Misure contro i cambiamenti climatici in Europa, Italia assente

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L’Italia non ha presentato nuovi PaM nell’ultimo biennio, ma rispetto al 2015 il risparmio di emissioni è aumentato del 12%… ma il 74% delle politiche nazionali deriva infatti dall’attuazione delle politiche dell’Ue e i risparmi sono stati ottenuti in risposta ad un’ampia gamma di normative comunitarie

Sono 1.513 le politiche e misure nazionali per la mitigazione dei cambiamenti climatici attive in Ue nel 2017 (più 9% rispetto al 2015) delle quali il 74% in attuazione delle politiche comunitarie.

Questi i dati che emergono dalla seconda edizione del Rapporto biennale dell’Eea che presenta una panoramica delle informazioni sulle politiche e misure nazionali (PaM) che gli stati dell’Unione hanno attivato per il monitoraggio climatico (MMR) dell’Unione.

Ogni Stato membro nel 2017 ha segnalato tra i 15 e i 115 PaM attivi a livello nazionale su:

– consumo di energia (29%);

– trasporti (21%), con misure che mirano essenzialmente a promuovere combustibili a basse emissioni di carbonio e la diffusione di veicoli elettrici;

– fornitura di energia (15%);

– miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici (17%);

– produzione di energia da rinnovabili (12%).

Altre misure riguardano i settori industria (riduzione dei gas fluorurati a effetto serra (GHG) nei processi industriali); rifiuti (riduzione dei conferimenti e la promozione del riciclaggio); agricoltura (riduzione uso di fertilizzanti e gestione delle terre coltivate); silvicoltura (rimboschimento e riforestazione).

Solo 20 paesi hanno adottato nuove politiche e misure dopo il 2015, data delle prime rilevazioni oggetto del primo Rapporto.

L’Italia, con Austria, Bulgaria, Estonia, Grecia, Irlanda, Italia, Slovacchia e Polonia, è tra i paesi che non hanno adottato alcuna nuova iniziativa per il contenimento delle emissioni nel biennio trascorso. Ciò nonostante, le politiche già in atto nel nostro Paese hanno consentito nel medesimo biennio una ulteriore riduzione delle emissioni del 12%.

Migliorato anche il dato del Regno Unito e della Francia, entrambi con meno 16%, i due paesi che con l’Italia raggiungono il 39% del totale del risparmio delle emissioni in Ue.

Per contro la Germania ha ottenuto nel 2017 un risparmio inferiore al 2015, anche se il dato sembra derivare da stime più corrette e meglio comparabili con quelle degli altri stati membri in termini relativi.

Proprio il caso della Germania ha mostrato la necessità di raccogliere e interpretare i dati con metodologie sempre più puntuali e condivise rispetto a quelle usate per la prima rendicontazione del 2015.

Tra le criticità del monitoraggio anche la tendenza degli stati a omettere o non precisare le informazioni quantitative sulle politiche nazionali, in particolare il rapporto costi/benefici e le stime sui risparmi effettivi di emissioni di gas serra.

Vengono infatti riferite principalmente informazioni sugli strumenti normativi ed economici, sulle misure per l’efficienza energetica, sulla produzione di energia rinnovabile, sulle emissioni dei veicoli, ma è ancora sottostimata l’importanza di indicare i dati quantitativi delle singole misure e delle politiche nazionali nel loro complesso. Occorre quindi una più completa applicazione di quanto previsto dal piano MMR che richiede esplicitamente agli Stati membri di segnalare informazioni sui progetti ex ante ed ex post e i costi dei PaM climatici.

Nel 2015 solo 5 avevano riferito tali informazioni quantitative e nel 2017 il loro numero si è fermato a 10.

Da qui la necessità di rafforzare il ruolo attivo dell’Eea nel definire i processi di presentazione e revisione delle informazioni comunicate dagli Stati membri, facilitare le segnalazioni e seguire i flussi informativi fornendo supporto in tutte le fasi del processo di formazione e raccolta dei dati.

La futura governance dell’Unione dell’energia potrebbe contribuire non solo a migliorare ulteriormente la segnalazione e la valutazione delle politiche e misure nazionali, ma anche a promuovere nuovi PaM necessari per raggiungere gli obiettivi climatici già fissati in Ue per il 2030.

Il 74% delle politiche nazionali deriva infatti dall’attuazione delle politiche dell’Ue. In alcuni paesi, come Danimarca, Francia e Italia, i risparmi sono stati ottenuti in risposta ad un’ampia gamma di normative comunitarie. Altri paesi, come la Germania, Paesi Bassi e Regno Unito, hanno adottato anche PaM non collegati alla legislazione Ue, ma il dato percentuale conferma la centralità della governance dell’Unione dell’energia anche per la riduzione delle emissioni climalteranti.

(Fonte Arpat, Testo a cura di Debora Badii)