto peggioramento, con una perdita di oltre otto punti. Tale andamento riflette il significativo aumento della quota di territorio coperto da opere costruite dall’uomo, a fronte di leggeri miglioramenti della quota coperta da foreste e delle aree terrestri classificate in condizioni «sufficienti» secondo la Direttiva Habitat. In questo caso, tutti gli Stati membri segnalano un peggioramento della situazione, con una classifica guidata dalla Slovenia e chiusa dal Belgio.
La situazione è statica per i seguenti Obiettivi:
Obiettivo 1 (Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo), per il quale l’indicatore composito diminuisce fino al 2014 a causa dell’aumento della quota di popolazione a rischio di povertà ed esclusione sociale e di quella che vive in famiglie a bassa intensità lavorativa. Nel 2016 il leggero miglioramento registrato per l’indice composito è guidato da una leggera diminuzione del numero di persone che registra l’impossibilità di curarsi adeguatamente e di chi è a rischio di povertà ed esclusione sociale. Molto forti sono le differenze tra Paesi in questo campo: Malta e Repubblica Ceca migliorano leggermente la loro situazione, mentre la Grecia ha visto un netto peggioramento, con un indicatore composito che scende da 93 nel 2010 a 77 nel 2016;
Obiettivo 2 (Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile). L’indicatore composito per l’Unione europea risente di piccole fluttuazioni degli indicatori elementari, che tendono a compensarsi tra di loro. In particolare, aumenta sia l’area destinata ad agricoltura biologica, sia le emissioni di ammoniaca derivanti dall’agricoltura;
Obiettivo 8 (Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti). L’indicatore composito resta stabile fino al 2014, risentendo della crisi economica, per poi aumentare nel biennio 2015-2016, grazie a riduzioni del tasso di disoccupazione a lungo termine e della quota di giovani che non studiano e non lavorano (Neet). Le differenze tra paesi appaiono molto significative: il Paese con il miglior risultato (Paesi Bassi) consegue un valore di 114,1 punti nel 2016, mentre quello con la peggiore performance (Grecia) passa da 94,7 a 86,2 punti;
Obiettivo 16 (Promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile, offrire l’accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficienti, responsabili e inclusivi a tutti i livelli), il cui indicatore risente della riduzione degli omicidi e del miglioramento della sicurezza percepita dalla popolazione, a fronte di un aumento della percezione della corruzione e della minore fiducia espressa dai cittadini nel Parlamento europeo. Forti sono le differenze tra paesi, con un indice elevato e in forte aumento in Finlandia (best performer) ed uno molto basso, ancorché in aumento nell’ultimo periodo, in Lettonia;
Obiettivo 17 (Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile). In questo caso, la stabilità dell’indicatore risente di minime modifiche della quota di imposte derivanti dal lavoro e dall’ambiente sulle imposte totali, del leggero aumento del debito pubblico, cui si è accompagnato un leggero aumento della spesa per assistenza pubblica allo sviluppo sul reddito nazionale lordo. Tuttavia, nel periodo considerato le prestazioni dei singoli Paesi sono state molto diversificate: ad esempio, per la Danimarca (best performer) l’indice è sceso da 117,4 a 114,8, una tendenza analoga a quella manifestata per la Grecia (Paese peggiore in questo campo), il cui indicatore è passato da 90,5 nel 2010 a 86,7 nel 2017.
(1) Per un’analisi completa dei risultati qui presentati, ivi compresi quelli per singolo paese, si veda «Monitoring the SDGs at EU level with composite indicators», disponibile sul sito.
(2) http://ec.europa.eu/eurostat/web/sdi.
(3) Gli indicatori qui pubblicati sono stati costruiti utilizzando la metodologia Ampi, adottata anche dall’Istat per costruire gli indicatori compositi del Benessere Equo e Sostenibile (Bes). In particolare, è stato possibile costruire indicatori compositi per 15 Obiettivi su 17. Per il Goal 6 e 14, infatti, non è stato possibile costruire un indicatore composito a causa della scarsità di dati o dell’assenza, all’interno del database Eurostat, di indicatori statisticamente significativi rispetto ai target dell’Agenda 2030. Per la descrizione della metodologia adottata per la costruzione degli indicatori compositi si veda Mazziotta Matteo and Adriano Pareto (2016) «On a Generalized Non-Compensatory Composite Index for Measuring Socio-economic Phenomena», Social Indicators Research 127 (3): 983-1003.
(4) Poiché, nella predisposizione del proprio rapporto, in alcuni casi l’Eurostat utilizza lo stesso indicatore elementare per più di un Goal, è possibile che un singolo indicatore contribuisca all’andamento di più indici compositi. Il lavoro svolto rappresenta un primo passo per implementare il monitoraggio degli Sdgs nei Paesi dell’Ue. Ulteriori ricerche serviranno per indagare quali nuovi indicatori elementari possono essere introdotti nell’analisi.
(Fonte Asvis, Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile)