Una recente indagine scientifica condotta sull’isola di Sulawesi conferma che alcuni coralli di acque poco profonde sono meno vulnerabili al riscaldamento globale di quanto si pensasse
Secondo quanto riportato dal «Guardian», una recente indagine scientifica condotta sull’isola indonesiana di Sulawesi conferma che alcuni coralli di acque poco profonde sono meno vulnerabili al riscaldamento globale di quanto si pensasse in precedenza.
Lo studio condotto a giugno sulle barriere coralline Sulawesi, parte della 50 Reefs initiative e finanziato dalla fondazione della famiglia del co-fondatore di Microsoft, Paul Allen, dimostra che le barriere coralline, inizialmente esaminate nel 2014, non sembrano declinare in modo significativo.
L’Indonesia è situata nel cuore del Triangolo dei coralli, sede dei più grandi livelli di biodiversità marina del pianeta. Qui sono presenti barriere che contengono più specie di tutti i Caraibi, motivo per cui la bioregione è di particolare interesse per gli scienziati che esaminano la resilienza della barriera corallina.
«Dopo diversi anni deprimenti come scienziato della barriera corallina, testimone del peggiore evento mondiale di sbiancamento dei coralli, è incredibilmente incoraggiante fare esperimenti su scogliere come queste», ha affermato al «Guardian» la dottoressa Emma Kennedy, leader del team di scienziati.
Nel corso di un viaggio durato sei settimane, i ricercatori dell’Università del Queensland, Australia, hanno potuto raccogliere e analizzare oltre 56.000 immagini di barriere coralline grazie ad una combinazione di tecnologia di imaging a 360 gradi e intelligenza artificiale. Il tutto è avvenuto tramite scooter subacquei dotati di telecamere a 360 gradi, che hanno permesso di fotografare fino a 1,5 miglia di barriera corallina per immersione, per un totale di 1.487 miglia quadrate. I ricercatori hanno quindi utilizzato un software di intelligenza artificiale (IA) all’avanguardia per gestire il processo di identificazione e catalogazione delle immagini della barriera corallina.
«L’uso dell’intelligenza artificiale per analizzare rapidamente le fotografie del corallo ha notevolmente migliorato l’efficienza di ciò che facciamo – ha aggiunto la dott.ssa Kennedy – ciò che richiederebbe ad uno scienziato da 10 a 15 minuti, ora impiega la macchina per pochi secondi».
Questo studio potrebbe risultare un fattore chiave in quanto i coralli indonesiani sono sopravvissuti al peggiore evento di sbiancamento dei coralli causato dal ciclico evento climatico El Niño, combinato con il riscaldamento antropogenico. Inoltre, lo studio, risulterebbe fondamentale per la tutela della salute degli ecosistemi delle barriere coralline di tutto il mondo che, secondo gli scienziati, rischiano il collasso già nel 2050.
Attualmente, le barriere coralline forniscono sicurezza alimentare a mezzo miliardo di persone e contribuiscono per circa 375 miliardi di dollari all’anno all’economia globale. Il loro collasso a livello globale causerebbe un consecutivo collasso dell’industria della pesca oceanica.
Grazie ai risultati dell’indagine Sulawesi, scienziati e ambientalisti potranno indirizzare programmi di conservazione dei coralli in altre parti del mondo, nella speranza che le barriere chiave possano essere protette da fattori di stress come l’inquinamento plastico e la pesca eccessiva, riuscendo a superare i peggiori impatti dei cambiamenti climatici.
Cristina Di Leva